Mistero sull’impennata dei prezzi – ToscanaOggi

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Toscana

di Ennio CicaliVenticinque euro la spesa quotidiana, quella minuta (pane, latte, un po’ di carne, verdure varie) a prima vista sembra un importo passabile, poi ci ripensi e… hai speso poco meno di 50 mila di vecchie lire. È lo choc che prende chi, donne o uomini poco importa, si trova a fare i conti con la spesa di ogni giorno. Una realtà che contrasta con le «verità» ufficiali. Giornali e tivù ci danno una doccia fredda e una calda: per l’Istat la situazione è sotto controllo, per le associazioni dei consumatori si assiste a una rincorsa incontrollata dei prezzi. Chi ha ragione?Tenere a freno gli entusiasmi o le angosce non è facile. Anche perché a fornire le cifre ufficiali è l’Istat, l’istituto centrale di statistica, che è quanto di più ufficiale ci possa essere. Eppure, sono molti a non credere che il costo della vita sia effettivamente quello che risulta dalle statistiche. Lo confermano le associazioni dei consumatori: magari l’inflazione cresce poco – al 2,6% secondo l’ultimo dato Istat – però non è facile accorgersene. Forse perché di soldi ne circolano così pochi che – come dicono molti commercianti – nessuno compra più.Di chi la colpa? L’euro è ritenuto, a torto o a ragione, il maggiore responsabile dell’aumento dei prezzi. Non è vero replicano i commercianti. Non ci crede nemmeno Gianni Dugheri, responsabile dell’indagine prezzi del Comune di Firenze. «La situazione – osserva – non era allegra anche prima dell’arrivo dell’euro». Vari fattori hanno contribuito all’aumento dei prezzi per alcuni prodotti. Indubbiamente, al caro verdure ha influito la siccità che ha colpito un settore delicato come l’agricoltura. Sotto accusa il cosiddetto «paniere» (in pratica l’insieme dei prodotti i cui prezzi sono costantemente tenuti sotto osservazione). L’Istat, affermano le associazioni dei consumatori fa rilevazioni su consumi irrealistici che solo in minima parte si possono riferire ad una famiglia comune.Il bello è che hanno ragione sia l’Istat sia i consumatori. L’istituto di statistica rileva i prezzi di un «paniere» di circa 900 prodotti. Se una famiglia compra abitualmente prodotti diversi da quelli rilevati, come spesso accade, si troverà a spendere a volte di meno e, molto spesso, di più di quanto l’indice non dica. Per ottenere dati più reali occorrerebbe fondare il calcolo dell’inflazione su una rilevazione dei bilanci familiari, ripetuta nel tempo, di un campione di famiglie stratificato per reddito. «Manca un’indagine vera e propria sui redditi – rileva Dugheri – se fosse disponibile si avrebbe il quadro reale della condizione delle famiglie».

Le associazioni dei consumatori cercano di difendere come possono la «borsa della spesa».L’Intesa dei consumatori (che raggruppa Federconsumatori, Adoc, Codacons e Adusbef) ha raggiunto un’intesa con la Confesercenti per il «Prezzo amico» per bloccare fino al 31 dicembre una quarantina di prodotti di largo consumo: alimentari, prodotti per la casa, abbigliamento, ma anche consumazioni nei bar e nelle pizzerie. L’iniziativa, partita il 23 settembre, coinvolgerà la maggior parte dei circa 30 mila negozi iscritti alla Confesercenti toscana.

Iniziativa inefficace ribatte la Coalizione dei consumatori (Adiconsum, Assoutenti, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Lega consumatori, Movimento consumatori, Movimento difesa del cittadino, Unione nazionale consumatori). Ormai, dicono, i prezzi sono già aumentati e chiedono provvedimenti volti a scoraggiare comportamenti speculativi. Inoltre, chiedono provvedimenti strutturali con proposte specifiche per il commercio, Rc auto, tariffe professionali e che devono avere effetti duraturi.

Contro il «caro prezzi» Susanna Cenni, assessore regionale al commercio, ha proposto un tavolo toscano per mettere freno ai rincari selvaggi. Al confronto dovrebbero partecipare consumatori e utenti, la Regione e tutte le associazioni di categoria di agricoltura, artigianato, commercio e industria.

Un «gioco» al raddoppioAnche in Toscana – spiega Grazia Simone, segretaria regionale dell’Associazione difesa consumatori e ambiente (Adiconsum), promossa dalla Cisl – si sono registrati aumenti di prezzi, che nella maggior parte dei casi, specie nel settore ortofrutticolo sono ingiustificati. Da una ricerca della Mercafir risulta che al mercato generale i prezzi sono stabili rispetto al 2001, mentre si sono registrati aumenti nel passaggio dal distributore al consumatore. Inoltre, molti non riescono a dare il giusto valore alle monete: si è portati ad equiparare un euro alle vecchie mille lire. Questo è evidente nei mercatini di zona dove le bancarelle che vendevano prodotti a 5 mila o a 10 mila lire, hanno messo cartelli, ben evidenziati, rispettivamente con 5 e 10 euro, operando in tal modo a livello psicologico sul consumatore che ancora trova difficoltà ad adattarsi alla nuova moneta. I negozianti, per di più, utilizzano poco o niente i centesimi. È difficile, specie nel settore abbigliamento vedere prezzi che finiscono con centesimi. La riprova che tutto sia aumentato, la si ha parlando con la gente che dice di durare fatica a raggiungere la fine del mese».

L’Adiconsum, insieme alle associazioni aderenti alla Coalizione consumatori a tutela del consumatore, intende intraprendere iniziative di lotta contro il caroprezzi. La Coalizione chiede in particolare alla grande distribuzione (Coop, Esselunga, Conad, Superal…) di destinare degli spazi per la vendita diretta dal produttore al consumatore soprattutto per i prodotti del settore ortofrutticolo valorizzando così anche le produzioni locali. Ai Comuni chiede invece di aprire i mercati all’ingrosso al pubblico almeno tre giorni la settimana e di consentire ai produttori la vendita diretta dei propri prodotti senza passaggi di intermediari. Le richieste della Coalizione sono suffragate dai dati rilevati dall’Ismea che indicano come i prezzi dei prodotti ortofrutticoli subiscano un primo raddoppio nel passaggio dal coltivatore e un secondo raddoppio nel passaggio dai mercati generali al consumatore. Ad esempio, il prezzo della lattuga è alla produzione di 0,59 euro. All’ingrosso passa a 1,20, mentre al dettaglio si paga 1,85. Il prezzo alla produzione delle zucchine è di 0,53, all’ingrosso 0,94 e al dettaglio 1,67. I meloni passano da 0,24 a 0,42 a 1,03. Infine, le pesche costano alla produzione 0,52 euro, 0,89 all’ingrosso e 1,55 al dettaglio.

COME SI FANNO LE STATISTICHE

Gli indiciLe rilevazioni correnti sui prezzi al consumo svolte dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) danno luogo ad un sistema di indici costituito da:– indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC);– indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI);– indice dei prezzi al consumo armonizzato per i paesi dell’Unione europea (IPCA). La verificaI tre indici dei prezzi al consumo, elaborati mensilmente dall’Istat, misurano, come detto sopra, le variazioni nel tempo dei prezzi di beni e servizi rappresentativi dei consumi dell’intera collettività nazionale, delle famiglie di operai e impiegati e dei cittadini dell’Unione europea. All’inizio del 1999, importanti novità sono state introdotte sia nella metodologia (i tre indici vengono calcolati con un procedimento omogeneo: la rilevazione viene effettuata in tutti i comuni capoluogo di provincia su un campione di 930 prodotti, raggruppati in 12 capitoli di spesa), sia nei tempi di diffusione, anticipati rispetto al passato. Anche per quest’anno è stato confermato il rilascio, tra il 26 e il 28 di ogni mese, della stima provvisoria dell’indice NIC relativa allo stesso mese, mentre l’uscita dei dati definitivi dei tre indici é prevista attorno al 20 del mese successivo. Il raffrontoNel mese di agosto 2002 sia gli indici dei prezzi al consumo per l’intera collettività sia quelli per le famiglie di operai e impiegati hanno registrato, rispetto al mese di luglio, una variazione di più 0,2 per cento. Nel confronto con il corrispondente mese dell’anno precedente gli indici dei prezzi al consumo comprensivi dei tabacchi hanno registrato una variazione di più 2,4 per cento mentre quelli senza tabacchi hanno registrato una variazione di più 2,5 per cento.



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