Come difendersi dalle fake news sull’energia

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Il professor GB Zorzoli analizza un recente rapporto del Sabin Center della Columbia University che elenca 15 false affermazioni riguardanti i parchi eolici

“La campagna dell’ANEV per diffondere sui social una corretta informazione sull’energia eolica è caratterizzata dalla felice scelta di un motto – ‘In vento veritas’ – capace di bucare lo schermo e, per singolare coincidenza, trova riscontri all’interno di un rapporto del Sabin Center della Columbia University, uscito recentemente. Il rapporto elenca infatti ben 15 false affermazioni riguardanti i parchi eolici: un numero di poco inferiore alle fake news complessivamente analizzate”. Così il professor G.B. Zorzoli sulla rivista “Il Pianeta Terra”.

IL RAPPORTO DELLA COLUMBIA UNIVERSITY SULLE FAKE NEWS

“Il fact checking – spiega Zorzoli – è molto dettagliato. Il rapporto della Columbia University contesta ciascuna affermazione falsa citando le controdeduzioni contenute in un numero rilevante di documenti pubblicati da istituzioni governative, università e centri di ricerca, mettendo a confronto anche conclusioni non completamente collimanti. Di conseguenza, alle quindici false affermazioni riguardanti la tecnologia eolica dedica una trentina di pagine.

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Peculiare nel rapporto è la scelta di non limitarsi a demolire le critiche più frequenti agli impianti eolici: occupano troppo territorio, deturpano il paesaggio, sono rumorosi, fanno strage di uccelli, provocano danni all’agricoltura, quelli offshore sono nocivi per l’ecosistema marino. Contesta anche fake news più stravaganti, come le crisi causate agli epilettici dallo sfarfallio dell’ombra creato dal movimento delle pale e l’accusa alle turbine eoliche di generare un rumore che, oltre a risultare molesto, è a bassa frequenza, per cui determina casi di insonnia tra chi vi abita vicino. È inoltre sintomatico che da un rapporto focalizzato sulle false affermazioni in circolazione negli Stati Uniti emerga la conferma della diffusione in tutto il mondo di critiche le cui radici sono evidenti”.

LE FAKE NEWS SULL’ENERGIA EOLICA E FOTOVOLTAICA

“Delle due tecnologie eolica e fotovoltaica – prosegue Zorzoli –, attualmente driver del contributo delle rinnovabili elettriche al processo di decarbonizzazione, la prima è molto più visibile e meno occultabile. Non a caso gli estensori dello studio danno rilievo alla sedicente ‘sindrome della turbina eolica’, una nuova psicopatologia  che  provocherebbe fastidio e irritazione a chi vi abita in prossimità, psicopatologia in alcune fake news addirittura definita una ‘peste industriale’.

Sarebbe però ingenuo attribuire esclusivamente alla maggiore visibilità un fenomeno le cui cause principali sono altre. Nell’analizzarle, il rapporto della Columbia University distingue tra cattiva informazione e disinformazione. La prima è un’informazione fuorviante, imprecisa o completamente falsa che viene diffusa senza l’esplicita intenzione di ingannare. La seconda è un’informazione falsa diffusa con l’intenzione di ingannare le persone. Insomma, la cattiva informazione è un inganno involontario, la disinformazione un imbroglio consapevole.

LA PROVENIENZA DELLA DISINFORMAZIONE

Non casualmente il rapporto, pur dichiarando di non avere esaminato le origini delle false affermazioni o le motivazioni di chi le ha disseminate, si concentra sulle disinformazioni, ricordando che è abbondantemente documentata la loro provenienza: per la maggior parte da organizzazioni finanziate tramite prestanome da produttori di combustibili fossili che, come scopo sociale, hanno la creazione del consenso su informazioni deliberatamente fuorvianti.

I LIMITI DEL RAPPORTO SULLE FAKE NEWS

Tuttavia, pur avendo realizzato un documento che sulla base di una massa enorme di prove mette a nudo le menzogne di una campagna in atto da tempo contro l’installazione di parchi eolici, quanti, tra i potenziali destinatari, il rapporto riuscirà a raggiungere? E, qualora ci riuscisse, difficilmente sarebbe letto con la debita attenzione, perché i non addetti ai lavori lo troverebbero troppo complicato o addirittura fastidioso e irritante alla stessa stregua della “sindrome della turbina eolica”.

“Si parva licet componere magnis”, anche chi è attivo nel settore delle rinnovabili spesso esaurisce il proprio compito di “fact checker” con interventi su media quasi sempre tradizionali e, nel contenuto, non troppo difformi dal rapporto della Columbia University. Al massimo, un certo numero di addetti ai lavori si è differenziato con interventi individuali su social media come Facebook e X, ma spesso con messaggi incapaci di bucare lo schermo, anche perché quasi sempre si tratta di persone inconsapevoli della differenza tra cattiva informazione e disinformazione. Insomma, non mancano certo le motivazioni per sostenere che, per lo meno in Italia, la campagna social organizzata dall’Anev rappresenta la prima iniziativa in grado di rispondere alle fake news sull’eolico con efficacia, perché utilizza la stessa arma di chi le diffonde”.



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