«Paceinmovimento», un archivio contro l’attualità della guerra

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Che dolore! Ero a Baghdad quando mi è arrivata la notizia della morte improvvisa di Tom Benetollo. Non potevo condividere con nessuno il dolore, lo smarrimento, il vuoto, che pesa ancora di più nella solitudine. Aprendo paceinmovimento.it la foto di Tom.

Giovane e come tutti noi allora pieno di speranze, mi ha sollecitato molti ricordi. «Paceinmovimento» racconta la nascita, la storia in relazione ai conflitti devastanti del passato e quelli ancora in corso, gli obiettivi di un movimento nato all’inizio degli anni 80 contro l’installazione degli euromissili a ovest (Pershing e Cruise) e a est (SS20). Ma anche il contaminarsi del pacifismo con il movimento femminista e quello ecologista.

Documenti e testimonianze raccolti con una ricerca meticolosa, soprattutto del periodo in cui non esisteva ancora internet e circolavano in forma cartacea. Quindi uno sforzo impegnativo fatto da compagne/i che rivedo, alcuni dopo tanto tempo, nel «chi siamo». Non cito i nomi perché dimenticherei qualcuno e voglio lasciare il piacere a tutti voi curiosi e protagonisti di quei tempi, o giovani interessati a conoscere quella storia – e spero siano tanti – di scoprire «chi eravamo». Sono sicura che in molti questo sito susciterà ricordi e storie che potranno arricchirlo ulteriormente.

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ERAVAMO IN TANTI, poi abbiamo intrapreso cammini diversi, ma quella esperienza ci aveva formati, c’era tanto entusiasmo, speranza, il successo della prima manifestazione del 24 ottobre 1981 era stato un evento che non avevamo nemmeno osato immaginare. Parlare di pace, oggi, mentre imperversano guerre e il movimento pacifista difficilmente riesce a risvegliare le coscienze, colpa anche dell’informazione sempre più embedded e di una visione del mondo manichea – o sei con Zelensky o con Putin, o sei con Netanyahu o con Hamas – è un imperativo non più rinviabile.

E POSSIAMO PARTIRE dal non rimuovere la nostra storia. E spronare la memoria a riempire quegli spazi rimasti vuoti. Tornando a «Paceinmovimento», innanzitutto la dedica a Tom Benetollo, grande protagonista di quella straordinaria avventura. Eravamo appena arrivati a Roma, io da Milano, e Tom da Padova (una zona dove il cattolicesimo spesso si coniugava con le tematiche pacifiste), io ero al Pdup e lui alla Fgci; entrambi partecipavamo a una sorta di coordinamento delle gioventù democratiche del Mediterraneo, le riunioni si svolgevano da Roma a Madrid, da Algeri a Belgrado.

La cosa interessante, ma forse inevitabile, fu che in coincidenza con la nascita del movimento pacifista i «giovani democratici» del Mediterraneo (solo la sponda nord) quasi naturalmente si ritrovano insieme a Comiso alla manifestazione dell’aprile del 1982, anche perché ci fu subito chiaro che l’attenzione della Nato si spostava verso il Mediterraneo. Mi ricordo in particolare il sodalizio che si era creato con la Lega della gioventù comunista della Jugoslavia che viveva un po’ la situazione di apripista rispetto al partito, come del resto stava facendo la Fgci con il Pci, ma a Belgrado non c’era un Berlinguer. Poi la guerra ha travolto la Jugoslavia e avrebbe invertito le parti, e sarebbe stato Tom, ad andare lì, nella Sarajevo sotto assedio, dove si sarebbero ritrovati insieme molti pacifisti di allora. Come del resto contro la guerra in Iraq.

Quando iniziarono gli incontri tra i pacifisti italiani ci ritrovavamo nella redazione di Com nuovi tempi anche perché al movimento partecipavano gruppi religiosi come i Cristiani per il socialismo. Poi, per la preparazione della manifestazione del 24 ottobre le riunioni si erano trasferite nella sede della Fgci.

MI RICORDO QUELLE riunioni interminabili soprattutto per la preparazione dell’appello da leggere in piazza, compito che alla fine era toccato a me a Roma e poi anche a Comiso, perché donna e del Pdup, che, come partito piccolo, era meno divisivo degli altri. Negli anni di Pace e guerra, di cui ha parlato ampiamente Luciana Castellina, io avevo la rubrica «Venere», dove tutte le settimane, riferivo le attività del movimento pacifista italiano e europeo, mentre Fabrizio Battistelli, di Archivio disarmo, con Marte si occupava del versante militare.

Da quando il movimento si è trasformato in Associazione ne ho solo osservato l’evolversi dall’esterno come giornalista. Ma ogni volta che tornavo da un viaggio Tom mi invitava a parlarne all’Arci e con un gruppetto dell’associazione si apriva una discussione, molto utile per il mio lavoro. Come pacifista militante ho continuato a partecipare a iniziative molto importanti come «Time for peace» a Gerusalemme nel 1990 e in questo sito ho trovato molti video per rivivere quei momenti e anche per scoprire aspetti che allora mi erano sfuggiti.

«Paceinmovimento.it» è un sito impegnativo da consultare proprio perché al tempo del movimento pacifista contro gli euromissili non si potevano digitalizzare i documenti, che qui ritroviamo come immagini e così non rischiamo più di perdere, insieme a molte altre notizie, link e riflessioni che non si trovano altrove.

ALL’INIZIO DEGLI ANNI Ottanta la stampa non era tanto tenera con i pacifisti, eravamo ancora ai tempi della guerra fredda e ogni presa di posizione veniva scandagliata per trovare maggiori accentuazioni contro la Nato piuttosto che contro il Patto di Varsavia e accusarci di filosovietismo anche se andavamo persino a sdraiarci per terra alla frontiera tra Italia e Jugoslavia, cercando di proteggere i compagni sloveni che erano quelli che rischiavano di più.

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Quando presidiavamo la base militare ancora intitolata al generale Magliocco speravamo che invece di ospitare i missili diventasse un aeroporto civile. E ho provato una grande emozione quando recentemente sono atterrata in quell’aeroporto civile dedicato a Pio La Torre, il vero artefice della manifestazione del 4 aprile 1982 a Comiso e assassinato dalla mafia – che aveva sempre contrastato – il 30 aprile a Palermo, pochi giorni dopo. Tra i suoi documenti raccolti dall’Istituto Gramsci ci sono gli appunti per quella manifestazione. E non a caso, la pace non produce gli introiti dell’industria militare e nemmeno possibilità di guadagni per la mafia.



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