Eventi avversi e vaccini anti-Covid, a rischio di grave sottostima: ecco perché il protocollo OMS adottato da AIFA non va bene

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Lo rivela lo studio italiano appena pubblicato sul Journal of Clinical Medicine, che evidenzia i problemi presenti nell’algoritmo OMS per riconoscere il nesso di causalità vaccino-eventi avversi

Non bastavano le strette maglie della farmacovigilanza passiva (legata cioè a segnalazioni spontanee) a ridurre in modo enorme il numero di eventi avversi da vaccino ufficialmente riconosciuti. La scure sulle sofferenze lamentate da molte persone vaccinate si abbatte grazie anche a un algoritmo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) adotta da anni, insieme alla nostra Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), e per il quale dimostrare il nesso causale con le inoculazioni diventa quasi impossibile. 

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Il recentissimo lavoro, a firma dei tre ricercatori italiani Paolo Bellavite, Alberto Donzelli e Ciro Isidoro, The WHO Algorithm for Causality Assessment of Adverse Effects Following Immunization with Genetic-Based Anti-COVID-19 Vaccines: Pitfalls and Suggestions for Improvement entra nelle pieghe del protocollo OMS e analizza gli aspetti controversi e i difetti della sua applicazione, in particolare quando si ha a che fare con eventi patologici nuovi e inaspettati potenzialmente causati da un ‘vaccino’ di nuova generazione e di cui si conosce ancora troppo poco.

 

Questo lavoro chiarisce molti equivoci sull’interpretazione e applicazione del protocollo dell’OMS per il riconoscimento del nesso di causalità e fa giustizia di gravi errori che sono stati fatti sulla valutazione degli eventi avversi da “vaccini” anti-COVID-19 (meglio definibili come “pro-farmaci genici immunomodulanti, o “pro-vaccini genici” per semplicità).

Per valutare la correlazione e l’eventuale nesso di causalità tra vaccinazione e gli eventi avversi gravi (inclusi i decessi) che sono segnalati, l’OMS ha proposto e diffuso un protocollo che utilizza un elenco di domande sul caso in esame, le cui risposte servono poi a formulare un giudizio finale seguendo un algoritmo. L’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco, al tempo diretta da Nicola Magrini, sostituito da Anna Rosa Marra al 15 gennaio 2023) ha adottato questo protocollo per la valutazione degli eventi avversi in tutti i rapporti emanati nei primi due anni della somministrazione di questi pro-vaccini genici anti-COVID-19. In questo studio, i ricercatori hanno analizzato in dettaglio il protocollo OMS mettendo in luce i difetti della sua applicazione, in particolare quando si ha a che fare con eventi patologici nuovi e inaspettati potenzialmente causati da un pro-vaccino di nuova generazione e di cui si conosce ancora troppo poco. I principali aspetti controversi del metodo OMS (vedi riassunto grafico) riguardano:

    • il fatto che esclude la responsabilità del vaccino nel caso ci fossero ‘altre possibili cause’ (per esempio, se la persona aveva anche altre malattie);
    • il fatto che per riconoscere un evento avverso come causato dal vaccino si debba dimostrare la ‘plausibilità biologica’, che è possibile solo se si conosce il meccanismo con cui il vaccino può provocare il danno. Non si tiene conto, cioè, che in molti casi si tratta di reazioni fino a quel momento sconosciute (esempio trombosi e miocarditi);

c) il fatto che l’evento deve verificarsi in una limitata finestra temporale predefinita (mentre molti eventi dannosi possono emergere clinicamente anche a distanza di anni);

    • la richiesta, per supportare la correlazione, di fare riferimento alla letteratura scientifica, che però è inevitabilmente molto limitata e spesso controversa nelle fasi iniziali di introduzione di nuovi vaccini;
    • la classificazione della determinazione finale dell’algoritmo in sole tre classi, che lascia ampio spazio alla categoria “indeterminata”, del tutto inutilizzabile nella valutazione del rapporto benefici/rischi.

È inevitabile che l’applicazione di questo protocollo abbia ridotto al minimo i casi in cui può essere riconosciuta la responsabilità di questi “pro-vaccini” nel causare eventi avversi gravi o gravissimi. In pratica, lo studio di Bellavite, Donzelli e Isidoro evidenzia in modo ben documentato che la farmacovigilanza di tipo passivo o spontaneo – l’unica di fatto praticata in Italia (a differenza di quanto fatto in alcuni altri Paesi) –rivela solo una minima parte (anche centinaia di volte meno) degli eventi avversi gravi che un vaccino può provocare. Questo dato sottolinea quanto sia stato erroneo giudicare i vaccini come “sicuri” basandosi solo sui rapporti AIFA. Si pensi che, in Italia, dei quasi mille morti segnalati (verosimilmente già solo una piccola parte di quelli avvenuti realmente) meno del 4% sono stati attribuiti da AIFA a un effetto del pro-vaccino genico.

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L’errore – se così vogliamo chiamarlo – più clamoroso sta nel punto (a). Infatti, l’elenco delle “altre cause” cui si è attribuita la causa di morte comprende molte malattie che possono predisporre a un effetto patogeno grave del vaccino (il quale fungerebbe da fattore che scatena il danno finale), o persino correlabili ai possibili effetti del vaccino stesso (disturbi della coagulazione, del sistema nervoso autonomo, autoimmunità). Escludere a priori che il pro-vaccino genico abbia potuto agire da con-causa è ancor più rilevante se si considera che sono stati “forzatamente” vaccinati con priorità proprio i soggetti vulnerabili con malattie concomitanti (ad esempio: cancro, diabete, malattie autoimmuni, malattie cardiovascolari).

L’aver adottato il metodo OMS senza tener conto di questi problemi ha condotto a rapporti di farmacovigilanza distorti, con grave alterazione del rapporto tra benefici e rischi. L’analisi critica svolta dagli autori è anche spunto per guardare all’applicazione del protocollo alle possibili future pandemie che fossero affrontate con “vaccini” di nuova generazione, suggerendo opportune modifiche, in modo che l’algoritmo dell’OMS sia rivisto tenendo conto degli errori fatti e dei dati epidemiologici del mondo reale.





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