Prezzi, investimenti, alleanze: la moda alla ricerca di un nuovo disegno per recuperare 50 milioni di clienti

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di
Francesco Bertolino e Daniela Polizzi

«Ogni crisi è un’occasione per chiarirsi le idee», secondo Diego Della Valle. Ecco chi potrebbe farlo nel 2025: da Dolce & Gabbana a Versace, passando per Etro e Furla

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Un anonimo estimatore compra una borsa virtuale di Gucci per l’equivalente di 4115 dollari, pagando oltre 800 dollari in più rispetto al prezzo dell’accessorio reale. Quattro mesi più tardi Dolce & Gabbana vende una collezione di abiti digitali per l’equivalente di 6 milioni. Siamo nel 2021, i consumatori sono in piena euforia da shopping dopo la pandemia e i lockdown. È l’inizio di un triennio d’oro per l’industria del lusso globale che, fra 2021 e 2023, raggiunge livelli di profittabilità più che doppi rispetto agli anni precedenti. Il mercato cavalca la moda e spinge i titoli del lusso ai massimi storici: Lvmh tocca i 500 miliardi di capitalizzazione di Borsa, prima compagnia europea a raggiungere il traguardo.

I prezzi troppo alti

L’euforia contagia anche le aziende, alcune delle quali finiscono per sopravvalutare le potenzialità della domanda. «Ci sono marchi che hanno aumentato i prezzi anche del 37 per cento in quattro anni, e con una pandemia alle spalle», ha detto qualche settimana fa Brunello Cucinelli, ribadendo un concetto espresso anche da altri imprenditori della moda. A un certo punto, infatti, i clienti hanno presentato il conto: secondo il report Bain e Altagamma, fra inflazione e incertezza economica, negli ultimi due anni il lusso ha perso 50 milioni di clienti, registrando una brusca frenata delle vendite soprattutto in Cina. Il calo si è presto riflesso sui volumi della produzione con un calo che oscilla fra il 20 e il 25% e un impatto pesante sulla filiera delle piccole e medie imprese e degli artigiani.




















































Le operazioni del 2024

Il 2024 è stato così l’anno più duro per l’industria della moda dalla grande crisi del 2008. Come sempre, le fasi negative aprono finestre per operazioni che nei momenti di crescita del mercato è più difficile imbastire. «Ogni crisi è un’occasione per chiarirsi le idee», ha sintetizzato Diego Della Valle, il patron di Tod’s che quest’anno ha deciso di lasciare la Borsa italiana con l’aiuto del fondo L Catterton per lavorare su strategie di lungo periodo, lontano dall’ansia trimestrale. Sempre nel 2024, Remo Ruffini si è invece alleato con Lvmh per blindare il suo controllo su Moncler, proteggendo il gruppo dei piumini da mire indesiderate. Ancora, la holding BasicNet della famiglia Boglione ha aperto il capitale di K-Way al fondo Permira per accelerarne i piani di crescita e valorizzare il lavoro fatto sul marchio, comprato nel 2004 dal quasi fallimento e portato in 20 anni a una valutazione di 500 milioni.

Il riassetto di Versace

Altri riassetti importanti sono attesi nel 2025. È il caso, per esempio, di Versace. Dopo la mancata fusione con Tapestry, il gruppo statunitense Capri Holdings ha deciso di affidare a Barclays l’incarico di trovare un compratore per la Medusa e per Jimmy Choo al fine di concentrare le risorse su Michael Kors. La cessione dei due marchi era già stata esplorata prima dell’intesa con Tapestry, affondata dall’Antitrust americana, preoccupata per «il monopolio delle borsette». Allora per Versace si erano fatti avanti Kering ed Exor che, per motivi diversi, è difficile si presentino al secondo turno. Il dossier sarebbe approdato su molti tavoli, tra i quali anche quello di Prada, che avrebbe declinato, così come Kering, già impegnata a supportare i propri marchi. Anche Lvmh non avrebbe mostrato interesse perché in quella fascia del lusso già possiede Dior. Più probabile che stavolta possa farsi avanti un fondo di private equity o un fondo sovrano.

D&G e le altre

Fondi sovrani come Gic, Qatar Investment Authority e Pif avrebbero del resto già bussato anche alla porta di Dolce & Gabbana che in passato non ha escluso la possibilità di trovare un alleato finanziario con una piccola quota, per sostenere il suo piano di crescita e rafforzare la struttura finanziaria. Ma riassetti sono all’orizzonte anche tra diversi marchi con fatturati inferiori a quelli dei big. Sui mercati si fanno i nomi di Furla e Pinko. E operazioni di m&a potrebbero toccare anche Sergio Rossi, Twinset ed Etro.

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