“Case a prezzi accessibili, la politica ignora il tema”

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Bologna, 18 dicembre 2024 – Quando il modello italiano dell’abitare (che privilegia la proprietà piuttosto che l’affitto) ha incontrato il fenomeno Airbnb si è creata una “turbolenza” che ha messo in crisi le città e rischia di generare un conflitto sociale incontrollabile. Parola dell’urbanista Giovanni Laino, docente alla Federico II di Napoli, vice presidente di Urban@it.

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Il nostro modello dell’abitare non risponde più alle esigenze degli italiani?

“Il modello italiano, piccolo borghese, sta diventando una trappola nella grande trasformazione che viviamo. Fra poco avremo sempre più case non abitate e sempre più cittadini senza casa, compresa la cosiddetta fascia grigia dei figli della borghesia, che non riesce a entrare nel mercato della proprietà”.

Perché il mercato dell’affitto si è distorto?

“Per come è composto in Italia. A parte un’élite che detiene molte proprietà e per la quale il mercato degli affitti è un’industria, la massa dei proprietari italiani possiede al massimo due o tre case. E tra questi c’è una maggiore riluttanza a metterle in locazione. Non solo perché vuole speculare con Airbnb, ma perché è maturata una cultura del timore: cosa succede se non riesco a liberare l’appartamento da un inquilino moroso?”.

Il social housing può essere una risposta?

“Non riesce. Gli enti non hanno soldi per ristrutturare perché da decenni non è stata finanziata la politica degli alloggi pubblici. Il 10% del loro patrimonio resta vuoto perché non è abitabile. D’altra parte dicono che gestire la povertà non è il loro ruolo. La quota di morosità è impressionante, e parliamo di canoni di 70 euro, 100 euro”.

E gli studenti universitari, i giovani professionisti? Chi dà risposte alle loro esigenze?

“Per loro città come Milano sono inaccessibili. Ai tempi del piano casa di Fanfani la domanda era più semplice, c’era una grande massa di lavoratori attratti nel triangolo industriale e bisognava costruire case…”.

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Ma il mercato dovrà comunque adeguarsi.

“Gli economisti definivano il mattone il volano dell’economia. Il problema ora è la finanziarizzazione dell’immobiliare. Per alcuni operatori costruire case a Milano è come investire in Borsa, non sono pensate per essere abitate, sono operazioni finanziarie. L’immobile a prezzi inaccessibili non è fatto per guadagnare dall’affitto, ma perché in banca è un asset che vale”.

Così si è stravolta l’identità della città?

“Se pensiamo alla città rinascimentale sì. Questo cambiamento è rivoluzionario, ma non lo possiamo evitare: va gestito con intelligenza. La parola magica è governo. Una cosa che non fa solo il sindaco, serve una strategia nazionale. Lo Stato deve rendersi conto che da almeno 40-50 anni non ha più un ruolo nella politica della casa che possa evitare eccessi perversi che implicano sofferenza urbana”.

Tutto questo fenomeno mette a rischio la coesione sociale…

“La coesione sociale è morta. Il problema è che anche il ceto politico progressista ha derubricato il problema della casa. Vediamo sacrosante battaglie sui diritti civili, però la casa è finita nel dimenticatoio. La segretaria del Pd parla di sanità, salario minimo, ma la casa?”.

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“Di fatto. Noi ce ne siamo accorti perché gli studenti, meritatamente, hanno messo le tende davanti alle università. Eppure il Pnrr ha finanziato imprese per costruire studentati con un prezzo che resterà calmierato solo per alcuni anni”.

Alla luce di tutto questo, in che città viviamo oggi?

“Innanzitutto viviamo in molte città, diverse. Siamo dentro la globalizzazione del capitalismo, che non possiamo fermare. Anche io vorrei tornare alla città che tematizzava Italo Calvino. Quello che possiamo fare oggi è chiedere un governo della cosa pubblica che attenui le dinamiche dell’esclusione sociale e della diseguaglianza. Perché non chiedere ai proprietari di pagare l’Imu?”.

Le città hanno ancora forza attrattiva?

“In tutti i sensi e con vari problemi. Io abito in centro a Napoli, ormai do le gomitate ai turisti per camminare. I centri storici sono colpiti dall’overtourism mentre i costi spingono le famiglie verso le periferie-banlieue. Si stanno modificando le città. Ci sono palazzi abitati da anziani con la badante, spese enormi: servirebbero soluzioni dove possano garantire autonomia ma con servizi in comune. Tutto questo va governato”.

Altrimenti?

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“Potremmo convivere con un tacito conflitto: le occupazioni, le tende degli studenti. Ma il rischio è che se i questori applicheranno il decreto sicurezza e faranno sgomberare gli immobili occupati, in città come Roma o Napoli molta gente finirà in strada e il conflitto inevitabilmente aumenterà”.



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