Loreo, rischio Pfas nel progetto di recupero di fanghi di depurazione

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A Loreo, un piccolo comune del Polesine, vicino ad Adria, tiene banco il progetto di un impianto di recupero di fanghi di depurazione presentato dalla società Green Sludge Solution Srl di Saronno (Varese). «L’impianto sarà dedicato al trattamento di 60.000 tonnellate all’anno di rifiuti costituiti da fanghi di depurazione non pericolosi mediante essiccazione per successivo recupero energetico con possibile valorizzazione dei residui (ceneri) per recupero del fosforo presso impianti terzi» si legge nella documentazione presentata dalla società alla Regione Veneto per la Valutazione di impatto ambientale, di cui il 13 dicembre sono scaduti i termini per presentare le osservazioni (qui tutta la documentazione sul sito della Regione).

Le denunce di Legambiente

In sostanza, l’impianto sarà dedicato a essiccare e bruciare, ricavandone energia, quanto prodotto da sistemi fognari civili, non dunque industriali, dopo il trattamento in depuratore. Il progetto ha sollevato numerose critiche a partire dal circolo Legambiente Delta del Po, che ha segnalato: «Considerando circa 30 tonnellate a carico sono 2000 camion annui, un giorno 5, un giorno 6 camion in arrivo, per tutti i giorni dell’anno, sabato e domeniche comprese. Oppure un giorno 7 ed un giorno 8 camion sabato e domenica esclusi. Nella relazione tecnica che accompagna il progetto si parla di 12 camion e 23 viaggi giornalieri. Speriamo almeno siano previsti trasporti con cisterne chiuse, che con le strade che ci sono non sarebbe improbabile che “qualcosa” potesse uscire».

A preoccupare l’associazione ambientalista non è solo il traffico pesante che verrebbe generato dall’impianto, ma anche il fatto che questo sorgerebbe lungo Strada Dogado, su un terreno oggi agricolo situato all’interno dell’AIA, Area Industriale Attrezzata del Basso Polesine, a poche centinaia di metri dal confine con il Parco Delta del Po Veneto, Riserva della Biosfera UNESCO.

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Leggi anche: Inceneritore a Porto Marghera: le associazioni diffidano Regione e Comuni

E ancora, c’è la possibilità che in esso possano essere bruciati Pfas, come descritto in uno dei documenti presentati dalla società proponente: «Perché non abbiamo mai trovato un accenno ai Pfas nelle relazioni che accompagnano le varie fasi autorizzative dei vari digestori anaerobici? – si chiede il circolo di Legambiente Delta del Po –. E qui invece ci sono diversi contenuti inerenti i Pfas? Viene da pensare che i reflui civili destinati a Loreo possano contenere anche Pfas e quindi serve un trattamento termico per poterli “trasformare”, perché nulla si crea e nulla si distrugge. Altrimenti un semplice digestore anaerobico per la produzione di biometano e sistema di cattura della CO2, di cui siamo ormai esperti, sarebbe un’ottima soluzione impiantistica, conforme ai dettami dell’economia circolare, e già presente in loco in abbondanza. Intanto, per un impianto simile proposta a Marghera, è giunto un parere estremamente negativo da parte dell’Istituto Superiore di Sanità».

Il terreno dove potrebbe sorgere l’impianto di recupero di fanghi di depurazione della società Green Sludge Solution S.r.l a Loreo (Rovigo). Foto tratta dalla procedura VIA Regione Veneto

La posizione dei sindaci

Anche il vicino comune di Adria ha espresso apprensione: «È viva nella collettività la preoccupazione per l’insediamento di questa attività di recupero fanghi e depurazioni viste le devastanti conseguenze scaturite nel nostro territorio dalla nota vicenda Coimpo – Agribiofert» scrive il sindaco di Adria Massimo Barbujani nelle osservazioni al progetto inviate in Regione, secondo quanto riporta Il Gazzettino. Il primo cittadino si riferisce alla tragedia avvenuta nel 2014 quando quattro operai morirono a causa di una nube tossica in un impianto di trattamento di fanghi a Ca’ Emo, una frazione di Adria, al centro di una vicenda di prolungate irregolarità ambientali.

Il sindaco di Loreo, Moreno Gasparini, ha assicurato in un’intervista a La Voce di Rovigo che vigilerà sull’impatto ambientale dell’impianto sul territorio. Ma ha anche detto che la scelta deriverebbe da un obbligo nazionale, «una necessità imposta dalle normative per evitare contaminazioni delle falde acquifere».

L’interrogazione di Erika Baldin alla giunta Zaia

Sul tema è intervenuta anche la consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Erika Baldin, che ha depositato un’interrogazione alla giunta Zaia «al fine di conoscere se intenda assumere informazioni circa l’iter della richiesta e la completezza della documentazione avanzata dall’impresa Green Sludge Solution».

«Soprattutto, non vengono esclusi i residui del Pfas, l’ormai famigerato inquinante che ha infestato i fiumi e un’ampia porzione di territorio tra le province di Vicenza, Padova e Rovigo, la più colpita» aggiunge la consigliera Baldin, che tra le richieste all’esecutivo regionale enumera anche l’acquisizione di informazioni dall’Ente Parco del Delta del Po, riguardo la compatibilità con quest’ultimo: «Ricordo – prosegue l’esponente del M5S – che il Delta è riconosciuto quale riserva della biosfera dall’UNESCO, assieme ad altri 21 siti in tutto il territorio nazionale. Quindi prima di dare il via libera a un intervento potenzialmente impattante occorre informarne i garanti, a pena di perdere la specifica protezione».

Baldin fa un parallelo con il deposito di gpl che avrebbe dovuto essere costruito a Chioggia nel 2019, ma che fu poi fermato da un decreto del governo Conte II, che impediva la costruzione o l’avvio di simili progetti proprio in territori tutelati dall’UNESCO stessa.

«I casi apparentemente presentano alcune caratteristiche congruenti – conclude Erika Baldin – oltre a insistere in un territorio attiguo alle località adriatiche, note per la loro evidente vocazione turistica. Il vicino Comune di Rosolina, infatti, attraverso il sindaco, la giunta e il consiglio comunale ha già espresso la propria preoccupazione e la volontà di contrastare l’ipotesi, così come autorevoli voci istituzionali da Porto Viro sono della medesima opinione. Ora è il momento delle osservazioni da parte degli enti locali interessati: in vista del provvedimento di autorizzazione, auspico che la Regione rivaluti l’intero tema, anche alla luce delle possibili centrali a biometano richieste tra Sarzano e Cavarzere».



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