Settembre 2022, Romania, Delta del Danubio. Fa freddo, e usciti dal casone in legno montiamo sul pick-up. Ci anticipa verso la nostra destinazione, già forse comprendendo le nostre intenzioni, un’aquila. È ancora buio quando entriamo nel capanno nascosto tra dune e stoppe. I primi ad arrivare sono uccelli, via via di dimensioni maggiori. Mangiano i semi che abbiamo gettato nello spazio antistante il capanno d’osservazione. Attirati dal gradino più basso della catena alimentare, arrivano i primi piccoli mammiferi. L’orizzonte si rischiara, l’aquila attende appollaiata su un alto ramo. Appaiono, come da copione, gli sciacalli: non ne avevo mai visti prima e me ne trovo due a un metro dal vetro, intenti a litigare per un pesce. Ho solo il telefono per scattare qualche immagine veloce. Tutto si consuma in pochi minuti: il crescendo di attività lascia poi spazio a un vuoto di silenzi. Montiamo sulle imbarcazioni e attraversiamo dedali di canali e lagune, da cui si alzano migliaia di uccelli. Sembra l’Africa, ma siamo sul Delta del Danubio: Ultima Frontera, una riserva privata che confina con l’Ucraina e ospita uno spettacolo che mai ci saremmo aspettati di vedere in Europa. Il cielo si trasforma in un dipinto vivente. Il nostro cicerone è Max, un omone in mimetica con una macchina fotografica grande quanto un fucile da tiratore. Sa tutto. Con gli animali, sembra che parli.
Febbraio 2024, Norvegia, Circolo Polare Artico (da qualche parte). Siamo in una casetta di legno, accanto a delle tende Sami. Stiamo chiacchierando con un anziano allevatore di renne che vive qui nella taiga. È più curioso lui di noi e ridacchia mentre ci introduce al suo bestiame mitico come se fossimo bambini, facendoci toccare e provare (e sbagliare), divertito dalle nostre reazioni. Ci troviamo nella taiga. Siamo arrivati con una slitta trainata da cani e l’ultimo tratto lo abbiamo percorso con le ciaspole, attraversando boschi innevati in un ambiente da film vichingo. Ci spostiamo verso un luogo mitico e mistico: il Varanger, dove si bruciavano streghe, dove è nato il mito norreno e dove, durante la Seconda Guerra Mondiale, i russi erano di casa (il confine è a due passi). Qui hanno introdotto, come specie infestante, il granchio reale, grosso quanto una persona e oggi base dell’economia locale. C’è una vecchia, curiosa fabbrica di inscatolamento che esporta unicamente: tanto (tanto, tanto) verso il Giappone, che come sappiamo ha introdotto nella sua cucina il salmone norvegese solamente alla fine degli anni 80’ … già il sashimi e sushi di salmone non esistevano prima.
Non alloggiamo in un hotel, ma in un albergo diffuso. Prendiamo possesso di alcune delle case colorate del villaggio, infiltrandoci nella quotidianità dei pescatori, degli artisti e dei Sami di passaggio. Incontriamo anche personaggi provenienti da altri paesi baltici, dalla Russia e dall’ex blocco sovietico, che lavorano nella fabbrica di inscatolamento, in un’esperanto nordico di personaggi infagottati che sbuffano vapore nell’aria tersa, dietro un fiordo che si apre su una palette infinita di azzurri. Tra musei di design, street art e monumenti moderni, l’Oceano del Nord si infrange a pochi metri da questo spruzzo di colore che raccoglie storie incredibili, mescolate al silenzio e all’ampiezza desolata del Circolo Artico, che ci siamo lasciati alle spalle. Qui il cielo è verde ed emette un lontano scricchiolio, come neve masticata da un gigante. Davanti a noi le Svalbard, dove l’unico paese, circondato da appena 20 km di strade, è abitato quasi solo da orsi polari. Ci troviamo in uno spazio magico, recondito, astruso: qui luoghi e suoni assumono una qualità differente. Tutto sembra irreale: le distanze, gli odori, la luce e il vuoto che lascia. E l’aurora boreale, di una luminosità fosforescente, che non si capisce cosa sia fino a quando non la si vede.
Siamo nel cuore di uno dei progetti Skua, il sogno di Max: un progetto globale per promuovere il turismo sostenibile e la conservazione della fauna selvatica, generando impatti economici positivi per lo sviluppo di azioni di tutela. Max è nato sul campo. Insegna a università ed enti locali come gestire e catalogare spazi naturali e faune regionali. Costruisce capanni fotografici come se fossero palcoscenici da teatro. Il progetto è decollato quando un gruppo di ricercatori naturalisti, specializzati in rewilding, lo ha coinvolto per trasformare riserve naturali in destinazioni turistiche sostenibili. Oggi, grazie a fondi e collaborazioni, le attività di Skua si estendono a scenari mozzafiato come il Circolo Polare Artico, la Dehesa spagnola, il Delta del Danubio e i vigneti del Monferrato, con presto nuovi progetti in Islanda e Carelia. Questo modello virtuoso crea flussi economici per la Natura, sensibilizzando i viaggiatori sull’importanza della conservazione, non solo a livello concettuale ma anche emotivo, in maniera indelebile. Max, con la sua enciclopedica conoscenza e instancabile passione, dimostra che anche la natura europea è esotica e coinvolgente quanto quella africana o asiatica. È un divulgatore affabile, attento. Dà l’impressione di poter rimanere immobile in silenzio ad attendere lo scatto perfetto per sempre, ma risponde a qualsiasi domanda con trasporto, aprendo le chiuse di un’esperienza maturata a livello globale. Oggi il Gruppo SKUA, attraverso imporanti investitori (italiani), ha implementato il suo lavoro definendo una piattaforma cui altre iniziative possono ricorrere e dimostrando che si può avere un grande impatto nella tutela degli ecosistemi e della bioversità anche facendo impresa. L’attività permette di sostenere e implementare sforzi di conservazione attraverso collaborazioni con associazioni, istituzioni pubbliche, aree protette, proprietari terrieri privati e imprese locali per costruire riserve naturali, centri di divulgazione naturalistica e rifugi fotografici. Max, guida qualsiasi mezzo di aria di acqua e di terra, ha un’erudizione enciclopedica di qualsiasi fauna e un’aneddotica che pare ispirarsi a Wes Anderson. Una cosa su cui non avrei mai scommesso nulla. Si sbaglia sempre nella vita, ma c’è sempre anche occasione per imparare.
Il Viaggio
La meta del Varanger riserva sorprese in un paese – la Norvegia – estremamente attenzionato per i suoi fenomeni naturali. Quello che aggiunge alla narrazione è il tessuto reale della vita a queste latitudini, lontano da un flusso di turisti costante che rischia di snaturare e rendere artificiale la destinazione. È la Norvegia vera, materializzazione di un sogno fatto di spazi, silenzi ed avventura bianca.
Perché
Perchè è un’avventura in cui non manca nulla: cani da slitta e motoslitte, ciaspolate nella taiga, incontri con Sami (veri), uscite e battute insieme ai pescatori locali, la vita nei villaggi al Circolo Polare artico, il tutto sotto il cielo verde dell’Aurora, che a queste latitudini dura più a lungo ed è meglio visibile che altrove.
Come
I viaggi sono organizzati in piccoli gruppi, con partenze a date fisse o su date private, spesso accompagnate da fotografi professionisti.
Dove
Si atterra ad Ivalo (Finlandia) per entrare in Norvegia via terra. Un’avventura cui si possono aggiungere in stagione escursioni in barca per raggiungere le orche o le balene, o focalizzarsi sulle migrazioni delle numerose specie di uccelli che qui nidificano. Oltre alla Norvegia, vengono organizzate avventure sul Delta del Danubio, in Spagna, in Italia cui presto si aggiungeranno altre destinazioni come l’Islanda e la Cerelia.
Quando
Queste attività si svolgono sotto la magica luce dell’aurora, da marzo a maggio. In realtà ogni stagione ha le sue attrattive uniche, da nidificazioni, al passaggio delle orche e delle balene, all’aurora.
A chi rivolgersi
Sharewood, un giovane e vibrante tour operator di Milano. Potete trovare questo viaggio su quest’area del loro sito Web.
Dopo aver risieduto 13 anni in Cina, ha recentemente deciso di tornare in Italia, portando con sé un bagaglio di esperienze globali e uno sguardo curioso verso l’inaspettato. Consulente per tour operators di nicchia, sia italiani che internazionali, la sua carriera spazia su quattro continenti con otto lingue a bagaglio. Il suo talento nel delineare strategie e tracciare nuove rotte di viaggio, impreziosite da esperienze uniche e inusuali, lo rende un punto di riferimento per un pubblico che cerca il viaggio come atto di ricerca e autentica esplorazione.
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