Brescia medaglia d’oro della sostituzione etnica, Castelletti professionista dell’odio

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Non si fermano le polemiche suscitate dal corteo di matrice neofascista che, venerdì sera, ha attraversato le vie di Brescia, attirando circa 500 persone legate a gruppi della cosiddetta “Brescia identitaria”. Durante la manifestazione, i partecipanti hanno scandito frasi come “Brescia è nostra e ci appartiene”, ribadendo un messaggio nazionalista e identitario. Tra i gruppi presenti si segnalano Brescia ai Bresciani, CasaPound, Comunità Militante Brescia, Nazionalisti Camuni, Rete dei Patrioti e Veneto Fronte Skinhead.

L’evento ha suscitato reazioni contrastanti in città, riaccendendo il dibattito sull’attività di questi movimenti estremisti e sulle tensioni sociali. Ad aprire la polemica è stato l’onorevole bresciano Alfredo Bazoli, capogruppo del Pd in commissione Giustizia in Senato. Bazoli ha definito la manifestazione “una vera e propria provocazione per una città civile e democratica, ferita da una strage neofascista 50 anni fa. È intollerabile e preoccupante che questi gruppuscoli di estremisti rialzino la testa, sfidando a viso aperto le forze democratiche del paese”.

Alle critiche di Bazoli si sono poi aggiunte anche quelle di Anpi, Cgil, Pd, Azione e della sindaca Castelletti, che così ha commentato: “In una città medaglia d’argento alla Resistenza, che ancora ha impressa la ferita della strage neofascista di piazza Loggia, è grave che questi estremisti decidano di organizzare una manifestazione contro una società multirazziale, urlando slogan terribili e usando impropriamente, senza aver chiesto alcuna autorizzazione che mai sarebbe stata data, lo stemma del Comune, cosa per la quale ho già chiesto l’intervento della civica avvocatura. Brescia ha dimostrato di avere poco da spartire con queste persone”.

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La risposta delle sigle neofasciste non si è fatta attendere. Nella notte è stato appeso uno striscione in via Corsica, all’incrocio con via Togni, in cui si legge: “Brescia medaglia d’oro della sostituzione etnica”. A questo slogan delirante, in linea con le teorie più farsesche del complottismo trumpiano, è seguito anche un comunicato: 

In risposta alla scomposta reazione della sinistra istituzionale, le forze identitarie bresciane respingono al mittente ogni accusa e rilanciano annunciando ulteriori iniziative nelle prossime settimane. In particolare, è doverosa la replica al senatore piddino, Alfredo Bazoli, e al sindaco della città, Laura Castelletti: il primo, che occupa gli scranni del parlamento dal 2013, nonostante sia stato lautamente stipendiato dai contribuenti italiani, non ha mai fatto nulla di concreto o memorabile per Brescia; la seconda, che siede in consiglio comunale fin dal 1991, è una tra gli artefici, ed oggi ancora più colpevole nelle vesti di sindaco, della situazione tragica in cui versa la nostra città. Entrambi, nelle loro note stampa da poco diffuse, cercano di sfruttare la memoria delle vittime della bomba di Piazza Loggia del 28 Maggio 1974, accostando – senza alcuna logica – fatti storici avvenuti 50 anni fa e su cui i veri mandanti non sono mai stati trovati, con una manifestazione politica di attualità. Con la scusa dell’antifascismo, evidentemente l’unica argomentazione rimasta ad una sinistra sempre più borghese e distante dal popolo, cercano di insabbiare la situazione di degrado e insicurezza in cui versa la nostra città. Sindaco e senatore ci accusano di veicolare messaggi d’odio: la verità è che gli unici veri professionisti dell’odio sono loro. Un odio politico nei nostri confronti, poiché ancora una volta abbiamo sbattuto loro in faccia la realtà del fallimento della società multirazziale, ma soprattutto un odio sociale verso i cittadini bresciani – specialmente quelli delle periferie e dei quartieri popolari – costretti a subire forzatamente il degrado e l’illegalità derivanti dall’immigrazione di massa. Altro che civile convivenza: il futuro dei bresciani è proiettato verso la sostituzione etnica e la violenza delle bande multietniche. Noi vogliamo invertire la rotta, prima che sia troppo tardi! Il “mal di pancia” di questi politicanti non ci fermerà di certo e anzi, grazie ad una sempre più forte unione delle forze identitarie, la battaglia per riprenderci la nostra amata città è soltanto iniziata.

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