Di fronte alla grave crisi che sta investendo diversi ambiti economici della Basilicata, tra i quali il settore automotive, con il rischio concreto di migliaia di posti di lavoro persi, i vescovi di Basilicata hanno elevato, attraverso una lettera, un accorato appello rivolto alle istituzioni e ai cittadini. Tuttavia, i temi trattati e le soluzioni proposte si prestano a una riflessione più ampia, applicabile a tutto il Mezzogiorno, da tempo alle prese con problematiche simili.
Speranza per il Mezzogiorno, la lettera dei vescovi della Basilicata
La riflessione dei vescovi lucani parte dalla convinzione che, in nome del Vangelo, sia necessario ridare speranza alla comunità regionale. I presuli evidenziano l’urgenza di una radicale presa di coscienza e di una straordinaria mobilitazione dei “mondi vitali” della Basilicata per affrontare le sfide della transizione ecologica, riportando al centro la dignità della persona e la dimensione comunitaria.
La pandemia, le crisi geopolitiche ed economiche mondiali degli ultimi anni, anche in Basilicata hanno aggravato le disuguaglianze e l’emigrazione giovanile. Molte famiglie vivono in povertà e molti paesi si stanno spopolando. Tra le priorità indicate dai prelati vi sono investimenti infrastrutturali per superare l’isolamento della regione, politiche industriali innovative per il rilancio dell’automotive e programmi di formazione per allineare le competenze alle sfide del mercato del lavoro.
L’invito alla «straordinaria mobilitazione»
«Occorre ridare speranza alla nostra gente» scrivono i Vescovi, indicando come sia indispensabile «una radicale presa di coscienza ed una straordinaria mobilitazione dei “mondi vitali”» per affrontare le sfide della transizione economica e sociale.
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«L’impatto socio-economico delle ultime crisi mondiali, aggravato dalla pandemia e dalle instabili condizioni geo-politiche, ha provocato anche nella nostra Regione, come in altre parti del Mezzogiorno, una marginalizzazione insostenibile ed un impoverimento demografico e sociale, la riduzione della base produttiva e occupazionale, la diseguaglianza tra cittadini e territori». Un’analisi che, nei fatti potrebbe fotografare molte delle aree meridionali, dove gli effetti delle crisi globali sono amplificati da fragilità strutturali e demografiche.
Uno sviluppo sociale «più giusto»
Il documento, in particolare, si sofferma sul bisogno di uno sviluppo più giusto, capace di tutelare i ceti sociali più fragili, riconoscendo «la centralità del lavoro umano e della dignità della persona umana, risulti efficacemente capace di coniugare sostenibilità e giustizia economica, sociale ed ambientale».
«La transizione ecologica è necessaria, ma non può avvenire a discapito della dignità delle persone in ogni dimensione del loro essere», sottolineano i Vescovi, indicando un percorso che metta al centro il lavoro umano e la giustizia sociale. Anche in questo caso, le riflessioni risuonano ben oltre i confini lucani: la transizione ecologica e digitale è una sfida comune per tutto il Sud Italia.
I presuli evidenziano le potenzialità del territorio lucano, spesso trascurate, come i “beni comuni” rappresentati dall’ambiente e dalle risorse naturali. «Il nostro territorio presenta notevoli potenzialità, come l’ambiente, l’acqua e le riserve delle aree forestali, che se adeguatamente valorizzate possono rafforzare l’economia regionale». Una visione che potrebbe ispirare altre regioni meridionali, ricche di risorse naturali ma spesso penalizzate da una gestione inefficace.
Particolarmente rilevante è l’analisi sulla crisi del settore automotive, simbolo della modernizzazione industriale della Basilicata e oggi in seria difficoltà. «È necessario ristabilire la strategicità dello stabilimento di Melfi» scrivono, evidenziando la necessità di accordi innovativi per superare gli effetti della deindustrializzazione.
Le richieste alle istituzioni
Da qui, le precise richieste alle istituzioni che giungono dai vescovi lucani, con l’obiettivo di affrontare i problemi strutturali e aprire nuove prospettive di sviluppo. «Significativi investimenti infrastrutturali» sono considerati imprescindibili. «Anche alla luce della possibilità di autonomie differenziate, risulta non più derogabile fornire la nostra Regione di adeguate dotazioni infrastrutturali per superare l’isolamento e portare i nostri cittadini alla contemporaneità».
Accanto a ciò, i presuli richiamano l’attenzione sulla necessità di «nuove politiche industriali», sottolineando che «occorre, infatti, un piano nazionale e regionale che sostenga la riconversione industriale, promuovendo investimenti in settori innovativi e a basso impatto ambientale, creando nuove opportunità occupazionali».
Altro tema centrale è quello della formazione. «È fondamentale garantire percorsi di formazione continua e di riqualificazione professionale, che, superando l’atavico disallineamento tra domanda ed offerta, riescano finalmente a garantire ai lavoratori le competenze necessarie per affrontare le nuove sfide del mercato del lavoro». È prioritario, proseguono i vescovi «garantire ai giovani la continuità dei percorsi formativi e lavorativi ed assicurare al territorio quelle professionalità tecniche, scientifiche ed umanistiche indispensabili per la ripresa e l’innovazione».
Sì a politiche attive del lavoro
Infine, viene ribadita l’urgenza di adottare «politiche attive del lavoro. Servono misure concrete per favorire il reinserimento lavorativo delle persone che perderanno il posto di lavoro, come incentivi all’autoimprenditorialità, tirocini e borse di studio», proseguono i vescovi. Particolare attenzione è rivolta ai giovani e alle donne, categorie che subiscono maggiormente le conseguenze della crisi. «È necessario introdurre azioni mirate per sostenere l’inserimento lavorativo dei giovani, attraverso Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (PCTO) e tirocini professionalizzanti e, nel contempo, promuovere più efficacemente politiche di armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro per consentire alle donne di partecipare pienamente al mercato del lavoro e alla vita sociale del Paese».
In questo contesto, diventa essenziale «la creazione di contesti che favoriscano una più marcata radicazione sul territorio delle Università e dei Centri di Ricerca per implementare e sostenere le attività di formazione di uomini liberi, capaci di pensiero critico divergente, e la produzione di conoscenza e le attività di ricerca per il progresso della società». Per ottenere risultati concreti, i Vescovi auspicano «sinergia con il sistema produttivo per il trasferimento delle conoscenze e delle migliori tecnologie disponibili».
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