«La crescita del Mezzogiorno fa bene all’Europa»

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Parla in un videomessaggio da Bruxelles il vicepresidente vicario della Commissione Ue Raffaele Fitto e rafforza il senso dell’evento organizzato a Napoli dalla Fondazione La Malfa, dall’Unione Industriali e dall’Abi, lAssociazione bancaria italiana, e coordinato dal direttore del Mattino Roberto Napoletano. «Il Mezzogiorno motore della ripresa dell’Italia ma anche dell’Europa», dice l’ex ministro sottolineando che l’accelerazione del Sud in questi anni sia un fattore importante anche per l’UE, «consapevole ormai che va superata la cosiddetta trappola dello sviluppo», ovvero l’incapacità di un territorio di performare allo stesso livello del Paese in cui è collocata e, appunto, dell’Europa. Fitto ricorda molte delle frecce all’arco del Mezzogiorno, il +1,3 del Pil 2023, il +2,5% dell’occupazione, il +50% degli investimenti pubblici, l’impatto del 16% della spesa pubblica per incentivi in un’area che storicamente assorbe meno le risorse. E ribadisce che «Pnrr e risorse della coesione sono allineate con il Piano di Bilancio», ovvero non creano squilibri ai conti pubblici, così come «la Zes unica ha creato un ambiente favorevole agli investimenti». Il Sud più competitivo non fa dimenticare però che la strada per ridurre il divario è ancora lunga: l’ex ministro italiano indica nella ricerca e nell’innovazione la vera sfida che ora attende gli investitori del Sud e nel Sud, in attesa di capire (ma Fitto non ne parla) se il termine del 2026 verrà confermato per la scadenza del Pnrr o ci sarà una proroga, come da più parti si chiede (è di questo avviso, ad esempio, il presidente dell’Unione Industriali di Napoli Costanzo Jannotti Pecci, come ha spiegato).

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LE CIFRE

Di sicuro a questa e ad altre importanti opportunità il Mezzogiorno arriva con le pile cariche. Lo dimostra anche l’annuale aggiornamento della Fondazione Ugo La Malfa sulle medie imprese del Sud: il fatturato nel 2023, spiega il presidente Giorgio La Malfa, ha registrato un incremento del 2,7% contro il calo del 3,6% delle altre aree ma sono soprattutto i numeri relativi alla produttività a dare la misura di questa crescita. «Tra il 2013 e il 2022 spiega La Malfa le medie imprese del Mezzogiorno hanno conseguito un maggiore incremento della produttività rispetto a quello delle medie imprese del resto del Paese (33,4% contro 29,1%) e registrato un minore amento del costo del lavoro pro capite (+5,9% rispetto a +13,3%)». Nel decennio, inoltre, la competitività è cresciuta di 26 punti percentuali. È vero che le medie imprese al Sud sono numericamente più poche ma è pur vero che il loro incremento negli ultimi anni è risultato più consistente delle altre aree. Un dato che nella decima edizione del Rapporto della Fondazione viene fuori con una certa evidenza.

Di sicuro non giunge inatteso a chi, come il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, è stato tra i primi a sottolineare, dati bancari alla mano e non solo, il cambio di passo del Mezzogiorno. Anche ieri ne arriva la conferma attraverso l’aggiornamento del mercato del credito al Sud: a ottobre scorso, la discesa dell’erogazione dei prestiti, comune a tutto il Paese (-2,2% sullo stesso mese del 2023) è stata più contenuta nel Mezzogiorno (-1,1%); i depositi in totale sono cresciuti più della meda Italia (2,6% contro 2,5%) e s avvicina sempre di più la forbice sulle sofferenze creditizie tra Sud (3,2%) e media nazionale (1,9%). Patuelli smentisce anche la percezione di una presunta desertificazione degli sportelli bancari, soprattutto al Sud: «Nel 1989, prima cioè della liberalizzazione degli sportelli, se ne contavano 3.788, oggi siamo a 4.871».

INVESTIMENTI PRIVATI

Nessun dubbio per il presidente dell’Abi sul fatto che certi problemi, come la lentezza della giustizia, o l’approccio ancora timido da parte delle imprese alla transizione 5.0, rallentino ancora la marcia del Mezzogiorno. Ma la strada è tracciata, dice il banchiere, secondo il quale l’Ires premiale è necessaria ad accelerare gli investimenti privati. Il richiamo è all’esperienza dell’Ace che aveva incentivato il risparmio investito, una misura che andrebbe rilanciata, dice Patuelli, perché «è questo il momento di investire dal momento che la stagione dei tassi zero molto difficilmente tornerà». In effetti, proprio nelle ultime ore l’Euribor ha toccato il suo minimo storico a 2,87, e domani dovrebbe arrivare un nuovo taglio del tasso Bce, molto probabilmente di un altro 0,50. «Ecco perché non si può aspettare ad investire dice Patuelli -: lo spread con i bund tedeschi è all’1,07%, e lItalia che produce va molto meglio della Germania che rischia invece molto anche per via della sua intrinseca rigidità». In ogni caso, dice Jannotti Pecci, il futuro del Sud passa anche per una politica industriale finalmente europea, un tema che proprio la presenza di Fitto al vertice della Commissione Ue rende particolarmente credibile.





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