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Nel riquadro il 28enne Giacomo Desogus, una delle vittime. Sullo sfondo, il luogo dove sono avvenuti i fatti
La tragedia nel bosco di Mela Murgia: ipotesi di omicidio accidentale e poi suicidio
16 Dicembre 2024
I corpi di due giovani cacciatori, il 28enne Giacomo Desogus e il 27enne Matthias Steri, residenti a Quartu Sant’Elena (Cagliari), dispersi da ieri nella località boschiva di Mela Murgia, sono stati trovati senza vita in località Santu Lianu dai carabinieri della stazione di Burcei. L’allarme è stato lanciato dai familiari preoccupati per il mancato ritorno dei due, che si erano allontanati a piedi per una battuta di caccia. La localizzazione dei loro telefoni cellulari, entrambi attivi ma senza risposta, ha permesso di individuare l’area di ricerca in una zona boschiva.
Ipotesi di omicidio accidentale e poi suicidio
Dai primi accertamenti la causa del decesso sembrerebbe riconducibile a un tragico incidente di caccia. In base a una prima ricostruzione, Steri avrebbe sparato accidentalmente alla nuca di Desogus e, successivamente, si sarebbe tolto la vita utilizzando il fucile da caccia di proprietà dell’amico, unico titolare di porto d’armi.
I rilievi tecnici verranno effettuati alle prime luci dell’alba dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri, che procederà con ulteriori accertamenti per chiarire con precisione la dinamica dell’evento.
I due erano grandi amici
I due giovani erano grandissimi amici. Insopportabile per Matthias, il più giovane dei due, aver colpito a morte alla nuca l’amico per errore, tanto da decidere di togliersi la vita: secondo quanto ricostruito finora dagli investigatori, dopo essersi reso conto di quanto accaduto il 27enne ha deciso di puntare il fucile su se stesso. I due ragazzi erano usciti insieme per una battuta di caccia al cinghiale.
Incidenti caccia, per Grig e Lac istituzioni ignorano problema
Il gruppo d’intervento giuridico (Grig) e la lega per l’abolizione della caccia (Lac) denunciano l’assenza di misure concrete da parte del governo e del parlamento per affrontare la crescente tragedia degli incidenti di caccia. In una nota congiunta, le due associazioni criticano duramente le istituzioni, che, a loro avviso, non solo ignorano il problema, ma continuano a promuovere iniziative legislative che ampliano l’attività venatoria senza tenere conto dei rischi per la sicurezza pubblica. “Nonostante i tragici dati sugli incidenti di caccia, non si vedono iniziative di rilievo, ma solo interventi legislativi che vanno nella direzione opposta, favorendo l’espansione della caccia”, affermano le due organizzazioni. Le statistiche fornite dall’associazione vittime della caccia (Avc) sono allarmanti: tra il 1° settembre e il 21 novembre 2024, sono stati già registrati 38 incidenti mortali e feriti, coinvolgendo sia cacciatori che non cacciatori. La cifra è solo una parte di un fenomeno più ampio, che include migliaia di animali selvatici uccisi o feriti ogni stagione. “Ogni anno, oltre alle vittime umane, decine di migliaia di esemplari di fauna selvatica perdono la vita durante la stagione venatoria, in un silenzio assordante da parte delle istituzioni, che non producono neppure dati ufficiali sull’incidenza degli incidenti di caccia”, proseguono Grig e Lac. Secondo le stime dell’Avc per la stagione venatoria 2023-2024, si sono verificati 12 morti e 56 feriti, di cui 28 erano persone non cacciatrici. Le regioni più colpite sono risultate Toscana, Calabria, Sardegna, Campania e Veneto. Tra le vittime, vi sono anche sette minori. “In generale, le associazioni venatorie minimizzano sistematicamente l’accaduto, trattandolo come incidenti inevitabili. Governo e parlamento, da parte loro, non sembrano prendere alcuna misura concreta, nemmeno per raccogliere dati ufficiali su queste tragedie”, denunciano le associazioni. Per Grig e Lac, non si tratta solo di un problema di sicurezza pubblica: “Il tema degli incidenti di caccia viene ridotto a un problema minore, etichettato come ‘incidenti inevitabili’. Non possiamo accettare che la vita delle persone e degli animali venga sacrificata a causa di politiche che non tutelano adeguatamente la sicurezza e il benessere”. Le due organizzazioni chiedono azioni urgenti per limitare i rischi legati alla caccia e garantire una maggiore protezione per i cittadini e gli ecosistemi naturali.
Brambilla: “Più controlli su caccia e armi”
“Se sarà confermata la prima ricostruzione degli inquirenti, l’incidente di caccia nel bosco di Mela Murgia (provincia di Cagliari) sarà uno dei più gravi delle ultime stagioni: due morti, di 27 e 28 anni, dei quali solo uno, a quanto sembra, aveva il porto d’armi. Non mi stancherò mai di ripetere che la caccia è una pratica anacronistica, estremamente dannosa per la biodiversità e per l’ambiente, pericolosissima per la pubblica sicurezza. Come dimostrano i 10 morti e 23 feriti registrati dall’Associazione vittime della caccia solo dal 1° settembre al 29 novembre 2024, ai quali, purtroppo si aggiungono i due giovani che hanno perduto la vita ieri”. Lo afferma Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, che definisce “incomprensibile” e “irresponsabile” la connivenza dei politici, a tutti i livelli, con una lobby, quella delle doppiette, sempre meno rappresentativa, la cui base si assottiglia da un anno all’altro”.“Del resto – prosegue Brambilla – è ormai arrivato il momento di intensificare i controlli sulle armi, sia in ambito venatorio che extravenatorio. Da una recente inchiesta di Skytg24, che si è rivolta al ministero dell’Interno con una richiesta di accesso civico, risulta che gli italiani legalmente in possesso di fucili, pistole e coltelli registrati siano 4,66 milioni, numero molto maggiore di quello delle licenze di porto d’armi nel 2023: 1,17 milioni. Che si tratti di licenze scadute o altro, fatto sta che nelle abitazioni degli italiani ci sono molte più armi di quanto si crede. Alcune finiscono in mano a giovani o addirittura a minorenni, reclutati dalla criminalità organizzata o prematuramente coinvolti nell’attività venatoria”.
M5S: “Piantedosi ascolti Enpa, fermare far west italiano”
“Ci schieriamo con convinzione al fianco di Enpa, che oggi si è appellata al ministro Piantedosi per fermare questo assurdo far west che si sta perpetrando con il pretesto della Caccia. La situazione è effettivamente fuori controllo e le tragiche notizie di incidenti che coinvolgono cacciatori ma anche persone che non hanno niente a che fare con la Caccia si moltiplicano, per non parlare del numero di animali sacrificati sull’altare degli interessi di qualche lobby che tiene le redini dell’azione politica di questa maggioranza. Se questa destra volesse davvero fare l’interesse dei cittadini e tutelarne la sicurezza – come sostiene di voler fare con la mattanza realizzata sulla pelle degli orsi in Trentino o con quella solo tentata sui cervi in Abruzzo – dovrebbe riflettere su come ridurre l’impatto della Caccia sulla vita delle persone. La linea di maggioranza e governo, invece, è diametralmente opposta e mira alla completa deregolamentazione della Caccia, una follia che mette a rischio i cittadini italiani sia per quanto riguarda la loro incolumità fisica, sia per il loro portafoglio, visto che le diverse procedure d’infrazione a cui il governo Meloni sta condannando il Paese verranno pagate da tutti noi. È ora di dire basta, di fermare una volta per tutte questo far west all’italiana”. Lo scrivono in una nota i parlamentari del Movimento 5 Stelle delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato Alessandro Caramiello, Susanna Cherchi, Sergio Costa, Sabrina Licheri e Gisella Naturale.
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