graziati 37 condannati a morte

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Joe Biden ha pressoché svuotato il braccio della morte del governo Usa concedendo la grazia a 37 dei 40 condannati all’esecuzione dopo una sentenza di una corte federale americana. La sentenza di tutti questi condannati sarà ora commutata nell’ergastolo senza libertà vigilata. Con questa mossa, Biden ha esercitato pressoché interamente il potere a sua disposizione per ridimensionare l’uso della pena di morte da parte del governo federale Usa.

Il presidente non ha potere di grazia sui condannati alla pena capitale dai tribunali dei vari Stati ma può esercitarlo limitatamente a coloro che affrontano casi federali, che vanno dal terrorismo all’alto tradimento passando per diverse fattispecie d’omicidio, da quelle riguardanti agenti federali o legate ai “crimini d’odio” a quelle connesse al traffico di droga, ai reati sessuali, ai dirottamenti d’auto e all’uso dei veicoli per sparatorie. Insomma, una serie ben delineata di delitti che ha prodotto negli ultimi anni diverse condanne a morte, ma un numero relativamente ridotto di esecuzioni. Sono state, per la precisione, 50 nell’ultimo mezzo secolo, nessuna delle quali durante il mandato di Biden.

Dopo una moratoria di 16 anni sulle esecuzioni federali, nel 2019 era stato Donald Trump a farle riprendere: Trump ha ridato mandato al boia federale di praticare, tramite iniezione letale, l’esecuzione di tutti i detenuti senza più ricorsi da compiere e pronti a esser giustiziati. Tra luglio 2020 e gennaio 2021, così, nel carcere di massima sicurezza di Terre Haute, Indiana, 13 detenuti sono stati uccisi per reati previsti dalla legge federale, in larga parte connessi a omicidi in presenza di abusi sessuali.

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Tre dei tredici omicidi di Stato, in particolare, sono avvenuti dopo i fatti di Capitol Hill che precedettero il passaggio di potere tra Trump e Biden. Ora, il capo di Stato uscente intende limitare l’uso del boia da parte dell’amministrazione entrante e ha deciso di rispondere all’appello di diverse Chiese, della sinistra progressista e di molti attivisti del Partito Democratico per disarmare, in buona parte, il boia. “Biden ha anche avuto una telefonata con Papa Francesco, che ha pregato questo mese affinché le condanne a morte dei detenuti federali che rischiano l’esecuzione venissero commutate”, ricorda il New York Times, ricordando che “anche i vescovi cattolici negli Stati Uniti avevano chiesto che le condanne a morte venissero commutate”.

Resteranno nel braccio della morte solo tre condannati: il suprematista bianco Dylan Roof, che nel 2015 ha sparato e ucciso 9 parrocchiani neri dentro una Chiesa a Charleston, South Carolina; Dzohkhar Tsarnaev, l’attentatore alla maratona di Boston che uccise 3 persone nel 2013; Robert D. Bowers, autore di un massacro in cui morirono 11 persone durante l’assalto a una sinagoga di Pittsburgh nel 2018.

Biden ha posto un limite tra l’omicidio e le stragi motivate politicamente o per fini terroristici nella soglia della sua grazia. Sicuramente Donald Trump, pronto a estender la pena di morte federale nelle sue applicazioni, avrà di che ridire della scelta del suo predecessore, anche considerato il fatto che quasi mai dal 2021 a oggi la procura federale degli Usa ha chiesto la pena di morte nei processi in cui è stata coinvolta. Ma può bastare un gesto del genere a cancellare una realtà che vede gli Usa tra i pochissimi Paesi ancora intenti a usare questa barbara pratica alla vigilia del 2025? La realtà è che sarebbe bene, semplicemente, se di esecuzioni non ce ne fossero in programma. E che a nessun uomo venisse data la potestà, in democrazia, di decidere della vita di un altro essere umano.

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