Per il Rapporto Assogestioni-Censis, l’89,5% degli under 35 accantona parte delle somme. Ma oltre la metà prende decisioni di investimento emotive. Le campagne su Instagram e TikTok per creare conoscenza
L’Italia si conferma un Paese di formiche. Anche tra le nuove generazioni, che mettono da parte i loro soldi soprattutto per fronteggiare eventuali eventi avversi. Ma c’è anche chi risparmia con l’obiettivo di investire, sempre però guidato nelle scelte dalla cautela e spesso dall’emotività, a testimonianza di una cultura finanziaria ancora inadeguata tra i giovani. È quanto emerge dall’aggiornamento del V Rapporto Assogestioni-Censis, secondo cui, a fronte dell’89,5% delle persone di età compresa tra i 18 e i 35 anni che risparmia, il 56,9% di chi investe controlla continuamente i propri investimenti, con l’azzardo di compiere cambiamenti improvvisi, mentre al 60,4% è capitato di modificare decisioni a causa di grandi eventi globali. «L’industria del risparmio gestito ha una responsabilità importante nel contribuire a migliorare il livello di conoscenza e di consapevolezza delle scelte finanziarie di tutta la popolazione — commenta Saverio Perissinotto, presidente del Comitato di Educazione Finanziaria di Assogestioni —. Il nostro primo ruolo è portare molta disciplina, molta razionalità e molta logica per mitigare l’influenza degli avvenimenti contingenti. Assogestioni ha investito in un progetto di comunicazione e formazione tramite i canali Instagram e TikTok diretto ai giovani, per contribuire a un cambiamento che sicuramente richiederà tempo e impegno, ma che ha già iniziato a portare incoraggianti risultati».
I motivi per risparmiare
I giovani che risparmiano lo fanno anche per periodi molto brevi e per diverse finalità. Il 53,5% accantona somme per sentirsi più sicuro nel quotidiano e per affrontare difficoltà future; il 30,4% per togliersi qualche sfizio, come un viaggio o l’acquisto di un oggetto prezioso; il 26% per finanziare spese importanti. E ancora, il 24,6% per accrescere il patrimonio, il 23,2% per garantire nel tempo risorse a figli o nipoti e il 22,2% per una vecchiaia serena. «E non deve sorprendere che, tra le motivazioni delle occasioni di risparmio, ci sia la volontà di finanziare atti di consumo — si legge nel Rapporto Assogestioni-Censis —. Questo è dovuto al fatto che le retribuzioni e i redditi non sempre sono in grado di finanziare spese più consistenti. Inoltre, nel tempo si è consolidata una situazione di relativa penalizzazione dei giovani, sia a livello retributivo, sia a livello patrimoniale: infatti, la ricchezza nel tempo è andata concentrandosi soprattutto nelle classi di età più alte». Per quanto riguarda i fattori a cui i giovani si dichiarano più sensibili nel caso in cui dovessero investire i propri soldi, il 44,4% vorrebbe costruirsi una maggiore sicurezza, il 35,1% vorrebbe diversificare il portafoglio e il 35% vorrebbe ottenere buoni rendimenti.
Serve più conoscenza
Inoltre, tra i giovani risparmiatori emerge una grande paura di subire perdite in caso di investimento (l’82,7%). «Una sensibilità comprensibile in una fase di incertezza, in cui diventa vitale la capacità di sperimentare nuove strade per valorizzare o, almeno, tutelare il proprio risparmio, che nel caso dei giovani fa riferimento a patrimoni mediamente non elevati», evidenzia il Rapporto Assogestioni-Censis. Che segnala anche come, nella gestione dei soldi, i giovani siano condizionati da una serie di comportamenti potenzialmente nocivi, tra chi si fa condizionare da cambiamenti improvvisi e chi segue i comportamenti della maggioranza: «sono approcci che richiamano una emozionalità che rischia di generare decisioni avventate, non conformi al raziocinio che dovrebbe guidare le scelte di investimento», si legge. Basare le scelte di gestione dei risparmi sull’emozionalità risulta ancora più rischioso a fronte di una conoscenza dei fenomeni economici e finanziari ancora inadeguata. Il 48,6% dei giovani non conosce l’impatto del tasso di interesse su un prestito bancario. Prospetticamente, ancora più preoccupante è l’estraneità agli strumenti di welfare integrativo, con il 40,8% dei giovani che dichiara di non sapere cosa sia la previdenza complementare, contro il 28,8% degli adulti e il 31,4% degli anziani. Dati che mostrano l’urgenza di una consulenza tailor-made per i giovani, capace di riorientare i comportamenti potenzialmente nocivi.
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