Un modello di cura incentrato sulla persona. Così Giorgio Mion, professore di Economia aziendale all’Università di Verona, definisce il principio ispiratore dell’Istituto Serafico di Assisi, illustrando il 2 dicembre, vigilia della Giornata internazionale per i diritti delle persone con disabilità che ricorre oggi, il bilancio etico-sociale dell’Istituto, da 150 anni pilastro nella cura e nella riabilitazione di bambini e ragazzi con disabilità gravi e gravissime.
Nell’ultimo anno il Serafico ha accolto ragazzi da 14 regioni italiane tra cui Toscana, Lazio e Campania;
per Mion questo dato evidenzia che “la struttura assisana è un polo attrattivo e di riferimento per l’intero Paese per la sua capacità di offrire cure innovative, di qualità e personalizzate”.
Solidità e trasparenza. Sono i due tratti della gestione economica del Serafico: “Il valore aggiunto, che nell’ultimo anno ha avuto una crescita del 4,5% – sottolinea Mion -, ha avuto una ricaduta positiva su tutto il personale oltre che sulle persone assistite. L’assenza di indebitamento strutturale e la solidità del patrimonio, ne garantiscono la stabilità e l’autonomia finanziaria”. Solo il 70% delle entrate del Serafico sono pubbliche, il resto dei finanziamenti proviene dai cittadini e dalle imprese che decidono di sostenere precise attività. Grazie alla fiducia e alla fidelizzazione di oltre 60mila donatori attivi in tutta Italia, che contribuiscono in media con 27,90 euro per dono e 47,41 euro all’anno il Serafico non solo è riuscito a sostenere il proprio modello di cura erogando prestazioni gratuite ed extrastandard ai propri assistiti per un valore complessivo di 844mila euro, ma ha potuto anche offrire cure gratuite a pazienti esterni per oltre 167mila euro”, segno tangibile che” la collaborazione tra il Servizio sanitario e gli enti di terzo settore che si occupano di socio-sanitario, è in grado di moltiplicare risorse con prestazioni molto più personalizzate e di qualità”.
Innovazione e umanità. Tra le eccellenze della struttura spicca il Centro di ricerca “InVita”, attivo dal 2018 e dedicato allo sviluppo di progetti innovativi nell’ambito delle neuroscienze applicate alla riabilitazione. Dal 2023 il Centro ha intensificato le proprie attività, collaborando con l’Università di Perugia e altre realtà internazionali, per affrontare temi cruciali come la gestione del dolore, la comunicazione e la qualità della vita emotiva dei pazienti. Grazie all’integrazione tra ricerca e pratica clinica, “InVita” rappresenta un polo scientifico di riferimento che guarda al futuro con l’obiettivo di ampliare ulteriormente le linee di studio e rafforzare il legame tra tecnologia e umanità.
Ecologia integrale e relazione di cura. C’è proprio questo alla base dell’operato del Serafico: un modello di cura capace di tenere insieme la persona nel rapporto con sé stessa, con gli altri e con l’ambiente. Negli ultimi anni l’Istituto ha adottato misure per ridurre il proprio impatto ambientale, come l’uso di materiali compostabili e il risparmio energetico, sottolineando che la salute non può prescindere dal rispetto per il contesto naturale. Altro tratto distintivo la dimensione umana e relazionale della cura, ponendo al centro il carisma originario del suo fondatore e dei valori francescani anche attraverso una rete di supporto che coinvolge suore, seminaristi e operatori spirituali, impegnandosi così a costruire
un ambiente che nutre non solo il corpo ma anche l’anima.
“Il bilancio è molto più di un semplice documento: rappresenta un nuovo modello di welfare capace di coinvolgere l’intera società. E’ un atto di trasparenza, di responsabilità e di visione per il futuro”, afferma la presidente del Serafico Francesca Di Maolo. Un “vero e proprio manifesto” che racconta l’impegno quotidiano di un’intera comunità di medici, operatori, ricercatori, volontari e sostenitori, attori pubblici e privati, che si uniscono per offrire risposte concrete alle persone con disabilità”, perché
“ogni persona, indipendentemente dalle proprie condizioni, ha diritto ad una vita piena e dignitosa”.
Per Di Maolo, “la vera cura non si limita alla dimensione fisica, ma nasce da una relazione autentica che mette al centro la persona, i suoi talenti e il suo valore unico. Lavoriamo ogni giorno per costruire un modello di cura che integri innovazione tecnologica, ricerca avanzata e attenzione ai bisogni più profondi, con la ferma volontà di contribuire a una società più giusta e inclusiva”. Perché “prendersi cura della vita più fragile” significa “prendersi cura della nostra comunità e dell’ambiente che ci circonda, creando così un circolo virtuoso di solidarietà, sostenibilità e progresso”. L’Istituto, conclude la presidente, “continuerà ad essere un faro per la disabilità grave e gravissima in Italia”.
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