Non solo ’ndrine: gli occhi puntati sui clan pugliesi

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CREMONA – Se da una parte conferma la pluridecennale presenza di infiltrazioni mafiose riconducibili alla cosca calabrese Grande Aracri, dall’altra l’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia rivela qualcosa di apparentemente nuovo in provincia di Cremona: l’ombra della mafia pugliese.

La fotografia scattata a dicembre 2023, relativa al secondo semestre dell’anno scorso, mostra ancora una volta il radicamento della ‘ndrangheta in Lombardia: la Dia parla di una strategia di mimetizzazione delle attività illecite attraverso le imprese. Viene citata come esempio l’operazione del primo dicembre, quando nelle provincie di Reggio Calabria, Catanzaro e, appunto, Cremona i carabinieri, nell’ambito dell’operazione ‘Bobcat’, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di soggetti ritenuti responsabili di una serie di furti perpetrati all’interno di una società che gestisce servizi pubblici per il Comune di Reggio Calabria.

E ancora: il 30 agosto 2023 la Dia ha eseguito un provvedimento di confisca di beni a carico di un imprenditore ritenuto contiguo alla cosca cutrese attiva anche nei territori di Reggio Emilia, Parma, Modena e Piacenza, come emerso dalle sentenze del processo Aemilia. All’uomo, da anni residente nel Cremonese, è stata anche applicata la misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per cinque anni. Inoltre, è stato colpito dal provvedimento ablativo che ha interessato due immobili, cinque società operanti nel settore dell’edilizia e immobiliare, oltre a due autovetture e numerosi rapporti bancari presso diversi istituti di credito.

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La Dia parla anche dell’operazione ‘Moby dick’, che ha portato la Polizia ad arrestare 9 persone per spaccio, fra cui un pachistano ed una marocchina rintracciati a Cremona. Ma a destare particolare interesse sono le tre interdittive antimafia emesse dalla Prefettura: «Nei confronti di altrettante ditte – si legge sulla relazione –, riconducibili a due soggetti indagati per aver agevolato il clan dei Li Bergolis». Si tratta di un clan pugliese di spicco all’interno della cosiddetta faida del Gargano.

«IN PREFETTURA MASSIMA ALLERTA»

Anche se la sua nomina risale alla seconda metà di settembre, mentre l’ultima relazione della Dia è relativa al secondo semestre di un anno fa, il nuovo prefetto Antonio Giannelli sta già riservando molta attenzione al tema delle infiltrazioni mafiose. Lo conferma il fatto che nelle ultime settimane ha già convocato più volte il Gruppo interforze antimafia, proprio allo scopo di monitorare il fenomeno.

«Nei 50 giorni che mi hanno visto presente su questo territorio – spiega Giannelli –, oltre ad affrontare le problematiche note discusse anche nell’ultimo Comitato, ci stiamo attivamente occupando di questo argomento. Il Gruppo interforze antimafia è infatti già stato convocato ed è prevista un’ulteriore convocazione a breve. Sarà mia intenzione convocarlo con regolarità e cadenza periodica. Credo sia uno strumento fondamentale nell’azione del prefetto, perché è indispensabile esaminare le situazioni già note ma anche quelle che in prospettiva possono essere d’interesse, per poi arrivare a parlare sulla base di atti e non per sentito dire». Insomma c’è grande concentrazione su questo aspetto «esattamente come c’è per la sicurezza urbana», precisa Giannelli.

A garantire tale attenzione è anche il curriculum del prefetto, che è stato uno dei tre componenti della Commissione d’accesso al Comune di Bari nominata dal Viminale per verificare la presunta esistenza di infiltrazioni mafiose nel consiglio comunale. Notevole anche l’esperienza in Calabria: è stato componente della commissione straordinaria presso il Comune di Parghelia, sciolto nel 2007 per infiltrazioni mafiose; a marzo 2013 è inoltre stato nella commissione prefettizia che ha gestito il Comune di Melito Porto Salvo nelle more dell’intervenuto scioglimento del consiglio comunale per ingerenza della mafia.

Nel 2015 ha anche coordinato la commissione d’indagine sul Comune di Finale Emilia per valutare la sussistenza di elementi funzionali all’eventuale scioglimento. E ancora: a Brescello ha coordinato la commissione straordinaria per la gestione del Comune sciolto proprio per infiltrazioni della ‘ndrangheta. La stessa cosca, quella di ‘Nick mano di gomma’, attiva anche a Cremona.

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