A Calvi dell’Umbria ha sede un prezioso museo in quello che un tempo fu il Monastero delle suore Orsoline. Il pianterreno del seicentesco Palazzo Ferrini dal 2012 ospita una pregevole collezione che può lecitamente considerarsi al pari di tante altre più note e blasonate. Questo museo è uno scrigno dove hanno trovato una felice collocazione capolavori dell’arte mondiale di maestri immortali, da Pieter Brueghel il Giovane a Guido Reni per nominare un paio, grazie al mecenatismo di una nota famiglia che proprio qui ha destinato parte della sua notevole collezione. E quel legame si rinnova ancora. A breve infatti inaugurerà una nuova sala del Museo grazie a un’ulteriore donazione da parte della famiglia Chiomenti-Vassalli.
Nuova donazione al Museo di Calvi dell’Umbria
Sabato 21 dicembre alle 15 si terrà l’inaugurazione della ‘Galleria dei Paesaggi‘ con quattro nuove opere provenienti da un nuove gesto di mecenatismo della famiglia Chimenti-Vassalli. Questa donazione, la quarta dal 2012, seguita da una seconda al 2015 e da una terza nel 2017, riunisce una vasta collezione, grazie allo spirito liberale del professor Filippo e del fratello avvocato Carlo che oltre alla collezione, hanno provveduto anche al finanziamento dei lavori per l’allestimento della sala.
Per l’occasione, sarà disponibile anche la nuova guida breve ampliata con le opere dell’ultima donazione, anch’essa messa a disposizione del pubblico, così come le altre. All’inaugurazione parteciperanno Antonella Pinna, della Direzione regionale musei, Federica Zalabra, esperta e direttrice del Munda (Museo nazionale d’Abruzzo) e Claudio Crescentini, esperto e storico dell’arte della Sovrintendenza ai beni culturali di Roma.
Una nuova sala che accoglie quattro “capricci”
Le opere che entreranno nella nuova sala, coprono circa un secolo, dagli anni ’70 del Seicento alla fine del Settecento. Sono due dipinti di Nicolò Codazzi e di due di Vincenzo Re, che ritraggono architetture. Si tratta di “capricci architettonici”, ovvero dipinti ispirati più o meno verosimilmente all’antico, in cui compaio personaggi umani ed elementi naturali del paesaggio.
I ritratti dei “capricci” architettonici, tra fantasia e realtà, sono stati in voga per lungo tempo durante la storia dell’arte. A partire dal Seicento “il capriccio” identifica un vero e proprio genere artistico, dove compaiono paesaggi immaginari con rovine antiche rielaborate. Nicolò Codazzi, del quale due opere saranno esposte in maniera permanente nel museo calvese, è l’artista figlio dell’”inventore” del genere, Viviano che del capriccio fece un’arte.
Nel corso dei secoli, la storia del “capriccio” si intrecciò con quella della “veduta” e vi si accosteranno altri artisti illustri, come ad esempio Canaletto con i suoi celebri “capricci lagunari” che raccontano del decadimento della città di Venezia, vittima delle intemperie e dello scorrere del tempo.
A Calvi dell’Umbria un museo prezioso tutto da scoprire
All’interno del Museo delle Orsoline di Calvi dell’Umbria è stato allestito un percorso iconografico che coniuga le opere d’arte di provenienza locale con quelle donate a più riprese dalla famiglia Chiomenti-Vassalli. L’arco temporale lungo cui si dipana va dal 1500 alla fine del 1700 offrendo uno spaccato eccezionale dell’arte moderna e delle sue ramificazioni in Europa.
Ogni sala ospita opere raggruppate in base alle tematiche. La prima è quella dedicata ai ritratti dei papi mentre la seconda accoglie le opere provenienti dalle chiese del territorio. La terza è quella dei ritratti dei notabili e dei reali, seguita dalla sala con i paesaggi.
Infine c’è la sala dei capolavori. Qui è possibile ammirare la Parabola dei ciechi di Pieter Brueghel il Giovane, la Veduta del Campo Vaccino dalla scala dell’Aracoeli di Gaspar Van Wittel, La chiamata di San Pietro e Sant’Andrea, tempera su carta datata di Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona, e l’olio su tela di Giovanni Paolo Panini, che rappresenta la Veduta con Arco di Costantino, Meta Sudans, Arco di Tito e pendici del Palatino. In chiusura ci sono due opere superlative: la Maddalena Penitente di Guido Reni e l’Andromeda di Francesco Furini.
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