L’analfabetismo digitale… cause ed effetti della tecnologia?

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Si è fatto un gran parlare nelle ultime settimane del cosiddetto analfabetismo digitale, un problema assai rilevante se si pensa che la tecnologia ormai assorbe completamente la nostra vita quotidiana. Ricordiamo che per analfabetismo digitale si intende l’incapacità delle persone di operare mediante un computer, nonché di reperire in modo corretto le informazioni su internet. Questa definizione si allarga anche ad un concetto leggermente più esteso, ossia un individuo che ignora la terminologia più comunemente usata nella comunicazione di tutti i giorni, naturalmente quella inerente il sistema multimediale. Un altro aspetto interessante che necessita di una doverosa distinzione è quella dell’analfabetismo informatico, cioè la persona che ha difficoltà sempre maggiori nell’utilizzo della tecnologia a causa dello sfrenato avanzamento della stessa. Abbiamo affrontato recentemente il tema dell’intelligenza artificiale e delle sue enormi potenzialità, unite anche ad aspetti comunque rischiosi che necessitano di un approccio cauto e consapevole. Ebbene, paradossalmente a questa importante novità, si registrano appunto dati preoccupanti sul grado di comprensione dei sistemi informatici e di un poco corretto uso della tecnologia. Insomma, siamo di fronte a situazioni diametralmente opposte che pongono, a mio avviso, alcuni quesiti essenziali: quali sono le giuste misure per un approccio consapevole alla tecnologia che regola la nostra vita? Come mai, larghe fasce di popolazione hanno difficoltà ad entrare in “empatia” con questi potentissimi mezzi che la modernità ci offre? Proviamo a capirne di più con il Prof. Mauro Bologna, già presente nella nostra rubrica e che ci aiuterà a trovare quanto meno elementi di comprensione in un mondo ancora denso di dubbi e di incertezze per moltissime persone.

Prof. Bologna, emergono dati preoccupanti riguardo l’analfabetismo digitale. Partiamo da considerazioni generali. Quali sono secondo Lei le cause?

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La causa di una mancata conoscenza è la casualità delle informazioni e la scarsa pratica di verifica e di studio collettivo ed individuale. Per conoscere argomenti complessi servono curiosità, maestri competenti e corsi ben strutturati ed orientati agli uditori (studenti), diversi di volta in volta. Essere autodidatti è, in materie complesse, non solo arduo ma soprattutto pericoloso. Essere convinti di sapere è un fenomeno diffuso, su basi non fondate. Oggi tutto viene proposto come un videogioco. Tuttavia, gli argomenti seri e complessi non possono essere ridotti soltanto a dei giochi, anche se il gioco per il bambino è fonte di apprendimento. La pedagogia ci insegna che occorre adattare i materiali proposti agli studenti in modo scientifico, ragionato, magari giocoso, ma adatto alla preparazione pregressa ed all’età dello studente.  Oggi è tutto troppo “casuale”. I temi delle esperienze digitali e dell’informatica sono complessi, enormi e largamente sconosciuti da parte di molti, anche di chi parla qui. Con opportuni approfondimenti e buoni maestri si possono colmare le lacune di conoscenza di chiunque. Ma occorre pianificazione, studio e capacità didattica.

È necessaria una prima distinzione…tra analfabetismo informatico ed analfabetismo digitale.

Qui penso esista soprattutto una differenza tra le classi d’età: adulti ed anziani non hanno vissuto l’avvento dell’informatica come un’esperienza diretta; i nativi digitali invece si. Entrambe le categorie però, per crescere e diventare abili nell’uso dell’informatica (quella che serve a ciascuno) devono studiare. E corsi idonei per ciascuno devono essere disponibili e ben strutturati. È un tema vasto che si morde la coda…

Prof. Bologna, non le appare paradossale che nell’epoca dello sviluppo sfrenato dell’intelligenza artificiale, i dati sull’analfabetismo digitale sono così allarmanti?

Concordo con lei sull’aspetto paradossale … ma è una prova che l’intelligenza artificiale non produce un aumento della cultura individuale … anzi, costituisce una forte minaccia per la cultura e per il desiderio di ricerca intellettuale individuale. Se non conosci la matematica (e le tabelline a memoria) usando sempre e solo una calcolatrice prendi per buoni i suoi risultati, senza alcuno spirito critico, e non impari nulla di matematica. Per l’intelligenza artificiale è la medesima cosa, prendi per buone le risposte fornite da un “robot” istruito da algoritmi che possono anche essere errati o ancora da perfezionare. Abbiamo affrontato questi temi in una precedente intervista, come ricorderà.  Al tempo stesso io che rispondo alle sue domande non sono certo un esperto di intelligenza artificiale ed ho molto da imparare, non solo su questi temi.

A proposito di Intelligenza artificiale… ha fatto molto scalpore il suicidio a san Francisco di Suchir Balaji, il ricercatore di OpenAI. Il fatto di cronaca è stato riportato da un quotidiano nazionale…secondo le indagini Balaji aveva raccontato al New York Times di avere dubbi sulla legittimità dell’utilizzo dei dati protetti da copyright da parte della società guidata Sam Altman. Un episodio che lascia molte ombre e dubbi su un argomento di portata mondiale…

Quanto accaduto dimostra che il progresso dell’intelligenza artificiale (tema gigantesco ed in fase di sviluppo continuo proprio nei tempi attuali, ed ancor più in futuro). Invito che fosse curioso su questi temi attualissimi a consultare il documento pubblicato pochissimo tempo da fa da un gruppo di studiosi e di autori degli algoritmi dell’intelligenza artificiale generativa che mette in guardia sui pericoli insiti nella politica delle aziende del settore. Per inseguire i profitti (il sempre presente “Dio danaro”, che infiniti addusse lutti all’umanità…) passano sopra a leggi, governi, diritti d’autore e possono portare a danni enormi e difficilmente prevedibili. Ecco il link al documento originale: da guardare: https://righttowarn.ai/

Prof. Bologna, a suo parere manca una politica adeguata per far fronte a questo problema?

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Assolutamente SI. Una politica adeguata sta faticosamente delineandosi nelle reazioni di alcuni governi, ma servirebbe un comitato internazionale di esperti per delineare regole universali di condotta, che mancano, fino ad ora, e che se tarderanno non riusciranno a contenere il fenomeno dilagante del furto di dati e di riconoscimenti culturali per gli autori delle opere dell’ingegno. Tutto può essere depredato dalle BIG companies del settore, a fini non di beneficenza ma di profitto smisurato.



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