rivedere i limiti ai PFAS per acque potabili

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“Le attività di monitoraggio devono essere ampliate per fornire maggiori informazioni su una più vasta gamma di PFAS in un’area geografica più ampia”. Secondo l’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) non abbiamo conoscenze sufficienti sulla diffusione dei PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche, note anche come forever chemicals) nelle acque europee. Ma le informazioni che abbiamo indicano “la necessità di rivedere i limiti dei PFAS nella Direttiva sulle acque potabili”. Queste richieste sono state avanzate in un recente briefing (“PFAS pollution in European waters”) che traccia un primo bilancio sui dati relativi ai PFAS inviati all’Agenzia dai Paesi Ue.

L’UE ha adottato misure per affrontare l’inquinamento da PFAS, tra cui l’inclusione del PFOS (acido perfluoroottansulfonico, possibile cancerogeno per l’uomo) nell’elenco delle sostanze prioritarie ai sensi della Direttiva Quadro sulle Acque; e l’adozione di standard di qualità ambientale (SQA) per proteggere la salute umana e l’ambiente.

Secondo la Direttiva quadro sulle acque, infatti, dal 2021 gli Stati membri sono tenuti a monitorare una serie di sostanze prioritarie nelle acque superficiali, tra cui appunto l’acido perfluoroottansulfonico. Gli SQA per i PFOS sono attualmente pari a 0,65 nanogrammi per litro (ng PFOS/l) per le acque interne di superficie, 0,13ng PFOS/l per le acque di transizione, costiere e territoriali e 9,1 microgrammi di PFOS per chilogrammo (μg PFOS/kg) di peso umido per il biota (pesce).

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La presenza di PFOS

Prima di riferire i risultati del lavoro dell’AEA (qui una mappa), qualifichiamo questi risultati con le parole della stessa agenzia: “È difficile trarre conclusioni sulla misura in cui i valori soglia regolamentari vengono superati in Europa e la tendenza nel tempo non è attualmente chiara”. Un giudizio, “dovuto alle incertezze dei dati comunicati, alla qualità dei dati e alla copertura geografica, oltre che al numero crescente di risultati. Anche la granularità dei dati riportati varia a seconda dei Paesi e delle regioni”.

Insomma i risultati ottenuti con le analisi svolte dai 27 Paesi, che racconteremo poco sotto, non sono sufficienti né sufficientemente affidabili per descrivere il contesto europeo della contaminazione da PFOS (peraltro, una delle molecole che si conoscono meglio e sulle quali sono disponibili più campionamenti. “Tuttavia – aggiunge l’AEA – si può concludere con sicurezza che un numero significativo di siti di monitoraggio dell’UE è sotto pressione a causa dell’inquinamento da PFOS”.

Vediamo allora questi dati. Ricordando intanto che gli standard qualitativi sono stati stabiliti per i PFOS sia nell’acqua che nel biota, e gli Stati membri possono scegliere se monitorare l’acqua, il biota o entrambi. Nel periodo 2010-2022, “quasi tutti i campioni analizzati provenivano dalla matrice acqua (in media il 98% dei campioni), con pochissime analisi effettuate su sedimenti e biota”. Un primo esempio della parzialità delle informazioni dati.

A livello UE, le acque costiere superano gli SQA per le concentrazioni medie annue di PFOS in proporzione maggiore rispetto agli altri corpi idrici: 100% di superamenti nel 2018 (ma si trattava di soli sei siti), 68% nel 2019 (su 28 siti), 47% nel 2020 (su 75 siti), 86% nel 2021 (su 49 siti) e 73% nel 2022 (su 80 siti). Per i fiumi, i valori sono stabili con circa il 50-60% dei siti (su un totale compreso tra 386 e 1.097) che superano annualmente gli SQA nel periodo considerato. Per i laghi, i superamenti sono generalmente in aumento, dall’11% nel 2018 (su 28 siti) al 35% nel 2022 (su 150 siti).

Questi dati “indicano che il perfluorottano sulfonato (PFOS) è diffuso in tutte le acque europee, spesso superando i livelli di soglia regolamentari fissati per evitare potenziali rischi per la salute umana e l’ambiente”, afferma l’AEA.

I dati nazionali

“I diversi sforzi di monitoraggio intrapresi da ciascun Paese spiegano la variabilità dei risultati e quindi la nostra attuale comprensione della distribuzione geografica della contaminazione”, avverte l’AEA. Nel complesso, il numero di Paesi che svolgono attività di monitoraggio, il numero di campioni prelevati, il numero di siti di monitoraggio inclusi e le matrici analizzate sono tutti aumentati nel periodo 2010-2022: “Ciò indica una migliore copertura territoriale dei dati e un maggiore sforzo di monitoraggio”. La Francia e l’Italia hanno riportato il maggior numero di campioni. Nel 2022, 14 Paesi hanno riportato dati di monitoraggio per i PFOS nelle acque superficiali. In Belgio, Francia e Islanda, il 100% dei corpi idrici segnalati ha superato gli SQA. Nei Paesi Bassi, il 96% dei corpi idrici ha superato gli SQA, mentre in Germania la percentuale è stata dell’83%. In Italia, il 54% dei siti ha superato gli SQA. Cinque Paesi hanno riferito che meno del 20% dei siti ha superato gli SQA: Spagna (18%), Irlanda (6%), Polonia (5%), Croazia (5%) ed Estonia (2%). Bulgaria, Lettonia e Montenegro non hanno avuto siti che hanno superato gli SQA per i PFOS.

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Rivedere i limiti per le acque potabili e allargare l’elenco dei PFAS monitorati

Inizialmente solo alcuni composti del gruppo dei PFAS erano fonte di preoccupazione per le autorità di regolamentazione: principalmente PFOS e PFOA. “Tuttavia, c’è una crescente preoccupazione per gli effetti nocivi di tutti i composti del gruppo PFAS, compresa una crescente evidenza che i composti meno studiati possano avere impatti negativi simili”. I dati raccolti e la consapevolezza della loro parzialità portano l’agenzia a chiedere un’estensione dei monitoraggi ad includere più sostanze e più siti, e un adeguamento dei limiti della direttiva sulle acque potabili: “Queste evidenze supportano l’attuale proposta della Direttiva quadro sulle acque di ampliare l’elenco delle sostanze prioritarie per includere 24 PFAS specifici e la necessità di rivedere i limiti dei PFAS nella Direttiva sulle acque potabili”.

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Foto: Canva

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PFAS e microplastiche

Negli stessi giorni in cui l’Agenzia europea per l’ambiente rende noti i risultati della sua analisi, uno studio pubblicato da ricercatori e ricercatrici dell’Università di Birmingham su Environmental Pollution evidenzia ulteriori rischi legati alla diffusione dei composti sostanze per- e polifluoroalchilici: l’esposizione combinata a PFAS e microplastiche provoca effetti tossici sinergici, aggravando i danni alla salute rispetto all’esposizione a ciascuna sostanza singolarmente.

Lo studio ha esposto pulci d’acqua a miscele di queste sostanze, osservando effetti più gravi rispetto all’esposizione individuale, tra cui riduzione dei tassi di natalità, maturazione sessuale ritardata e crescita stentata. Questo indica che l’interazione tra PFAS e microplastiche amplifica la loro tossicità.

Fenomeno che solleva preoccupazioni poiché gli esseri umani sono costantemente esposti a entrambe le sostanze, mentre le normative tendono a valutarle separatamente. I risultati “sottolineano la necessità critica di comprendere gli impatti delle miscele chimiche sulla fauna selvatica e sulla salute umana”, scrivono gli autori dello studio.

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