Caro Babbo Natale,
straziante, controproducente e ingiusto. Usando la ragionevolezza, il dibattito sorto in merito alle tematiche urbanistico-edilizie del Paese dovrebbe essere valutato così.
Straziante: è da più di un anno e mezzo che si discute, in politica, sui giornali, tra operatori, comitati, cittadini e associazioni di categoria delle note problematiche del Paese in materia edilizia e urbanistica, nella maggior parte dei casi trattandole mediante asserzioni assolute, che non ammettono repliche. Asserzioni che, tuttavia, a seconda del campo in cui ci si trova, sono dirette ad affermare l’innegabile correttezza dell’operato delle Amministrazioni comunali, di Milano e di altre località, oppure a sancire l’incontrovertibile illegittimità dell’operato stesso.
Davvero un supplizio.
Controproducente: trattare fuori dalle sedi competenti, con superficialità e faziosità, tematiche normative complesse non giova a nessuno. A prescindere da qualunque considerazione di merito, il settore vale, considerandone le diverse componenti, oltre il 20% del Pil del nostro Paese e non siamo un Paese che si possa permettere di perdere questa percentuale. Quel 20% è prodotto, non solo dagli sviluppatori, tanto criticati da alcuni. Quel 20% corrisponde al lavoro di imprese di costruzione, elettricisti, idraulici, fornitori vari, giardinieri, amministratori di condominio, professionisti e molti altri. La filiera e l’indotto sono ampissimi. Battibeccare su un tema tanto importante fa male a tutti. Non solo. Battibeccare su questi temi fa male al primo tra i valori da tutelare: il territorio. Sostenere irragionevolmente che ogni volta che si intenda costruire con altezza superiore a 25 metri (ossia a 8 piani, che non fanno un grattacielo…), occorra un piano attuativo, porta allo schiacciamento al suolo dei progetti e così porta a consumare più suolo, un bene finito e che sta finendo, un bene che l’Europa, il mondo e le nostre coscienze ci impongono di preservare.
Ingiusto: quantomeno per un senso di giustizia squisitamente umano e che, purtroppo, non sempre coincide esattamente con quello dei Tribunali. E’ umanamente ingiusto colpevolizzare sviluppatori immobiliari che hanno agito secondo regole, o quantomeno secondo interpretazioni delle regole, consolidate in seno a una Amministrazione comunale. E’ ingiusto colpevolizzare funzionari e dirigenti comunali che hanno applicato regole e interpretazioni assunte a livello centrale, per tutti, da una Amministrazione comunale. E’ ingiusto, per le stesse ragioni, mettere a repentaglio la casa acquistata da migliaia di persone e il Pil del Paese. E, non ultimo, è ingiusto colpevolizzare amministrazioni comunali che – e qui mi spingo anch’io ad affermare quella che ritengo essere una verità assoluta – si trovano costrette ad applicare un groviglio normativo ormai inestricabile, che parte da una legge urbanistica del 1942, più volte rimaneggiata, passa attraverso un riparto di competenza legislativa tra Stato e Regioni che genera contrasti ed enormi problemi interpretativi e arriva a pronunce della Giustizia Costituzionale, Penale e Amministrativa che, a distanza di molti anni dall’approvazione e, soprattutto, dall’applicazione delle contraddittorie normative in materia, giungono a interpretazioni spesso tra loro contrastanti o che si discostano da quello che, magari non tutti, ma almeno una parte dei lettori delle norme, ritiene essere il significato proprio delle parole scritte nella legge stessa.
La nostra Costituzione ci insegna che nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Figuriamoci se, in un mondo giusto, possano essere punite persone che hanno applicato interpretazioni che, solo alla luce di alcune (non tutte) letture giurisprudenziali diverse, comunque temporalmente successive, possono risultare errate.
Volendo identificare un responsabile dell’odierna situazione del settore, a mio avviso, quello sarebbe il legislatore nazionale degli ultimi 70 anni. Pur a fronte di continue sollecitazioni e numerosi progetti di legge depositati, non ha mai portato a termine una complessiva e organica riforma della materia, limitandosi a modificare frequentemente, qua e là, in modo confuso, disarticolato e con terminologia imprecisa, singole disposizioni di legge.
E allora, caro Babbo Natale, il mio desiderio e auspicio per questo S. Natale e per il 2025 – e sono sicuro che non sia solo il mio – è che questa volta il legislatore, presa piena coscienza della situazione in essere, con grande senso di responsabilità e cura, dia una rapida (anche se, dato il tempo ormai trascorso, non tempestiva) soluzione alla contingente situazione generatasi e poi, con competenza, studio e attenzione, dia finalmente definitiva e totale chiarezza e stabilità al settore.
di Simone Pisani – Blv Belvedere e Partners
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