Corea del Sud, presidente revoca legge marziale e esercito si ritira: cosa è successo

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Il presidente della Corea del Sud Yoon Suk Yeol ha dichiarato che la legge marziale sarà revocata e le truppe ritirate. “L’Assemblea nazionale ha chiesto di revocare lo stato di emergenza e abbiamo ritirato l’esercito che era stato schierato per le operazioni di legge marziale”, ha detto Yoon in un discorso televisivo. “Accetteremo la richiesta dell’Assemblea nazionale e revocheremo la legge marziale attraverso la riunione del Consiglio dei ministri”.

In un drammatico discorso televisivo d’emergenza alla nazione, Yoon aveva annunciato che avrebbe imposto la legge marziale, accusando l’opposizione di paralizzare il governo con “attività anti-stato”. Tuttavia, 190 legislatori sono riusciti a entrare in parlamento, dove hanno votato all’unanimità per bloccare la dichiarazione di legge marziale e chiederne la revoca. Secondo la Costituzione, la legge marziale deve essere revocata quando la maggioranza del parlamento lo richiede.

La giornata

Prima del dietrofront di Yoon, il presidente dell’Assemblea nazionale Woo Son-shik aveva dichiarato “nulla” la legge dopo che la maggioranza dei deputati aveva adottato una risoluzione chiedendo la revoca del provvedimento. Nell’area del Parlamento si sono registrati scontri tra esercito e manifestanti.

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Secondo la legge sudcoreana, il governo deve revocare la legge marziale se la maggioranza del Parlamento vota in questo senso. La stessa legge impedisce l’arresto di deputati da parte del comando militare sotto legge marziale. La decisione di Yoon, con la revoce del provvedimento, è in linea con la legge.

Prima del secondo discorso del presidente, l’esercito sudcoreano aveva dichiarato che avrebbe rispettare la legge marziale fino all’eventuale revoca.

Il primo discorso del presidente

Ad aprire la giornata di tensione il primo discorso televisivo a sorpresa di Yoon, con l’annuncio relativo alla legge marziale di emergenza, un passo necessario per proteggere il Paese dalle “forze comuniste”, nel mezzo di un braccio di ferro con l’opposizione del Partito democratico, che ha ottenuto la maggioranza in Parlamento nelle elezioni dello scorso aprile, per la legge finanziaria.

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“Per salvaguardare una Corea del Sud liberale dalle minacce delle forze comuniste della Corea del Nord ed eliminare elementi anti-stato io qui dichiaro la legge marziale di emergenza – aveva detto – Senza nessun riguardo per la vita delle persone, il partito di opposizione ha paralizzato il governo solo per impeachment, indagini speciali e proteggere il proprio leader dalla giustizia”. Immediatamente dopo il suo discorso, forze di sicurezza aveva bloccato l’accesso al Parlamento, con i militari che hanno annunciato la sospensione di tutte le attività parlamentari.

“La nostra Assemblea nazionale è diventata un rifugio per criminali, una tana per una dittatura legislativa che cerca di paralizzare il sistema giudiziario e amministrativo e rovesciare il nostro sistema democratico liberale”, aveva detto ancora il presidente giustificando così il ricorso alla misura che prevede che il governo venga temporaneamente affidato alle autorità militari sottraendolo a quelle civili.

Farò tornare il Paese alla normalità liberandomi delle forze anti-stato al più presto possibile“, aveva aggiunto il presidente che aveva accusato l’opposizione di aver tagliato “tutti gli elementi essenziali per il funzionamento chiave del Paese, come la lotta ai crimini di droga e il mantenimento della pubblica sicurezza, trasformando il Paese in un rifugio per la droga”. Yoon aveva definito il partito dell’opposizione, che ha una maggioranza di 300 parlamentari, una “forza anti-stato che intende rovesciare il regime” e definito la sua decisione “inevitabile”.

Erano 44 anni che in Corea del Sud non veniva dichiarata la legge marziale. L’ultima volta risale al maggio del 1980 a seguito del colpo di Stato militare, il secondo in un anno, guidato alla fine dell’anno precedente dal generale Chun Doo-hwan. Per fermare le manifestazioni del movimento studentesco che chiedeva riforme democratiche, il 17 maggio Chun costrinse il governo a estendere la legge marziale sull’intero Paese. Vennero chiuse le università, vietate le attività politiche e limitata ulteriormente la libertà di stampa. Per far rispettare la legge marziale, i militari furono inviati in varie parti della nazione.

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Il 18 maggio 1980, i cittadini di Gwangju si ribellarono alla dittatura militare di Chun e presero il controllo della città. Nel corso della rivolta, i cittadini presero le armi per difendersi, ma alla fine furono schiacciati dall’esercito in un massacro che passò alla storia. Alla fine si contarono almeno centinaia di morti, ma c’è chi parla di migliaia di vittime.

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