La Siria precipita ancora una volta nel caos, e l’Unione europea risponde comportandosi per l’ennesima volta come una “fortezza”: le richieste d’asilo per i profughi siriani sono congelate. Qualche giorno dopo, l’ottava edizione del Report della Fondazione Migrantes su “Il diritto d’asilo”, arriva anche a spiegarci il perché. La Siria (circa 183 mila richiedenti nel solo 2023) è ormai da anni il principale Paese d’origine delle persone che cercano rifugio in Europa. Al secondo posto, c’è l’Afghanistan (101 mila) lasciato nelle mani di Talebani il 15 agosto di tre anni fa.
Un mondo in fuga
Secondo la Fondazione Migrantes, sono 122,6 milioni le persone in fuga nel mondo, tra rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni. A fine 2024 a detta dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, cresceranno fino a 130 milioni. Di questi, però, più di 68 milioni rimarranno all’interno del proprio Paese. A dire il vero si tratta solo di una stima, ed è stata elaborata prima della caduta di Assad. Quindi le cifre potrebbero ancora crescere, e non di poco.
In ogni caso, nel 2024 una persona su 67 nel mondo è stata costretta ad abbandonare la propria casa e la propria terra, spinta da guerre, persecuzioni, fame e cambiamenti climatici.
Un dato che segna un netto peggioramento rispetto al 2013, quando il rapporto era di una su 142. Questo scenario, d’altro canto, riflette un anno drammatico, segnato da conflitti armati, trasformazioni climatiche e geopolitiche, flussi migratori in aumento, respingimenti e blocchi. E con un conseguente drastico calo degli arrivi attraverso il Mediterraneo
I muri della Fortezza Europa
L’Europa si conferma destinazione solo per una minima parte dei profughi nel mondo. Eppure Bruxelles e gli Stati membri continuano a rendere il percorso migratorio sempre più complesso e rischioso. Si registra così un calo sia negli arrivi che nelle domande di asilo. L’ultima decisione di sospendere l’esame delle domande in seguito alla recente rivoluzione in Siria rappresenta solo l’ennesima misura restrittiva adottata in questa direzione. Il nuovo Patto europeo sulla migrazione e l’asilo, spiega la Fondazione Migrantes, rappresenta infatti “un compromesso al ribasso che prelude a un ulteriore impoverimento dei diritti di richiedenti asilo e rifugiati”.
Sistema Italia, grossolano e iniquo
Per quanto riguarda l’Italia, il Report, che ha analizzato i decreti approvati nel 2023, definisce come “frammentato, grossolano e iniquo” l’attuale sistema di accoglienza. Anche per quanto riguarda il Belpaese, infatti, “nel 2024, dopo quattro anni di crescita è crollato il numero di rifugiati e migranti dal Mediterraneo: fra gennaio e la metà di ottobre si contano 54 mila sbarcati, il 61% in meno rispetto allo stesso periodo del 2023″. E anche qui, tra i Paesi di provenienza, dopo il Bangladesh primo assoluto (quasi 10.800 arrivi), c’è la Siria con circa 10mila.
In Italia, al 1° gennaio 2024, si contavano meno di 414.000 cittadini non comunitari con permesso di soggiorno per motivi di protezione e asilo, pari appena allo 0,7% dell’intera popolazione.
Nel sistema di accoglienza erano presenti circa 138.000 persone, tra richiedenti asilo, rifugiati e migranti. Di questi, al termine di ottobre 2024, ben 100.000, pari al 73% del totale (una percentuale leggermente inferiore rispetto all’anno precedente), risultavano ancora ospitati nella rete di accoglienza dei Comuni aderenti al sistema Sai.
Meno salvataggi, meno documenti
Tra il 1° gennaio e il 31 luglio 2024, le navi delle organizzazioni della società civile hanno effettuato delle operazioni di ricerca e soccorso (Sar) che hanno salvato oltre 6.200 persone, meno di un quinto dei 33.500 rifugiati e migranti arrivati in Italia nello stesso periodo. Nel 2023 erano state invece 8.900 le persone giunte in Italia grazie ai salvataggi effettuati dalle ong, pari al 6% del totale degli sbarchi.
Negli anni precedenti, la percentuale era stata progressivamente più alta: 11% nel 2022, 15% nel 2021, 10% nel 2020 e 17% nel 2019.
Intanto, si inaspriscono le procedure per il riconoscimento della protezione internazionale. Nel primo semestre del 2024, le Commissioni territoriali per l’asilo hanno esaminato circa 37.400 richieste, conferendo lo status di rifugiato a circa 3.000 persone, la protezione sussidiaria a 5.000 e la protezione complementare a 6.000. Tuttavia, ben 23.400 domande, pari al 62% del totale, sono state respinte, evidenziando un trend di dinieghi in costante aumento negli ultimi anni.
Le morti, però, non si fermano
Meno sbarchi, però, non si traducono in più vite salvate. Secondo Migrantes, Alla fine di agosto 2024 la stima dei rifugiati e migranti morti o dispersi nel Mediterraneo aveva già raggiunto le 1.342 unità. E la traversata del Mediterraneo centrale con 1.053 vittime resta la più pericolosa. È aumentato anche il numero di migranti e rifugiati intercettati dalla cosiddetta “Guardia costiera” libica, e deportati in “un sistema organizzato di miseria, arbitrio, vessazioni, taglieggiamenti e violenze”. Da gennaio ad agosto 2024 ne erano già stati fermati in mare 16.220, contro i 17.190 di tutto il 2023.
Così, dopo un triennio di diminuzione, nel Mediterraneo centrale il rapporto fra morti/dispersi in mare e arrivi in Italia o a Malta è in crescita per il secondo anno consecutivo.
Oggi il rischio di perdere la vita sulla rotta è pari a un caso ogni 40 arrivi. Era stato di uno ogni 63 nel 2023, uno ogni 75 nel 2022.
Bambini senza pace
Nel 2024 si è registrato un calo dell’11% nel numero di minori stranieri non accompagnati, che a fine agosto erano 20.039. Di questi, la maggioranza era costituita da ragazzi e bambini (17.608, pari all’88%), mentre le ragazze e bambine rappresentavano il 12% (2.431). Sul fronte dell’accoglienza, il 21,5% dei minori era ospitato in strutture di prima accoglienza, il 58% in strutture di seconda accoglienza e il restante 20% presso famiglie.
Ma il problema più drammatico resta: nel primo semestre del 2024, 3.525 minori si sono allontanati dai percorsi di accoglienza.
Molti di loro non riescono a ricongiungersi con i familiari in Europa e finiscono, talvolta, intrappolati in reti criminali, accrescendo la loro condizione di vulnerabilità e rischio.
Nel testo, tra l’altro si legge: “L’augurio è che questo volume possa anche quest’anno aiutare a costruire un sapere fondato rispetto a chi è in fuga, a chi arriva a chiedere protezione nel nostro continente e nel nostro Paese, aiutandoci a restare o ritornare “umani”, e capaci finalmente di creare condizioni reali perché le persone possano – quando sono costrette a fuggire – continuare a reclamare il diritto d’asilo e non essere popoli in cammino… senza diritto d’asilo, come siamo state costretti a dire nel sottotitolo di quest’anno”.
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