Sostenibilità importante per le imprese del terziario, ma a Bergamo è indietro

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Le imprese del terziario bergamasche sono più green e socialmente sostenibili e hanno particolare attenzione a risparmio energetico ed economia circolare: questa la fotografia che emerge dall’indagine 2024 di Confcommercio Lombardia “Transizione sostenibile e competitività delle imprese del terziario”.

I dati della Bergamasca

Il report dei questionari sulle imprese di Bergamo evidenzia come il 57 per cento delle imprese reputi la sostenibilità una priorità e il 46 per cento abbia modificato il proprio business in questa direzione. Il 63 per cento degli imprenditori nella scelta dei fornitori considera parametri sociali, il 70 per cento valori ambientali e il 62 per cento ha avviato iniziative per la riduzione dell’impatto sull’ambiente, tra sprechi e inquinamento.

Negli ultimi due anni, il 54 per cento delle imprese ha effettuato investimenti per l’efficientamento energetico (il 26 per cento utilizzando finanziamenti pubblici) e il 54 per cento prevede di intraprendere azioni green nel futuro. Il 51 per cento delle imprese adotta con successo strumenti di conciliazione vita-lavoro e il 29 per cento mette in campo politiche di welfare. Il 13 per cento delle imprese si è rivolto alle banche per finanziamenti in sostenibilità.

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Alle istituzioni, le imprese del terziario chiedono in primis per favorire il percorso di sostenibilità, contributi a fondo perduto, seguiti da finanziamenti agevolati e formazione. Al sistema Confcommercio chiedono di essere affiancate per l’accesso al credito, oltre che di sollecitare incentivi economici e formazione.

Sostenibilità e risparmio energetico

«Una buona parte delle imprese del terziario orobico, più della metà, in linea con il dato regionale, ha fatto investimenti nell’ambito della sostenibilità ambientale nell’ultimo triennio, con l’obiettivo della diminuzione degli sprechi e del risparmio energetico» commenta Oscar Fusini, direttore Confcommercio Bergamo.

«Nel primo caso attraverso azioni specifiche volte alla riduzione del consumo di carta, riduzione di imballaggi o utilizzo di involucri riciclabili o a basso impatto o attraverso lo sviluppo del riciclo. È soprattutto la percezione della maggiore sensibilità verso l’ambiente del cliente a spingere agli investimenti. Nel secondo caso, il risparmio energetico, attraverso la sostituzione di attrezzature maggiormente efficienti, contratti di fornitura di energia green e sistemi di riscaldamento e raffrescamento più evoluti».

Terziario locale più indietro di quello nazionale

Questo, per Fusini, è avvenuto per la spinta della grave crisi energetica che si attraversa dal 2022 e dai conseguenti sistemi di agevolazione, che hanno accelerato investimenti rivolti al minor consumo di energia. Le imprese del terziario bergamasche appaiono però meno strutturate e pronte per affrontare i passi successivi, a partire dalle certificazioni, appannaggio di poche realtà, per i costi elevati e le procedure di ottenimento. A Bergamo sta invece crescendo e allargandosi la percezione che operare nell’ambito della sostenibilità produca vantaggi, soprattutto in ottica di brand reputation.

«La crescita è meno marcata che in altri contesti, l’area milanese e in generale il Nord Europa, anche perché il tessuto produttivo di tutti i settori è formato da micro e piccole imprese- continua il presidente di Confcommercio -. C’è ancora da lavorare sul fronte della formazione, della sensibilizzazione al tema, oltre che nell’assistenza e supporto agli imprenditori, anche con risorse economiche per gli investimenti necessari. Le associazioni devono farsi carico del cambiamento culturale degli imprenditori e assecondare questo processo virtuoso».

Maggiore attenzione ai dipendenti

Più in ritardo sono invece la percezione e i conseguenti investimenti nell’ambito dei fattori Esg (Environmental, social e governance), sebbene sia alto il numero delle imprese che ha introdotto misure di conciliazione di vita e lavoro e welfare aziendale.

«Nel commercio e turismo, a differenza dei servizi, è ancora basso il ricorso allo smart working ma è molto diffusa la flessibilità di orario – sottolinea il Fusini -. Occorre infatti ricordare che nelle micro e piccole imprese la flessibilità nella gestione degli orari è più marcata che nelle grandi imprese e questo ha favorito un aumento degli addetti e di donne impiegate negli ultimi tre anni».

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