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Permessi 104: il datore non decide le ore di assistenza. Un’ordinanza della Corte di Cassazione sui permessi previsti dalla Legge n. 104/1992 ha chiarito che l’assistenza non deve necessariamente coincidere con le ore di lavoro da cui il dipendente è esentato e delimita, quindi, i confini dell’abuso del diritto. Vediamo nel dettaglio. – Scopri le nostre guide complete su invalidità, Legge 104 e pensione anticipata.

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Permessi 104: il datore non decide le ore di assistenza

I giudici della Cassazione civile, sezione lavoro, nella sentenza numero 26514 dell’11 ottobre 2024, hanno stabilito che non è compito del datore di lavoro controllare come e in quali orari il dipendente assiste il familiare disabile, quando usufruisce dei permessi previsti dalla Legge n. 104/1992, art. 33, comma 3.

I fatti

Ecco i fatti in sintesi.

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  • Un lavoratore era stato licenziato dal suo datore di lavoro perché, secondo l’azienda, non aveva utilizzato in modo corretto i permessi per assistere la madre invalida (permessi previsti dalla Legge n. 104/1992).
  • In primo grado, il Tribunale di Palermo aveva annullato il licenziamento e ordinato di reintegrare il lavoratore, riconoscendogli anche un risarcimento danni.
  • In secondo grado, la Corte d’Appello di Palermo aveva invece dato ragione all’azienda, confermando la validità del licenziamento.
  • Il lavoratore ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione.

Cosa dicono le leggi citate

  • Legge n. 104/1992, art. 33, comma 3: prevede che il lavoratore dipendente (pubblico o privato) ha diritto a 3 giorni di permesso retribuito al mese per assistere un familiare disabile in situazione di gravità. Questi permessi servono per garantire l’assistenza al disabile, ma la legge non spiega in dettaglio come questa assistenza debba essere fornita.
  • Codice Civile (artt. 2087, 2119), Legge n. 604/1966, Legge n. 300/1970 (artt. 7, 18): queste norme regolano la correttezza dei licenziamenti e le tutele del lavoratore, ma per il caso specifico interessano soprattutto le modalità con cui un licenziamento disciplinare può essere considerato giustificato o meno.
  • Codice di Procedura Civile (artt. 115 e 116): si riferisce alle regole sulla valutazione delle prove nel processo civile.

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Cosa ha deciso la Corte di Cassazione

La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello non ha valutato correttamente la situazione. I giudici di secondo grado avevano considerato un abuso il fatto che il lavoratore non avesse fornito l’assistenza esattamente nelle ore in cui avrebbe dovuto lavorare (cioè nel suo turno), senza tener conto che:

  1. Il lavoratore aveva chiesto i permessi per l’intera giornata, senza sapere in anticipo quale sarebbe stato il turno di lavoro.
  2. L’assistenza non deve essere per forza svolta solo durante l’orario in cui sarebbe stato al lavoro. L’importante è che, in quella giornata, il lavoratore dedichi il proprio tempo prevalentemente alla cura del familiare disabile.

La Cassazione ha precisato che:

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  • I permessi ex L. 104/1992, art. 33, comma 3, sono riconosciuti su base giornaliera, non oraria. Il lavoratore non è obbligato a fornire l’assistenza solo nelle stesse ore in cui avrebbe lavorato. Può organizzarsi come meglio crede all’interno di tutta la giornata.
  • Il datore di lavoro non può imporre come, dove e quando prestare l’assistenza. Può però contestare e punire eventuali abusi, per esempio se il lavoratore utilizza quel tempo per attività completamente diverse e non ha dedicato la giornata ad assistere il familiare disabile.
  • Perché ci sia un abuso, deve essere chiaro che il lavoratore ha usato i permessi per scopi totalmente estranei all’assistenza, non basta che l’assistenza non coincida in modo preciso con il turno di lavoro.

In conclusione, la Cassazione ha annullato la decisione della Corte d’Appello di Palermo e ha rimandato la questione ai giudici di secondo grado, affinché valutino nuovamente il caso tenendo presente che l’assistenza può essere fornita liberamente durante tutta la giornata coperta dal permesso.

Permessi 104 il datore non decide le ore di assistenzaPermessi 104 il datore non decide le ore di assistenza
Nell’immagine, un datore di lavoro controlla le ore di permesso 104 di un suo dipendente.

FAQ (domande e risposte sui permessi legge 104)

Un lavoratore disabile può assistere un altro disabile?

Un lavoratore con disabilità grave che beneficia della legge 104 per sé stesso può anche assistere un familiare con disabilità grave. Questo consente al lavoratore di beneficiare di entrambi i tipi di permessi: quelli previsti per i lavoratori disabili (due ore al giorno o tre giorni al mese) e quelli previsti per i caregiver (tre giorni al mese). In pratica, il lavoratore potrebbe utilizzare fino a sei giorni di permesso al mese o due ore al giorno più tre giorni interi. L’INPS ha chiarito che non è necessario alcun parere medico-legale per attestare la capacità del lavoratore disabile di assistere il familiare disabile.

Cosa succede ai giorni di permesso non utilizzati?

I giorni di permesso non utilizzati in un mese non possono essere recuperati nel mese successivo. La normativa non prevede la possibilità di accumulare i permessi, quindi i giorni non goduti vengono persi.

Il datore di lavoro può negare i permessi legge 104?

No, il datore di lavoro non può negare i permessi legge 104 al lavoratore che ne ha diritto. Tuttavia, la modalità di fruizione dei permessi è concordata tra le parti, sia nel settore pubblico che privato.

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I conviventi di fatto possono usufruire dei permessi legge 104?

Sì, i conviventi di fatto possono beneficiare dei permessi legge 104, ma con alcune limitazioni rispetto ai coniugi e alle coppie unite civilmente. Possono usufruire dei permessi solo per assistere l’altro convivente e non i parenti o affini di quest’ultimo, poiché non viene riconosciuto il rapporto di affinità. Questa disparità di trattamento deriva dal fatto che la convivenza di fatto non è ancora un istituto giuridico pienamente riconosciuto.

È possibile usufruire dei permessi legge 104 per assistere un amico?

La legge non contempla la figura dell’amico come beneficiario dei permessi legge 104. Tuttavia, la circolare INPS numero 38 del 2017 definisce la convivenza di fatto come un legame affettivo stabile di coppia e di reciproca assistenza, senza specificare la natura del legame. Questa definizione lascia intendere che un’amicizia profonda con convivenza potrebbe essere considerata valida per richiedere i benefici. Tuttavia, la questione non è esplicitamente chiarita dalla normativa e potrebbe essere soggetta a interpretazioni.

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