Cent’anni di Solitudine, la serie Netflix da guardare adesso

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“Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio.” Con quest’incipit si apre il magico racconto di Gabriel García Márquez e anche il trailer dell’omonima serie tv Netflix che è uscita l’11 dicembre 2024, Cent’anni di Solitudine.

La serie è suddivisa in due parti, di cui Netflix ha rilasciato finora solo la prima, composta da otto episodi della durata di circa un’ora ciascuno. La regia è stata affidata ad Alex García López e Laura Mora, che hanno alternato il lavoro. Mora ha sottolineato più volte la difficoltà ma anche l’importanza di portare sullo schermo questa storia: “È stato un onore e un sfida lavorare su […] Cent’anni di solitudine, cercando sempre di cogliere la differenza tra il linguaggio letterario e quello audiovisivo.” Il prodotto finale rispecchia le parole della regista: la struttura del libro è mantenuta integralmente, portando con rispetto e sapienza le descrizioni, i personaggi e la vivacità delle parole di Márquez.

Cent’anni di solitudine, il destino della stirpe Buendía

Due gitani si recano a Macondo con un carretto trainato da un asino, scena di Cent’anni di solitudine.

Seguendo la trama di Cent’anni di solitudine in ordine cronologico, la storia si apre con l’amore tra Úrsula Iguarán e José Arcadio Buendía. Essendo cugini, i due decidono di lasciare il loro villaggio e fondare una nuova comunità per vivere la loro relazione senza ostacoli. Durante il viaggio, José ha la visione di una splendida città e, spinto da questo sogno, si ferma nel cuore della giungla per fondare Macondo.

Il villaggio sembra isolato dal resto del mondo fino all’arrivo dei gitani. In questa occasione, José Arcadio, ormai padre (il figlio, anch’egli chiamato José Arcadio, dà avvio alla caratteristica confusione tra i nomi della famiglia Buendía), incontra Melquíades, una figura misteriosa che diventerà il suo maestro di alchimia. Nel frattempo nasce Aureliano, il secondogenito. Mentre José Arcadio si dedica con crescente entusiasmo alla scienza e alle invenzioni, Úrsula si assume il ruolo di guida della famiglia per sostenere le necessità della casa.

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José Arcadio (figlio) sperimenta per la prima volta l’amore, cercando gli affetti dell’amica di famiglia Pilar Ternera. Aureliano invece lega sempre di più con le passioni del padre e inizia a rinchiudersi anche lui nel piccolo studio a fare esperimenti. La famiglia Buendía si espande con la nascita di Amaranta, la terza figlia. Arriva inaspettatamente Rebeca (che verrà poi adottata dalla famiglia) una timorosa bambina proveniente da lontano. Infine ritorna sulla soglia di casa Buendía Pilar Ternera, portando con sé il figlio avuto dalla relazione con José Arcadio: il bambino, Arcadio, sarà cresciuto senza sapere la verità sui suoi genitori.

Tra i nuovi arrivati a Macondo vi è anche il progesso. La tecnologia in Cent’anni di solitudine fa il suo ingresso come una magica novella, incarnata dal blocco di ghiaccio mostrato dai gitani. Poi diventa frutto dell’ingegno e della modernità, come il pianoforte automatico costruito dal nostrano Pietro Crespi, che anima le serate in casa Buendía. Infine arriva il governo, forza esterna con cui José Arcadio e poi Aureliano lotteranno imperterriti. Il futuro di Macondo e dei Buendía, quando le case con i tetti di paglia vengono sostituite dai saloni da ballo, diventa incerto.

Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica, costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente che molte cose erano prive di nome e per citarle bisognava indicarle col dito.

Josè Arcadio senior è nel giardino interno della casa legato al gigantesco castagno a causa della sua pazziaJosè Arcadio senior è nel giardino interno della casa legato al gigantesco castagno a causa della sua pazzia

Cent’anni di solitudine è uno dei maggiori esponenti della corrente letteraria del realismo magico. Questo stile si distingue per la fusione tra elementi profondamente radicati nella realtà e altri appartenenti al mondo della fantasia, come la magia o il ritorno dalla morte. Le storie raccontate da Cent’anni di Solitudine risultano universali: noi tutti possiamo riconoscerci nei personaggi che abitano le pagine del romanzo. Esperienze come il primo amore, i conflitti tra fratelli o il duro lavoro per garantire dignità alla propria famiglia sono temi che parlano a chiunque. L’ambientazione, ispirata al paesaggio dell’America Latina precoloniale, arricchisce ulteriormente il romanzo, conferendogli un’atmosfera di purezza e atemporalità, come se gli eventi si collocassero al confine tra realtà e leggenda.

La complessità di Cent’anni di solitudine, che rappresenta anche la sua straordinaria bellezza, risiede nella stratificazione narrativa. Ogni personaggio porta con sé una vicenda unica e le molteplici storie si intrecciano creando un mosaico ricco e variegato, spaziando dall’intimità delle relazioni amorose alle grandi questioni politiche. Inoltre, il romanzo alterna continuamente analessi e prolessi, rendendo impossibile una ricostruzione lineare degli eventi senza perdersi nei dettagli.

Altro elemento stilistico del libro, fedelmente preservato nella serie, è la voce narrante che offre anticipazioni sul destino dei personaggi. Conoscendo già il finale delle vicende, il piacere della lettura risulta paradossalmente amplificato: il lettore è invitato a concentrarsi sul come la narrazione giunga a tali conclusioni. Questo meccanismo aumenta la volontà di empatizzare con i personaggi, rendendo il viaggio attraverso le loro vite coinvolgente e dinamico.

Cent’anni di Solitudine dal libro allo schermo

Josè Arcadio e Ursula la loro notte di nozza si baciano appassionatamente vicino al fuoco mentre il gruppo di amici di Josè Arcadio ride e festeggiaJosè Arcadio e Ursula la loro notte di nozza si baciano appassionatamente vicino al fuoco mentre il gruppo di amici di Josè Arcadio ride e festeggia

Netflix ha acquisito i diritti di Cent’anni di solitudine nel 2019, appena cinque anni dopo la morte di Gabriel García Márquez, che fino al suo ultimo respiro aveva proibito ogni adattamento cinematografico della sua opera. Tuttavia, il colosso dello streaming è riuscito ad aggirare questo divieto non con astuzia, ma con un profondo rispetto per l’opera: i figli dello scrittore sono stati coinvolti come produttori esecutivi. I due hanno richiesto che la serie fosse girata in Colombia, con attori locali che recitassero in spagnolo, mantenendo così la fedeltà al libro.

Per decenni, nostro padre è stato riluttante a concedere i diritti cinematografici di Cien Años de Soledad, perché credeva che fosse impossibile realizzarlo entro le limitazioni di tempo di un film o che, producendolo in una lingua diversa dallo spagnolo, non gli si sarebbe reso giustizia.” Netflix sembra quindi il responsabile ideale di un tale progetto: la piattaforma, dopotutto, ha fatto della serialità un prodotto non più commerciale, ma anche d’autore (Better Call Saul, Peaky Blinders), e ha finalmente fatto superare “la barriera dei sottotitoli alti 1 pollice” rendendo la visione di contenuti in lingue straniere accessibile a un pubblico globale.

C’è anche da dire che alcuni fan del libro erano preoccupati del possibile risultato: sebbene Netflix abbia adattato in precedenza prodotti con successo (The Witcher, Arcane) negli ultimi tempi alcune serie e film hanno lasciato a desiderare i fan delle opere originali, come l’ultima stagione di The Umbrella Academy o l’adattamento in live action di Avatar: La leggenda di Aang. Eppure, Netflix ha trovato il giusto equilibrio con Cent’anni di solitudine, ottenendo il consenso quasi unanime da parte dei fan del romanzo e l’approvazione da parte della stampa.

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Josè Arcadio (padre, al centro) mostra al figlio di 10 anni Aureliano (a sinistra) il blocco di ghiaccio portato dai gitani come descritto nell'incipit di Cent'anni di solitudine. Sullo sondo (a destra) un titubante Josè Arcadio (figlio)Josè Arcadio (padre, al centro) mostra al figlio di 10 anni Aureliano (a sinistra) il blocco di ghiaccio portato dai gitani come descritto nell'incipit di Cent'anni di solitudine. Sullo sondo (a destra) un titubante Josè Arcadio (figlio)

La produzione della serie di Cent’anni di solitudine è stata monumentale: oltre a girare direttamente on location, la cittadina di Macondo è stata portata alla luce dal lavoro di più di 1000 persone. Piuttosto che optare per la via più facile ed economica, quella del girare in uno studio con l’ausilio di schermi verdi, tutte le versioni della città, dalle capanne di paglia alle ville eleganti, sono state realizzate concretamente. Il processo di casting è durato più di un anno, cercando sia tra attori professionali che gente del luogo. Solo per le comparse vi è stato un ulteriore processo di selezione di circa 20000 persone.

La differenza tra questa serie limitata e le molte altre di Netflix è evidente nella cura dedicata a ogni aspetto, dall’adattamento alla scelta dei luoghi, che permea ogni inquadratura. La passione per l’opera di Márquez è tangibile, soprattutto nel mantenere i dialoghi originali dei personaggi, evitando di attualizzarli, come spesso accade in altre produzioni. Le tematiche di Cent’anni di solitudine sono universali, facilmente comprensibili da tutti, e vengono rappresentate in modo semplice e diretto, senza ricorrere a lunghe spiegazioni o descrizioni didascaliche.

Aureliano ormai poteva non soltanto capire, ma anche vivere come cosa propria le esperienze di suo fratello, perché una volta in cui questi spiegava con molti dettagli il meccanismo dell’amore, lo interruppe per chiedergli: “Cosa si sente?”, José Arcadio gli diede una risposta immediata: “È come una scossa di terremoto.”

Cent’anni di solitudine, racconto visivo tra storia e fantasia

Scena di funerale: le vie di Macondo  sono inondate da fiori gialli. Camminano lentamente il prete e la famiglia Buendia seguiti dalla banda che suonaScena di funerale: le vie di Macondo  sono inondate da fiori gialli. Camminano lentamente il prete e la famiglia Buendia seguiti dalla banda che suona

La messa in scena di Cent’anni di solitudine è poesia: il viaggio iniziale fatto dalla coppia di fondatori nella giungla è percepito in tutta la sua fatica; lo schermo si sporca facendo trasudare la sofferenza della costante ricerca di un luogo da chiamare casa. Arrivati a Macondo, le inquadrature degli interni creano un senso di familiarità e calore, come se lo spettatore fosse accolto nel magico focolare domestico. I momenti notturni, intrisi di segreti sussurrati e fugaci incontri d’amore, donano un’intimità proibita che lo spettatore può sbirciare appena grazie alla tenue luce tremolante delle candele.

Cent’anni di Solitudine è un prodotto sviluppato per ripetizioni e motif visivi che risultano costantemente sorprendenti. Gli specchi e le superfici riflettenti sono all’origine della storia: quando José Arcadio vede in sogno il villaggio, esso è fatto di ghiaccio. La foto di famiglia scattata da Melquíades è sviluppata su una lastra di metallo, il primo dagherrotipo. Ancora, vi è il blocco di ghiaccio che Aureliano ricorderà davanti al plotone d’esecuzione, il quale apre un’altra tematica ricorrente, l’arrivo del progresso.

La tecnologia, nella serie, arriva silenziosa, si insinua nelle case degli abitanti di Macondo come gioco, portata dai gitani nei loro spettacoli itineranti. Tuttavia, il suo arrivo segna l’inizio della rovina del villaggio: con la tecnologia giunge il governo, deciso a imporre la propria autorità su Macondo, e porta con sé gli strumenti di guerra, come fucili e cannoni. Con il telegrafo che annuncia l’esecuzione di Aureliano, Macondo viene trascinato nel caos del mondo moderno.

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La serie attinge dal romanzo non solo le trame intricate e la complessità dei personaggi, ma anche le allegorie che Márquez usa per parlare dell’America Latina del suo tempo. La fondazione di Macondo evoca la nascita della Colombia moderna, mentre la colonizzazione emerge come atto violento imposto da poteri esterni a una popolazione inerme. Le guerre civili si abbattono ferocemente su un popolo che avrebbe preferito la pace, ma si trova costretto a combattere contro un governo che non riconosce né rispetta.

Quando la città è devastata, il vento torna a soffiare a Macondo. Le folate di brezza fanno tremare i lumi delle candele, chiudono con forza le porte concedendoci un’ultimo sguardo al volto preoccupato di Úrsula. Questo vento, che ci rassegna all’attesa della seconda stagione di Cent’anni di Solitudine, altro non è che il preludio di una tempesta. Una tempesta che, volente o nolente la famiglia Buendía, un giorno spazzerà via Macondo e con essa coloro condannati a cent’anni di solitudine.

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