La Corte Penale Internazionale e il mandato d’arresto di Netanyahu – Alessandria Today Italia News Media

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Giuseppe Ciardullo
LA CORTE PENALE INTERNAZIONALE, I DIRITTI UMANI E IL MANDATO DI ARRESTO PER BENJAMIN NETANYAHU: LE IPOCRISIE DELLO STATO ITALIANO E DEGLI STATI LEVIATANO.
INTRODUZIONE
La Corte Penale Internazionale (CPI)[1] ha emesso giovedì 21 novembre mandati di arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, il suo ex ministro della Difesa Yoav Gallant e i leader di Hamas.

Accusati crimini di guerra e crimini contro l’umanità per la guerra a Gaza, vengono dichiarati ricercati a livello internazionale e rischiano di essere arrestati se viaggiano all’estero.

Per i due rappresentanti del Governo Israeliano, Karim Khan procuratore generale del Tribunale aveva richiesto i mandati di arresto a maggio, affermando che c’erano ragionevoli motivi per ritenere che Netanyahu e Gallant avessero responsabilità penali per aver “intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di oggetti indispensabili alla sua sopravvivenza“.

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Forte è stata la reazione sia da parte di Israele che dai paesi occidentali, che nella sostanza accusano la CPI di aver emesso una sentenza “politica”, non a caso l’ufficio di Benjamin Netanyahu ha descritto la sentenza come “assurda e falsa menzogna” e ha detto che la Corte è un “organo politico di parte e discriminatorio” guidato da un procuratore “corrotto” e da giudici spinti “dall’odio antisemita verso Israele”.

Altri paesi occidentali pur con accenti più o meno marcati parrebbe abbiano sposato questa tesi, facendo emergere chiari intenti di delegittimazione della Corte stessa.

Gli Stati Uniti maggior sostenitore dello stato di Israele, sono stati chiari sul fatto che la Corte penale internazionale non ha giurisdizione su questa vicenda, mentre in realtà avendo la Palestina riconosciuto la CPI, questa ha pieno titolo per intervenire giuridicamente su quei territori.

Michael Waltz futuro Consigliere per la sicurezza nazionale della subentrante amministrazione Trump ,oltre ad anticipare che “a gennaio, quando Trump entrerà in carica, potrete aspettarvi una forte risposta al pregiudizio antisemita della Corte penale internazionale e delle Nazioni Unite“, aggiungendo che la “CPI non ha alcuna credibilità” .

L’ungherese Viktor Orban definisce “scandalosa” la sentenza e ha assicurato l’immunità del proprio paese a Netanyahu, sulla stessa linea parrebbe il vice premier italiano Salvini che dichiara “Conto di incontrare presto esponenti del governo israeliano e se Netanyahu venisse in Italia sarebbe il benvenuto. I criminali di guerra sono altri”

L’accusa alla CPI di “agire politicamente”, di fatto risulta utilizzata in modo contraddittorio e interessato dagli stati, si pensi a quanto favorevolmente è stata accolta la sentenza emessa nei confronti del Presidente della Russia Vladimir Putin accusato dello stesso reato di “Crimini contro l’umanità”, ed è in questo che semmai è ravvisabile una finalizzata lettura politica.

La CPI, ma in genere tutte le Corti Internazionali[2] che agiscono in materia di difesa dei Diritti Umani, non giudicano su basi politiche, operano con criteri universali “super partes” applicando rigorose e condivise norme. Trattasi di norme che tradotte nel consuetudinario Diritto Internazionale dagli organi che la Comunità degli Stati si è volontariamente data, rappresentano l’unica effettiva garanzia atta ad accertare e sanzionare gli stati che si rendono protagonisti di pratiche disumane, in tempo di pace come in tempo di guerra.

I Giudici applicano quindi norme condivise e si ispirano al rispetto di principi universalmente riconosciuti, all’insegna di un’assoluta apoliticità nei loro giudizi.

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Che lettura va quindi data a questa accusa di azione strumentale, politicizzata e di parte rivolta alla CPI? Quale credibilità va riconosciuta agli Stati che di queste accuse sono portatori?

Attraverso l’analisi di una storica sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 23 febbraio2016 – Ricorso n. 44883/09 – Causa Nasr e Ghali vs Italia. Un pronunciamento che proprio sul piano del Diritto Internazionale vigente ci riporta sul tema, una magistrale sentenza che ha inteso contrastare l’utilizzo improprio del principio di Sovranità e del Diritto Riservato; strumenti attraverso i quali dopo gli attentati alle Torri Gemelle del 2001 si è inaugurata una stagione che parrebbe mettere in discussione la tutela dei Diritti Umani e la legislazione ad essi collegata. Una Normativa che faticosamente si è costruita negli ultimi ottant’anni, ma che registra un l’emergere di una tendenza al recupero di quella parte di Sovranità a cui con l’adesione e ratifica alle Convenzioni Internazionali gli Stati nazionali si sono impegnati a rinunciare.

A seguito degli attentati dell’11 settembre 2001, con il crollo delle “Torri Gemelle”, gli USA dichiararono la “Guerra totale al terrorismo” nell’ambito della quale furono adottati strumenti Radicali. Uno di questi furono le c.d. “consegne straordinarie” (estraordinary rendition) ossia la cattura e il trasferimento extra giudiziale di persone da uno Stato ad un altro, detenute e sottoposte ad interrogatori al di fuori di un contesto legale, e sottoposti a trattamenti di tortura, inumani e degradanti.

Il presupposto teorico ha alla base una forzatura del Diritto interno ed Internazionale da parte degli USA, l’idea è che, mentre è vietato torturare un individuo nel territorio USA, il Diritto americano ed il diritto Internazionale consentirebbero invece, al Presidente degli USA o ad Agenti da lui designati, di far torturare all’ estero un individuo, questo a condizione che egli sia uno straniero, e al fine di estrarre da lui informazioni. In questo caso non sarebbero applicabili i Trattati che vietano la tortura ed altre violazioni dei diritti umani, in particolare “il Patto delle Nazioni Unite sui diritti civili” e la “Convenzione contro la tortura e altri trattamenti inumani o degradanti, punizioni crudeli” di cui gli USA sono parte, dato che il loro ambito sarebbe limitato al territorio interno degli USA.

Oggetto del presente articolato è quindi la sentenza della Corte EDU, IV Sezione, Nasr e Ghali contro Italia, sent.23 febbraio 2016 ric. 44883/09, meglio conosciuta come il caso Abu Omar.

La sentenza si riferisce al rapimento del ricorrente Osama Mustafa Nasr, rapito e trasferito illegalmente in una prigione egiziana in cui fu sottoposto a tortura e a trattamenti inumani e degradanti. Il ricorrente, unitamente alla consorte, Nabira Ghani, anch’essa ricorrente, lamenta diverse violazioni della CEDU fondate dagli articoli 3, 5, 6, 8, 13, chiamando in causa lo Stato Italiano, avendo avuto il rapimento esecuzione nel territorio italiano ad opera di Agenti statunitensi supportati da Agenti italiani. Il ricorrente lamenta di essere poi stato trasferito nella base militare USA di Aviano e, da lì, tradotto in una prigione situata in Egitto, luogo in cui fu sottoposto a segreta detenzione, tortura e maltrattamenti. La Corte darà accoglimento alle richieste dei ricorrenti, con sentenza unanime, affermerà che vi è stata la violazione degli obblighi “di natura sostanziale” scaturenti dagli articoli 3, 5 e 8 CEDU. Condannerà l’Italia ravvisando la violazione degli obblighi di “natura procedurale” contraria all’art.3, sottolineando in particolare come l’esercizio di poteri diversi, (segreto di Stato da quello giudiziario), in questo caso del segreto di Stato esercitato dal potere esecutivo, un minaccioso convitato di pietra, una condizionante situazione che in tutta la vicenda si è presentata improvvisa e, accompagnando costantemente il processo, ha di fatto finito con l’inficiare il lavoro degli inquirenti e vanificare l’azione delle Corti interne italiane, rendendo concretamente inutili i giudizi a cui queste erano pervenute.

2.0 RICOSTRUZIONE DEI FATTI

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Osama Mustafa Nasr, detto “Abu Omar” è un cittadino egiziano accolto in Italia in qualità di “rifugiato politico”. Il 17 febbraio 2003 a Milano fu aggredito per strada, picchiato e coperto da un passamontagna, portato alla Base di Aviano con un aereo, fu trasferito e consegnato alla polizia egiziana. In Egitto, sottoposto a regime di detenzione in celle di pochi metri, prive di finestre, acqua e servizi igienici, fu esposto al freddo invernale ed alle calure estive, malnutrito e senza possibilità di lavarsi o fruire di servizi. Lamenta di essere stato sottoposto ad interrogatori con maltrattamenti fisici e psicologici, violenze che hanno portato a danni permanenti. Liberato nel 2004 avvisò telefonicamente la moglie raccontandole fatti e circostanze.

Nuovamente arrestato dalla polizia egiziana e sottoposto ad una carcerazione in regime di isolamento in base alla Legge antiterrorismo egiziana, fu, in seguito, definitivamente scarcerato nel 2007. A seguito della denuncia di scomparsa presentata dalla moglie nel 2003, la Procura della Repubblica di Milano avviò le indagini che nel 2006 vide portati alla sbarra, accusati di rapimento, 35 persone tra i quali 26 Agenti dell’Intelligence americana.

Gli inquirenti accertarono l’azione congiunta tra Agenti USA della CIA e italiani del SISMI. La sede del Servizio segreto italiano fu perquisita e furono acquisiti importanti documenti. In questa fase e neppure durante l’inchiesta fu invocato il segreto di Stato, la cui apposizione avvenne nel corso del dibattimento, prima con la Presidenza del Consiglio, e con il Ministero della Difesa in seguito, dando conferma che certuni documenti erano stati dichiarati segreto di Stato e quindi non utilizzabili. In altri documenti, le parti coperte dal segreto di Stato, erano inoltre state cancellate.

Il Governo italiano, già in fase delle indagini preliminari, dichiarò che non avrebbe richiesto l’estradizione degli Agenti USA implicati nel sequestro, confermando tali propositi non dando seguito ai mandati di cattura emessi dalla Procura di Milano.

Dichiarò che gli Agenti operarono su basi personali e quindi in azioni non riconducibili a disposizioni del Governo o dei Servizi di Intelligence dello Stato.

3.0 PERCORSO PROCESSUALE INTERNO

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Il processo, celebrato a Milano, accertava la responsabilità per il reato di sequestro di persona pluriaggravato nei confronti di 23 cittadini statunitensi e 2 italiani. Altri 3 cittadini americani erano stati dichiarati coperti dall’immunità diplomatica e 2 italiani, il Maresciallo Pironi e il giornalista Farina, rei confessi, venivano condannati con pene pattuite fruenti della condizionale e di una multa pecuniaria. Il processo, dopo il rinvio a giudizio del 5/12/2006, ebbe inizio con l’udienza preliminare del 9 gennaio 2007, ma già il 14 febbraio 2007 si sollevò “il conflitto di attribuzione” di fronte alla Corte Costituzionale che fu il primo di 5 diversi ricorsi alla Corte Costituzionale.

Vi era inoltre già in itinere un “ricorso incidentale” avverso il P.d.C.M. da parte del Giudice per le indagini preliminari del 29/05/2007 all’atto della costituzione, del conflitto relativo al rinvio a giudizio dei 33 imputati.

Seguirono quindi una serie di sentenze che hanno costellato l’intera vicenda.

a-Sentenza della Corte Costituzionale n.106/2009 dell’11/03/2009

Risolvendo tutti i conflitti la Corte ribadì l’opposizione del segreto di Stato da parte del P.d. C.M.” non può aver l’effetto di impedire che il Pubblico Ministero indaghi sui fatti di reato cui si riferisce la notizia criminis in suo possesso, ed eserciti, se nel caso, l’azione penale, ma solo quello di inibire l’Autorità giudiziaria di acquisire e quindi di utilizzare elementi di prova coperti dal segreto”.

“E’ escluso ….qualsiasi forma di Sindacato Giurisdizionale, non solo sull’An ma anche sul Quomodo del potere di secretazione, atteso che il giudizio sui mezzi idonei e necessari per garantire la sicurezza dello Stato ha natura squisitamente politica e quindi, mentre è connaturale agli Organi e alle Autorità politiche preposte alla sua tutela, certamente non è consono alle attività del Giudice”.

Quindi la Corte, rimettendosi alla valutazione del Giudice, in ordine all’utilizzabilità o meno delle prove, precisò che le documentazioni potevano essere utilizzate purchè contenenti gli omissis, che non potevano utilizzarsi, fatti e circostanze attinenti alle relazioni tra i servizi di Intelligence italiani e quelli con Stati stranieri.

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……”Che in ogni caso l’Autorità non potrà, per le proprie determinazioni, utilizzare elementi conoscitivi risultanti coperti dal segreto di Stato, proprio laddove, in qualche modo, investano direttamente o indirettamente il tema delle Relazioni intercorse tra i Servizi di Intelligence italiano e quelli stranieri”.

b-Sentenza 4 novembre 2009 del Tribunale Monocratico di Milano

Ripreso il Processo, che era stato sospeso in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale, il Tribunale Monocratico in data 04/11/2009 formula il giudizio per cui:

• Condanna i 23 cittadini americani per sequestro di persona a pene che vanno dai 5 ai 7 anni.

• Condanna 2 funzionari del Sismi per favoreggiamento personale con pena di anni 3 di

Reclusione.

• Dichiara il non doversi a procedere nei confronti di 3 funzionari americani perché coperti

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Dall’immunità Diplomatica secondo l’art.39 Convenzione di Vienna del 18/04/1961.

• Dichiara il non doversi procedere nei confronti di 5 agenti del Sismi perché le prove ad essi

attinenti sono coperte da segreto di Stato.

• Ordina una provvisionale di un milione di euro al ricorrente e cinquecentomila euro alla

ricorrente quale risarcimento da definire in separata sede.

c-Sentenza Corte d’Appello di Milano 15/12/2010

• Diede conferma, riducendone la pena, dei 2 agenti italiani condannati per favoreggiamento.

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• Confermò il non doversi procedere nei confronti dei 5 agenti del Sismi accusati di concorso

in rapimento ma coperti dal segreto di Stato.

Contro la pronuncia del non luogo a procedere contro i 5 agenti del Sismi, da parte della Procura, fu elevato ricorso in Cassazione che si pronunciò con Sentenza 46340/12 del 19/09/2012.

d- Sentenza Corte di Cassazione n. 46340/12 Sezione V Penale del 19/09/2012.

La Corte annullò la sentenza sul non luogo a procedere nei confronti dei 5 agenti del Sismi in ragione del segreto di Stato, disponendo un nuovo giudizio.

e- Sentenza Corte di Appello di Milano Sezione III, 01/02/2013

La Corte, relativamente al giudizio separato disposto dalla Corte d’Appello di Milano con sentenza del 15/12/2010 accoglie il ricorso del Pubblico Ministero dichiarando non operante l’immunità diplomatica e condannando i 3 funzionari statunitensi a pene tra i 6 e i 7 anni di reclusione, motivando che il reato di sequestro di persona e di tortura sono in contrasto con il diritto nazionale e con il diritto internazionale relativo ai diritti dell’uomo.

f- Ricorso 09/02/2013 del Presidente del Consiglio dei Ministri Monti

Il Governo italiano, il 09/02/2013 Presidente del Consiglio Monti, sollevò ricorso per “Conflitto di attribuzione nei confronti della Corte di Cassazione, Sezione V Penale”

g- Sentenza 12/02/2013 Sezione IV Corte d’Appello di Milano

A seguito del processo di rinvio, disposto con sentenza del 19/09/2012,condanna 5 agenti del Sismi, in precedenza esclusi dal procedimento, a pene tra i 6 ed i 10 anni di reclusione. Tutti gli imputati ricorsero in Cassazione.

h- Ricorso 24/05/2013 del Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta

Il Governo, tramite il Presidente del Consiglio dei Ministri, eleva ricorso per conflitto di attribuzione tra i Poteri dello Stato avverso la Sentenza della Corte di Appello di Milano del 12/02/2013.

i-Sentenza Corte Costituzionale n. 24 del 13/02/2014

La Corte, ribadendo il potere discrezionale del Presidente del Consiglio dei Ministri, in ambito del segreto di Stato, riconosce che tale arbitrarietà può rappresentare un impedimento, un limite all’attività giudiziaria, dice però che “Non potrebbe scorgersi alcuna antimonia con i concorrenti principi costituzionali, proprio perché un tale esito, previsto dalla Legge, non è altro che il portato della già evidenziata preminenza dell’interesse della sicurezza nazionale alla cui salvaguardia il segreto di Stato è preordinato, rispetto alle esigenze dell’accertamento giurisdizionale[3]”.

Di fatto, la Corte Costituzionale chiarisce il conflitto di competenza condannando quello che definisce un tentativo dell’autorità giudiziaria di sostituirsi all’autorità politica nel determinare quanto costituisce oggetto il segreto di Stato.

In ragione di tale sentenza la Corte di Cassazione con sentenza 20447 del 24/02/2014 procedette ad annullare, senza rinvio.

Per quanto concerne gli Agenti dei Servizi statunitensi, che erano ricorsi in Appello, con sentenza dell’11/03/2014 la Corte di Cassazione confermò la condanna respingendo la tesi difensiva secondo cui i “Trasferimenti extragiudiziari” erano legittimi e obbligatori secondo quanto previsto nel “Patriot Act”.

4.0 IL PERCORSO PROCEDURALE DELLA CEDU

Le sentenze dei Giudici italiani che accertarono la responsabilità degli Agenti condannati rimasero di fatto lettera morta, inficiate dalla pronuncia della Corte Costituzionale del 13/02/2014 e, soprattutto, dal comportamento omissivo delle Autorità italiane relativamente all’esecuzione delle pene, omissione che diede origine al ricorso presso la CEDU n. 44883/09 avverso la Repubblica italiana ad opera dei signori Osama Mustafa Nasr e Nabila Ghali, ricorso accessibile ai sensi dell’Art.34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

La CEDU, dopo aver proceduto all’analisi in diritto richiamando le Legislazioni degli Stati Uniti d’America, dell’Italia nonché le Convenzioni Internazionali, le risoluzioni e i rapporti di possibile attinenza all’oggetto del ricorso, al fine di pronunciare un giudizio di ammissibilità dello stesso valuta in via procedurale le richieste di accertamento di diverse violazioni fondate sugli Art.3,5,6,8, e 13 della Convenzione, pesando le ragioni delle Parti.

In analisi di fatto ricostruisce i fatti, cause e contesto, per come già descritto al paragrafo 2 di questo articolato .

Sulle eccezioni preliminari:

il Governo ritiene che il ricorso vada respinto in ragione del mancato esaurimento delle vie di ricorso interne (Art.35, parag.1 CEDU) non avendo i ricorrenti dato seguito ad un’azione di recupero del risarcimento riconosciuto in fase di giudizio.

I ricorrenti sostengono di non aver potuto procedere in tal senso in ragione dell’applicazione del segreto di Stato che ha prosciolto gli Agenti del Sismi, e per la latitanza degli Agenti USA che, pur condannati, risultavano protetti e inattaccabili dalla immunità degli USA

La Corte, pertanto, respinge le eccezioni del Governo affermando che “un ricorso è effettivo quando, sia in teoria che in pratica, è disponibile ………quando è accessibile e può offrire la riparazione delle violazioni ………presentando ragionevoli prospettive di successo”.

Richiama anche la Sentenza della Corte Costituzionale 106/2009 per cui gli Agenti italiani, in virtù della sopravvenuta Legge 124/2007 e Art.261 C.P. non potevano essere neppure interrogati in qualità di imputati e che questo principio avrebbe potuto essere opponibile anche in fase di processo civile finalizzato all’ottenimento di un risarcimento economico.

I risarcimenti nei confronti degli Agenti USA, non sono esercitabili in quanto irreperibili e latitanti e per i quali il Governo italiano non ha esercitato la richiesta di estradizione nonostante i mandati di arresto europeo.

La Corte, quindi, tenuto conto dell’atteggiamento delle Autorità italiane che hanno “compromesso e annientato” le possibilità dei ricorrenti di ottenere i risarcimenti dalle persone responsabili, riconosce che il Governo non ha presentato argomenti convincenti per dimostrare che i ricorrenti potessero realmente ottenere il risarcimento, di conseguenza rigetta l’eccezione del Governo.

La Corte ricorda che, nella valutazione degli elementi di prova, applica il criterio della prova “al di là di ogni ragionevole dubbio” e che lo scopo è l’accertare la responsabilità degli Stati contrenti la Convenzione. Sulla scorta delle risultanze delle inchieste, documentate e non smentite dal Governo italiano, delle condanne di 26 Agenti USA a pene detentive e a provvisionali di risarcimento, della partecipazione al sequestro di un Carabiniere e delle sue confessioni non coperte dal segreto di Stato in cui ha dichiarato l’operazione concordata tra CIA e SISMI, e per tale partecipazione condannato in via definitiva ad anni 1 e mesi 9 di reclusione, le dichiarazioni di altri Agenti Sismi ed intercettazioni telefoniche che hanno ampliamente documentato l’implicazione degli Agenti italiani e del Sismi nelle cosiddette “operazioni di consegna straordinaria” facendo osservare che le informazioni sul sequestro e sull’implicazione degli Agenti erano state ampiamente diffuse a mezzo stampa prima che fosse invocato il segreto di Stato dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

Alla luce dei fatti e delle risultanze degli Atti, la Corte rammenta che nell’ambito del Procedimento innanzi ad essa, non esistono ostacoli procedurali sull’ammissibilità di elementi di prova e che essa adotta le conclusioni che a suo parere, sono provate dalla libera valutazione di tutti gli elementi di prova.

I fatti sono stati ricostruiti da parte dei Giudici nazionali e non smentiti o contestati dal Governo per cui si ammette che il ricorrente è stato rapito in Italia in presenza di un Carabiniere italiano, che al momento del sequestro rientrava nella giurisdizione italiana.

L’aereo che trasportò il ricorrente in Egitto decollò da Aviano sorvolando lo spazio aereo italiano, inoltre che, in un’operazione così complessa, predisposta dai Servizi Segreti statunitensi non poteva aver luogo senza che i Servizi italiani ne fossero informati o complici.

La Corte ritiene accertata la consapevolezza che il ricorrente fosse vittima di una “consegna straordinaria” e che le prove e le deduzioni del ricorrente, addotte nel fascicolo, sono “convincenti ed accertati oltre ogni ragionevole dubbio”.

La Corte infine, esaminate le eccezioni preliminari poste dal Governo italiano e tutte le ragioni addotte dalle parti, rigetta la richiesta italiana dichiarando ricevibile il ricorso, riconoscendo ammissibile al giudizio l’impianto prodotto dai ricorrenti

5.0 LE ARGOMENTAZIONI DELLE PARTI

5.01 Il Ricorrente:

Denuncia i maltrattamenti subiti a Milano al momento del sequestro, la mancata adozione da parte delle Autorità italiane di idonee misure atte ad evitare il sequestro, l’arbitraria privazione della libertà nonchè il trasferimento in Egitto con tutti i maltrattamenti subiti durante la detenzione in quel paese. Di questo ritiene responsabile il Governo italiano perché avrebbero intenzionalmente permesso il suo rapimento, senza inoltre contemperare la possibilità che in Egitto, paese da cui era fuggito e per cui aveva ottenuto lo status di “Rifugiato politico”, potesse essere sottoposto a regime di tortura.

Contesta all’Italia il di non aver impedito il suo sequestro pur essendo a conoscenza delle pratiche della CIA e del rischio di trattamenti contrari alla Convenzione. Denuncia quindi il reato di tortura, e invocando la violazione degli art.3 e 6 parag. 1 della CEDU , motivandole con l’insufficienza delle indagini nazionali, e l’assenza del reato di tortura nell’ordinamento italiano, assenza per la quale l’art. 3 diventa strumento indispensabile per l’accertamento della verità. I Ricorrenti sottolineano come le Autorità italiane, nonostante le prove, abbiano non condannato gli agenti del SISMI apponendo il segreto di stato, vanificando così le prove a conoscenza dei giudici, degli inquirenti e della stessa stampa.

Denunciano l’evidente condotta del Potere Esecutivo volta ad impedire l’emergere delle responsabilità penali. In tal senso va interpretata l’estensione del segreto di stato su tutti gli elementi di prova, sia quelli relativi alla sicurezza dello stato, che quelli riguardanti le condotte criminali individuali. Osservano inoltre che gli agenti americani condannati in contumacia non sono mai stati oggetto di richieste di estradizione, inficiando concretamente la possibilità dei Ricorrenti di ottenere sia le provvisionali accordate dai giudici nazionali che la possibilità di adire per un completo risarcimento in un giudizio separato.

5.02 Il Governo Italiano:

Nega implicazioni delle Autorità italiane nell’intera vicenda del sequestro, sostiene che gli Agenti della CIA hanno agito a sua insaputa, e che l’aeroporto di Aviano pur in territorio italiano, a seguito degli accordi internazionali opera sotto giurisdizione USA.

Sostiene che il processo in Italia ha accertato la responsabilità e portato alla condanna degli Agenti Usa e di un solo Carabiniere Italiano che avrebbe però agito, come del resto gli altri Agenti del Sismi imputati a puro titolo personale.

Il Governo nega quindi che l’applicazione del segreto di stato abbia pregiudicato l’effettività dell’inchiesta, sostiene che lo stato abbia soddisfatto tutti gli obblighi relativi ad un’indagine indipendente, imparziale ed approfondita; un’ indagine che ha consentito ai Giudici di accertare la verità e le responsabilità tradotte in sentenze di condanna, sia sul piano penale che del riconoscimento risarcitorio. Sostiene inoltre che l’apposizione del segreto di stato, oltre che necessaria fosse misura legittima, risultando peraltro acclarata dalle sentenze della Corte Costituzionale. Giustifica la mancata richiesta di estradizione degli agenti americani condannati, ricordando che tutti i soggetti fruirono delle riduzioni di pena in ragione della Legge 241 del 31 Luglio 2006 conosciuta come “Indulto”. Tale beneficio con le riduzioni applicate, avrebbe portato le pene definitive a quattro anni, quindi al di sotto della quota necessaria, fissata dal Ministro di Giustizia per le richieste di estradizione.

Ricorda infine che contro gli imputati era stato emesso un ordine di arresto internazionale e che quindi non siano stati posti ostacoli alla loro ricerca ed arresto.

6.0 LA SENTENZA

Dopo aver esaminato le ragioni addotte dai ricorrenti e dal Governo italiano, la Corte rigetta tutte le eccezioni sollevate dall’Autorità italiana, aderendo alla ricostruzione dei fatti per come emersi dalle indagini e dai giudizi dei Magistrati italiani. Ribadisce che il segreto di Stato, apposto dal Governo italiano, non impedirà alla Corte stessa di valutare tutto il materiale probatorio prodotto nel ricorso che dichiara ammissibile.

Con decisione unanime condanna l’Italia per la violazione sostanziale degli Art.3,5,e 8 della Convenzione rilevando che il sequestro di Abu Omar, essendosi svolto in presenza di un Carabiniere ed essendo stato predisposto da Alti Funzionari della Cia, non avrebbe potuto aver luogo senza che i Servizi di Intelligence italiani e le Autorità dello Stato ne fossero a conoscenza o senza che ne fossero consenzienti.

La Corte Rileva la responsabilità dello Stato per gli atti che si realizzano sul proprio territorio da agenti stranieri se vi è tacita o formale approvazione[4].

Secondo giurisprudenza consolidata osserva inoltre che la decisione di inviare un individuo verso un paese in cui corre il rischio di subire tortura, viola l’art. 3 CEDU e configura la responsabilità dello stato parte della Convenzione[5].

Condanna anche, sul piano formale, per violazione dell’Art.3 laddove rileva che a differenza di altri casi di “extraordinary rendition” la Magistratura italiana ha reso una puntuale ricostruzione dei fatti e delle responsabilità. Da questo, la Corte individua due profili di violazione: il primo nell’annullamento delle condanne agli Agenti del Sismi seguite ai pronunciamenti della Corte Costituzionale e il secondo dall’inattività del Governo italiano nel rendere fattivamente esecutiva la condanna degli Agenti americani, assicurandoli alla Giustizia. “L’obbligo procedurale, dice la Corte, non risulta assolto solo per aver compiuto indagini ed aver pronunciato sentenze di condanna, occorre che si realizzi l’effettiva esecuzione di queste sentenze”. Quando si ravvisano impedimenti dalle Autorità statali si configura la violazione dell’obbligo dettato dall’Art.3. Dagli elementi addotti nel fascicolo emerge, in maniera chiara, la violazione dell’Art.3 da parte di tre Poteri dello Stato italiano:

-Il Governo, che ha utilizzato il segreto di Stato in modo inopportuno.

-La Corte Costituzionale, che tale uso ha legittimato con due sentenze.

-Il Presidente della Repubblica, che attraverso la concessione della grazia agli imputati, ha consentito ai responsabili di sottrarsi al provvedimento di condanna.

L’Art.3 della Convenzione sancisce uno dei valori fondamentali della Società democratica, non prevede eccezioni nella sua applicazione, e la Convenzione provvede a rafforzarlo con l’Art. 15 che, oltre a negare deroghe alle disposizioni contenute, le esclude anche in presenza di un pericolo che minacci la Nazione[6].

La Corte conclude osservando che, nonostante il prezioso lavoro di Magistratura ed Inquirenti italiani che hanno permesso di individuare e condannare i colpevoli, le pene sono rimaste prive di effetti a causa dell’opposizione del segreto di Stato.

La trama dei comportamenti delle Autorità italiane, contradditori, ambigui, hanno costretto Giudici e Consulta ad un difficile compito interpretativo e se ne trova conferma nelle azioni convergenti del Governo, della Corte Costituzionale e dal Presidente della Repubblica.

In conclusione un risibile risarcimento viene riconosciuto ai ricorrenti da parte dello Stato italiano che tuttavia, per l’inattività italiana, rimarrà privo di effetto.

7.0 CONCLUSIONI

Tutti gli sforzi fatti per ricercare la verità si sono prodotti nella sostanziale impunità di tutti i responsabili di questa vicenda, una vicenda nata in un contesto internazionale complesso, ricco di conflitti, e generatore di frequenti e sistematiche violazioni sia dei diritti umani , che delle convenzioni che li regolano. La CEDU, ha emesso una condanna nei confronti dell’Italia per le gravi violazioni dei diritti umani commesse, ha giudicato che l’Italia abbia considerevolmente infranto il diritto universale alla libertà e alla sicurezza personale, oltre al divieto assoluto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti, ed ha stabilito che l’Italia ha gravemente violato anche il diritto al rispetto della vita privata

Le motivazioni della sentenza nel caso Abu Omar sono state basate su una serie estensiva e approfondita di fattori, la Corte ha dedicato un’analisi accurata alle prove presentate, valutando con attenzione le numerose violazioni dei diritti umani commesse nel caso in questione, ha inoltre preso in considerazione non solo l’aspetto legale, ma anche l’impatto umano e sociale delle azioni commesse nel caso Abu Omar. L’obiettivo principale della Corte è stato quello di garantire giustizia e riparazione per le vittime, nonché di ribadire con forza, e in qualche modo anche diffondere il rispetto per i diritti umani in tutto il mondo, e per far questo La CEDU si è avvalsa non solo delle disposizioni presenti nel sistema legale nazionale ed internazionale, ma ha anche fatto ricorso a principi fondamentali dei diritti umani come cardine delle sue argomentazioni. La sentenza osteggia il Segreto di Stato e il Diritto Riservato, due strumenti che gli stati parrebbe vogliano utilizzare con fini di contrasto all’esercizio dei diritti umani.

In tal senso oggi il Presidente USA ha definito “Oltraggiosa”[7] la decisione del Procuratore della Corte Penale Internazionale di richiedere un mandato d’arresto per “crimini contro l’umanità” contro il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu; e il suo Segretario di Stato, rincarando la dose ha parlato di “scelta vergognosa[8]”. Ancora più grave al Congresso lo Speaker Mike Johnson, dichiarando che “Se all’ICC[9] è consentito minacciare i leader israeliani, domani potrebbe attaccare i nostri”[10], ha dato il via ai lavori parlamentari sulle sanzioni per una legge, atta a colpire la Corte Penale Internazionale! Una proposta dalla quale la Casa Bianca dichiarando uno stato di “monitoraggio e contatto con il Congresso” non si è in sostanza dissociata.

Parrebbe in corso una forma di limitazione, forsanche il tentativo di recupero della quota di potere che a partire dal 1946 in un lento, progressivo e mai scontato avanzamento, gli Stati hanno dovuto cedere alle Convenzioni Internazionali quote di sovranità in tema di difesa dei diritti umani. Gli elementi, i segnali di questa inversione di tendenza esercitati con cinismo, anche a costo di generare conflitti istituzionali o fratture sociali sono molti, preoccupanti, e in crescita. Li ritroviamo in Italia nella questione Migranti con la sprezzante, disumana pratica di assegnare un “place of safety” solo alle navi umanitarie e in porti sempre più lontani dai luoghi di soccorso, una pratica finalizzata a scoraggiare l’attività di salvataggio delle ONG e allontanarle dal Mediterraneo. Ma vi sono anche nei 2 incredibili progetti di legge giacenti in Parlamento per l’abolizione della legge sulla tortura del 2017. Si riscontra un più ampio e generale attacco verso i diritti come fa notare Valerie Hyer capogruppo di Renew Europe[11] al Parlamento Europeo: “Quando vedo gli emendamenti presentati dai parlamentari del partito di Meloni che propongono il carcere per i giornalisti…..provvedimenti per far entrare i militanti antiabortisti nei consultori….circolari per non far riconoscere i figli delle famiglie omogenitoriali ……credo che sia una minaccia reale della libertà e ai diritti…..sono attacchi che mettono in discussione lo Stato di Diritto”[12].

Parliamo tuttavia di politiche frequenti, ravvisabili anche in altri Stati in Europa- comuni negli effetti di certi sovranismi o nell’idea di stato di diritto di talune «Democrature»[13] ( Polonia, Ungheria) , nel prolificare dei «muri», negli effetti della guerra in Ukraina con l’adozione di un «Doppio Standard» in fatto di accoglienza in relazione alla direttiva 55/2001. Direttiva spesso invocata in altre guerre ma che solo per l’accoglienza ai rifugiati ukraini ha visto sorgere rapidamente un nuovo  sistema in cui l’inclusione risulta facilitata e ricca, con ingenti fondi messi a disposizione. La crisi Ukraina ha messo in evidenza l’ipocrisia degli stati occidentali, che hanno reagito con forza all’aggressione russa ma hanno condonato, o ne sono stati complici ,a gravi violazioni dei diritti umani altrove. Ultimi in ordine di tempo Palestina e Gaza, ma come attesta il “Rapporto 2022-2023 sulla situazione dei Diritti Umani” di Amnesty International, anche in molte altre aree del pianeta per cui si evince una tendenza regressiva in materia di Diritti Umani , accompagnata da una pervasiva azione degli “Stati Leviatano” atta a privilegiare gli interessi nazionali anche a dispetto dei pronunciamenti della CEDU e delle altre Corti Internazionali. Scrive in proposito Domenico Quirico su B. Netanyahu, un ricercato per crimini di guerra invitato a parlare al Congresso usa, che: “C’è da riflettere su quanto valgano le corti penali planetarie e il loro impotente diritto internazionale”[14]

Ecco perché pur con il suo parziale risultato, la sentenza sul caso Abu Omar, e la Corte Edu che l’ha pronunciata continuano ad essere, unitamente ad altre istituzioni internazionali dedicate, una certezza un baluardo irrinunciabile, nella difesa di quei diritti.

Le Corti internazionali e tra queste la CEDU sono strumenti di tutela altamente avanzati in materia di Diritti Umani, sorvegliano il rispetto degli impegni che gli Stati si sono assunti ratificandone i trattati. Istituiscono irrinunciabili meccanismi di controllo nella persecuzione dei crimini di tortura e dei trattamenti inumani o degradanti; la loro azione supera i confini degli Stati, e sono dotate di automatismi permanenti che consentono ad ogni individuo di richiedere la tutela dei Diritti, previsti e garantiti dalle convenzioni stesse.

Sono strumenti unici e allo stato fondamentali e, pur con tutti i limiti e compromessi a cui a volte sottostanno, rappresentano l’universalità dei diritti. Le Corti sono il fattore decisivo per poterli esigere, particolarmente in un contesto internazionale come quello attuale, in cui si tende ad indebolirle con un conflitto il cui livello è accertato, anche dall’azione degli Stati permanenti nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che con il loro “Potere di Veto” perseguono i loro interessi e non pongono i diritti umani al primo posto, venendo meno alle speranze di popoli e persone che gli stati si sono impegnati a proteggere.

Diritto Internazionale Benedetto Conforti e Massimo Iovine Editoriale la Scientifica SrL 2021 pag 511 [… .] nel 1988 è stata istituita la Corte Penale Internazionale , prima autorità giurisdizionale a carattere permanente competente a giudicare, ai sensi dell’art.5 del suo statuto, gli individui responsabili dei “crimini internazionali più gravi, motivo di allarme per l’intera comunità internazionale. [… .] la Corte è stata creata con un accordo internazionale ( lo Statuto di Roma) adottato nel 1998 da un’apposita Conferenza di Stati, ed aperto alla firma e alla ratifica di tutti gli Stati. ↑
Altre Corti deputate alla tutela dei Diritti Dell’Uomo: CGUE Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Corte EDU Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Corte Interamericana dei Diritti dell’Uomo, Corti Africane dei Diritti dell’Uomo ↑
Nota In senso analogo sentenza della Corte Costituzionale 106/2009) ↑
Sentenza CEDU 2004 VII nr. 48787/99 ↑
Soering vs Regno Unito 7/07/1989 CEDU nr. 14038/88 ↑
Selmouni vs. Francia n.25803/94 CEDU 1999 V Sezione ↑
Alberto Simoni “La Stampa” 21-05-24 pag.3 ↑
Ivi pag.3 ↑
International Criminal Court ↑
Ivi pag.3 ↑
Renew Europe è un gruppo politico liberale al Parlamento europeo ↑
“La Stampa”24-05-24 pag. 13 ↑
Regime politico improntato alle regole formali della democrazia, ma ispirato nei comportamenti a un autoritarismo sostanziale.  ↑
“La Stampa “ 03-06-24 pag.13 ↑

La Corte Penale Internazionale e il mandato d’arresto di Netanyahu




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