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TUTTOBICI | 27/12/2024 | 09:10
di Cristiano Gatti
Singolare: dall’aria che tira, sembra più infuocata la campagna elettorale per diventare ct della nazionale che quella per di­ventare presidente federale. E dire che prima di qualunque discorso sul Ct sarà fondamentale e decisivo avere il nuovo presidente, è elementare. Ma pare che questo non conti: forse perché è sicuramente più appassionante parlare del mister che del presidente, in qualunque sport, resta questo fatto evidente di una grande attenzione alla corsa per l’ammiraglia nazionale, naturalmente sempre anteponendo la formula di ri­to, ipocrisia assoluta, il ct in carica è bravissimo e fenomenale, merita di stare lì a vita, ragiono solo per ipotesi, nel caso io sarei pronto, nel caso sarebbe il mio sogno, nel caso basterebbe una telefonata…
È giusto e sacrosanto che la gente sogni, mi sembra umano che in tanti coltivino questa ambizione. Sognare non costa niente, so­gnare aiuta a sopravvivere. Io per esempio ho sempre sognato di diventare saggio, ma man­naggia a me non sono mai riuscito a realizzare il sogno. Questo non significa che debba rinunciare. Così come non devono rinunciare gli aspiranti Ct. A loro però vorrei buttare lì una domanda: vi siete chiesti, prima, che cosa andreste a fare? E come?

Caso mai la gente si fosse distratta, faccio io un rapidissimo af­fresco della situazione italiana. Il nuovo Ct arriverà a di­rigere il vertice di un movimento che nel 2024 ha vinto solo 5 tappe nei tre grandi Giri (primato condiviso con il 2022, per dire di una tendenza epocale, e prima solo col 1973), peraltro senza mai ve­stire un solo giorno la maglia del leader. Quanto alle classiche, tutti sanno bene: siamo su valori da libri in tribunale, non ne vinciamo dall’epoca di Matusalemme. Stringendo sul­la vicenda azzurra, da suicidio di massa: nell’ultimo Mondiale di Zurigo, miglior italiano Giulio Ciccone con il suo 25simo posto a 6’36”. Ma c’è un risvolto ancora più de­primente: abbiamo centrato il peggior risultato degli ultimi 75 anni (solo nel 1950 ancora peggio, si ritirarono tutti, ma fu una cosa troppo particolare).

Lo dico senza tanti giri di parole, sicuro di frustrare tante aspettative e tanti sogni di futuribili ct convinti di cambiare l’andazzo da così a così: per come sia­mo messi, io nuovo presidente risparmierei un ingaggio e darei un gettone in più a Mar­co Villa, chiedendogli lo straordinario per mettere in­sieme i meno peggio e fare la nostra sfilata agli Europei e ai Mondiali, senza chiedergli chissà quali risultati. Sono si­curo che non andrebbe peggio delle ultime spedizioni (anche perché peggio è impossibile).

Altro che storie, questa del Ct è una falsa questione.
Diciamo meglio: è una faccenda minuscola e secondaria, vista l’epoca fosca in cui siamo precipitati. Molto più delicata e im­portante è invece la scelta del nuovo presidente. Ci piaccia o no, qualsiasi cosa discende dal manico. E se non discende dal manico, nel senso che la combina un suo collaboratore, è ancora peggio, perchè significa che il manico sceglie persone sbagliate, non solo, neppure le controlla (personalmente non sopporto il capo che si salva dicendo non lo sapevo: il capo è capo sempre, anche quando deve assumersi la responsabilità dei suoi uomini, altro che cadere dalle nu­vole).

Per chi votare? Io non voto, ma sicuramente voterei per il candidato che vuole ripartire dai fondamentali, dalla pratica di base, bambina e adulta
: per me il primo fondamentale è abolire quella porcata ignobile che è la pista “ciclo-pedonale”, la madre di tutte le sciagure per chi voglia pedalare decentemente. Serve solo a sciacquare le coscienze di sindaci e assessori che non sono mai saliti in bici, ma più ancora a mettere gli uni contro gli altri due generi di italiani, da una parte i gitanti a piedi – pensionati col cane, mammine col passeggino, marciatori vari – e noialtri ciclisti seri o semiseri, quelli senza cestini sul manubrio e borse della spesa, gente comunque sportiva, gente del movimento, per capirci. Se vuoi fare una pista per i ciclisti, la chiami ciclabile e basta, un luogo dove chi comincia e chi continua a pedalare possa andare via sicuro e libero come il vento. Eccetera eccetera.

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Detto questo, qui mi fermo. Spero – ma do­vrebbe sperarlo l’agonizzante ciclismo italiano – che nelle prossime settimane occupiamo il nostro tempo a inventarci qualche idea, non certo a trastullarci col toto-Ct. C’è ben altro in ballo. Stiamo bene attenti. Se non si parte con la ristrutturazione, presto il Ct servirà soltanto a guidare la nazionale inutile di uno sport che non esiste più.

da tuttoBICI di dicembre



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