La crociata di Trump contro la minaccia Fentanyl: dazi, sfida ai cartelli (e a Pechino)

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di Massimo Gaggi

L’ambasciatore Zampolli:«È un’arma di distruzione di massa». Negli Stati Uniti si parla di diecimila morti al mese

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NEW YORK Dazi puntivi nei confronti di Messico e Canada fino a quando non bloccheranno il traffico di immigrati clandestini e fentanyl verso gli Stati Uniti. Dazi aggiuntivi sulle importazioni dalla Cina da dove arriva il grosso delle sostanze usate per diffondere gli oppioidi sintetici in America.

Donald Trump, che ha condotto la sua campagna elettorale cavalcando soprattutto il tema dell’immigrazione illegale, ora dedica un’attenzione crescente alla minaccia mortale del fentanyl: una droga micidiale che fin qui ha solo sfiorato l’Italia, mentre negli Stati Uniti sta uccidendo centinaia di migliaia di persone. Settantamila nel solo 2022 secondo la Cdc di Atlanta, l’osservatorio federale sulla salute degli americani. Ma altri centri parlano di un bilancio ben peggiore: quasi 10 mila morti al mese, anche se di recente le statistiche indicano un lieve calo.




















































Un ruolo importante nel sensibilizzare Trump l’ha avuto un suo vecchio amico: Paolo Zampolli, imprenditore italiano che vive negli Usa da decenni, ora ambasciatore all’Onu di un’isola caraibica, Dominica. Quando gestiva un’agenzia di modelle per le sfilate di moda, partner della Trump Organization, presentò Melania a Donald.

«Continuano a parlare, anche ai vertici dell’Onu, di droga degli zombie, con riferimento alle persone intossicate che si trascinano nelle periferie urbane — dice Zampolli —. Sbagliano: non è una droga: è veleno. Quando per ucciderti bastano tre granelli, come cristalli di sale, non puoi parlare di droga. Abbiamo letto di bimbi morti gattonando su una moquette contaminata. Tre grani: mentre a Hiroshima sono morti 120 mila giapponesi e l’attacco terroristico di Al Qaeda all’America ha fatto 3300 vittime, con un chilo di fentanyl puoi ammazzare mezzo milione di persone. Significa che in giro per gli Usa ce n’è già abbastanza per distruggere l’intera umanità. Questo non è più solo un problema sociale e sanitario. È un problema di sicurezza nazionale. È in gioco la nostra gioventù, il futuro del Paese. Va fatta una campagna antidroga radicale. Guardate i dati: il fentanyl è la prima causa di morte per i cittadini dai 15 ai 49 anni. Donald Trump è consapevole di tutto questo e intende reagire con molta determinazione».

Non sarà facile: bisogna dichiarare guerra a Sinaloa e Jalisco, i più potenti e spietati cartelli della droga. Chad Chronister, lo sceriffo della Florida che Trump aveva scelto come zar antidroga, si è tirato indietro. Ma il neopresidente tira dritto: designerà i cartelli (che lavorano e diffondono negli Usa il fentanyl cinese) come organizzazioni terroristiche. Trump vuole colpire anche all’estero? Zampolli non riferisce il contenuto dei suoi colloqui col leader, ma sottolinea che il fentanyl verrà considerato un’arma di distruzione di massa.

Verrà, insomma, alzato il tiro. E anche il confronto con la Cina rischia di scaldarsi, visto che la Heritage Foundation — il think tank conservatore vicino a Trump che ha sconfessato il suo Project 2025, ma ora lo sta in gran parte applicando — sostiene in uno studio che l’export cinese di oppiacei sintetici è controllato dall’autorità politica con l’obiettivo strategico di indebolire la società americana. Zampolli non conosce l’analisi della Heritage, ma la trova verosimile: «Del resto l’avvelenamento con gli oppioidi sintetici è iniziato alcuni anni fa dall’Arabia: il fentanyl arrivava nel Golfo dal Libano con la regia dell’Iran e l’obiettivo era quello di indebolire la gioventù saudita».

Quella nella quale Zampolli è impegnato da dieci anni fa, è, ormai, una battaglia planetaria: «Ora è in primo piano anche all’Onu dove viene a parlarne il segretario di Stato, Tony Blinken».

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Del fentanyl si è discusso anche al G7 italiano della scorsa estate e Giorgia Meloni ha rilanciato più volte pubblicamente questa battaglia, anche alle Nazioni Unite. Per Zampolli l’impegno sta diventando familiare: mentre lui, diplomatico di una piccola entità, Dominica, è attivissimo all’Onu e propone a Trump una lega delle 20 città Usa più colpite dagli oppioidi sintetici, il figlio Giovanni, liceale quindicenne, fa proselitismo tra gli studenti: i suoi coetanei, i più esposti.

23 dicembre 2024

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