Loyalty e amore per il prodotto, perché la moda non può fare a meno dei Silver spender

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Maggie Smith in una campagna Loewe (ph Juergen Teller, courtesy Loewe)

Non solo Gen Z. Sebbene i consumatori più giovani rappresentino il futuro, per affrontare le sfide del presente la moda non può fare a meno dei cosiddetti Silver spender. Per anni sono rimasti in secondo piano nelle strategie dei brand, focalizzati sulla fidelizzazione dei nuovi consumatori, ma nel momento in cui l’obiettivo è quello di acquisire volumi nelle vendite è naturale che la Silver generation, numerosa e con una maggiore disponibilità economica, torni al centro dell’attenzione nel settore della moda e del lusso.

Pur essendo inequivocabile, la crescita di questo segmento non è tuttavia omogenea. Osservando gli Stati Uniti, secondo i dati di Pwc in linea con quanto emerso dall’ultimo censimento del 2019, i Baby boomer, ossia le persone con un’età compresa tra 59 e 77 anni, hanno raggiunto quota 71,5 milioni, poco meno rispetto ai 72,1 milioni dei Millennials. In Cina, su una popolazione stimata di 1,4 miliardi, i cittadini over 60 sono attualmente 264 milioni e saliranno a 402 milioni entro il 2040, arrivando ad assorbire il 28% della popolazione. In Europa, invece, i cittadini con più di 65 anni rappresentano il 19% della popolazione totale.

Tali cifre evidenziano chiaramente il potenziale dei consumatori senior, che nel 2022 detenevano il 52% della ricchezza nazionale negli Stati Uniti e il 28% del potere d’acquisto in Europa nel 2024, percentuale destinata a salire al 33% entro il 2030. Sebbene siano riscontrabili delle differenze tra i mercati osservati, che richiedono una precisa localizzazione delle attività dei brand, la fedeltà e la naturale predilezione per il prodotto rispetto all’esperienza accomunano tutti i membri di questa fascia di età.

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«La Silver gen sta diventando un tema importante e interessante», spiega a MFF Erika Andreetta, Emea fashion & luxury leader e partner di Pwc Italia, «perché, mentre nel processo d’acquisto le nuove generazioni sostituiscono facilmente una borsetta con un viaggio o una cena in ristorante, la Silver si mostra più attaccata al prodotto rispetto all’esperienza. È quindi più facile riuscire a catturare vendite da quella generazione, che ha budget, sa cosa significa un brand e si riconosce in esso perché ne condivide i valori».

Anthony Hopkins in una campagna Brioni (courtesy Brioni)
Anthony Hopkins in una campagna Brioni (courtesy Brioni)

La loyalty, il legame con il prodotto e l’importanza attribuita al possederlo, che rappresentano una differenza sostanziale rispetto allo sharing e al pay for use tipici della Gen Z, contraddistinguono l’approccio dei Silver al lusso. Per quanto riguarda le categorie di prodotto apprezzate, beauty e gioielli dominano il mercato. «Osservando i dati dell’ultimo Black Friday, è evidente che ci sia un forte interesse per la cosmetica», afferma Andreetta, «non solo intesa come estetica, ma soprattutto come strumento per stare bene. Anche il gioiello, poi, sta diventando una categoria di spesa sempre più rilevante».

A questi si aggiungono alcune categorie dell’apparel, caratterizzate da un alto valore legato non solo al brand, ma soprattutto al prodotto, per le quali la Silver gen privilegia qualità, affidabilità e durevolezza. Dal punto di vista della comunicazione premia il realismo dell’immaginario, mentre nell’esperienza digitale viene apprezzata una navigazione semplice e intuitiva. «Guardando a queste caratteristiche, è possibile individuare alcuni brand rilevanti anche in Italia, segnalati da studi americani come preferiti dalla Silver generation per l’attenzione dedicata al target over 65 nelle loro comunicazioni, quali Brooks brothers, Ralph Lauren, Hugo Boss, Armani, Loro Piana, Hermès e Brunello  Cucinelli», aggiunge l’esperta.

Osservando invece il canale di vendita, soprattutto per quanto riguarda gli high spender, è tornato in auge lo shopping in negozio. A patto pero che sia di grandi dimensioni. «Questi maxi store, penso a quelli di Prada o ai department store, funzionano perché offrono la possibilità di costruire un’esperienza al loro interno. La Silver generation ha infatti bisogno di spazi in cui trovare l’attenzione e la cura che un tempo erano riservate agli atelier, richiamando l’esclusività del momento d’acquisto che vivevano da giovani», aggiunge Andreetta. Una preferenza che spiega le recenti aperture di maxi store nelle capitali, solitamente dotati di aree dedicate ai vic-very important client, e che culmina con l’introduzione degli store su appuntamento, un modello adottato in primis da Chanel. (riproduzione riservata)



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