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L’indagine delle Fiamme gialle che ha scosso il Trentino-Alto Adige è arrivata fino a Verona.
Martedì le indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo della Procura della Repubblica di Trento, hanno visto i carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-finanziaria della guardia di finanza trentini eseguire un’ordinanza che dispone la misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di nove persone: un sindaco, quattro professionisti, tre imprenditori e un dirigente comunale. Si tratta di: Cristina Santi, sindaca di Riva del Garda; l’ex senatore del gruppo “Per le Autonomie” ed ex sindaco di Dro Vittorio Fravezzi; gli imprenditori René Benko, Heinz Peter Hager e Lorenzo Barzon; l’ingegner Paolo Signoretti, gli architetti Fabio Rossa e Andrea Saccani; e Daniela Eisenstecken, funzionaria del Comune di Bolzano.
Non solo. Oltre 100 perquisizioni sono state eseguite nei confronti di altre persone sottoposte ad indagine, società ed enti pubblici territoriali nelle province di Trento, Bolzano, Brescia, Milano, Pavia, Roma e Verona, nonché all’estero attraverso i canali di cooperazione giudiziaria internazionale.
Risultano indagate 77 persone, tra le quali 11 amministratori pubblici, 20 dirigenti e funzionari di enti locali e società partecipate, membri delle forze dell’ordine, professionisti e imprenditori.
Tra questi spicca il nome dell’ex assessore con delega all’Urbanistica dell’Amministrazione Sboarina, Ilaria Segala.
Verona
Al centro dell’inchiesta infatti c’è il gruppo Signa di Benko, che nel 2021 si aggiudicò l’appalto delle Ferrovie dello Stato riguardante la riconversione dell’ex scalo merci di Santa Lucia, che sarebbe dovuto diventare il Central Park di Verona. Il bando di gara e le modalità di assegnazione sono sotto le lente d’ingrandimento degli investigatori, la cui ipotesi è che l’ex assessore Segala, in concorso con Benko, Heinz Hager, Signoretti (Supernova Management Spa) e Umberto Lebruto (ad di FS sistemi urbani), abbiano “turbato il regolare svolgimento della gara”. Nello specifico, all’ex assessore viene contestato di aver consegnato a Signoretti le copie di alcuni documenti che non erano ancora di dominio pubblico e che si riferivano alla procedura di gara bandita solamente un mese dopo, alla fine del mese di gennaio 2021. Scambi di informazioni che, sempre secondo gli investigatori, avrebbero favorito Supernova e Signa che si sono poi aggiudicati la gara nell’ottobre di quell’anno.
Ipotesi queste che dovranno essere accertate in tribunale.
Il corpo dell’indagine
Il provvedimento, emesso dal gip del tribunale di Trento su richiesta della DDA e Antiterrorismo della Procura, è scaturito da una complessa attività investigativa di polizia giudiziaria e tributaria, svolta carabinieri e guardia di finanza.
Nel complesso, le indagini hanno ipotizzato l’esistenza di una sorta di gruppo affaristico in grado di influenzare e/o controllare le principali iniziative della pubblica amministrazione, soprattutto nel settore della speculazione edilizia in Trentino- Alto Adige/Sud Südtirol.
Gli imprenditori coinvolti, secondo le forze dell’ordine, si sarebbero resi disponibili a finanziare le campagne elettorali di amministratori pubblici, ottenendo poi agevolazioni, procedure semplificate e concessioni per iniziative immobiliari.
Le accuse contestate includono: associazione per delinquere, turbativa d’asta, finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze illecite, truffa, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, oltre a diversi reati contro la pubblica amministrazione, tra cui corruzione, induzione indebita, rivelazione di segreti d’ufficio e omissione di atti d’ufficio, nonché violazioni delle norme tributarie legate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Inoltre, numerose persone giuridiche sono state segnalate per responsabilità amministrativa ai sensi del d.lgs. 231/2001.
Il gip ha condiviso la contestazione dell’utilizzo del metodo mafioso per il reato di associazione per delinquere ipotizzato dalla Procura della Repubblica in base ai contenuti dell’art. 416 bis.1. del Codice penale.
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