Il Tar della Liguria, la Rai, le gare d’appalto: cosa succede con Sanremo

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Sanremo, Rai, patrimonio culturale: il Tar della Liguria smonta a sorpresa quello che per gli italiani ha rappresentato una certezza lunga 74 anni della storia del nostro Paese. Dal 2026 il comune della riviera che ospita la manifestazione canora in onda in eurovisione dovrà mettere a gara il marchio che – al contrario del format – non appartiene all’azienda di Stato. Con una sentenza a sorpresa, i giudici amministrativi hanno scatenato il panico a viale Mazzini, ma anche in Parlamento, dove nel giro di qualche ora sono arrivate (a partire dal Pd) le richieste di chiarimento in commissione di Vigilanza, per capire la complessa sentenza di 58 pagine e le eventuali conseguenze, con l’effettiva possibilità che si possa perdere una delle maggiori fonti di entrate per la tv pubblica.

Allo stato l’unica consolazione per i vertici Rai è che nulla cambierà per la prossima edizione di febbraio 2025 condotta da Carlo Conti, per i tempi troppo stretti, secondo i giudici, che tengono in considerazione l’organizzazione già più che avviata per lo svolgimento della manifestazione canora. Ma già dall’edizione successiva, secondo la sentenza, «il Comune di Sanremo dovrà procedere mediante pubblica gara, aperta agli operatori del settore interessati».

Se per gli italiani la decisione arriva come un fulmine a ciel sereno, però, la vicenda risale invece al 2023, quando il presidente dei fonografici italiani Sergio Cerruti e managing director dell’etichetta discografica Just Entertainment (Je) aveva manifestato interesse per il marchio, “Festival della canzone italiana”, gestito dalla città dei fiori. La «società di edizione musicale e di produzione e realizzazione di eventi e opere di carattere musicale», ricostruisce il Tribunale amministrativo, aveva chiesto dunque di «acquisire la titolarità dei diritti di sfruttamento economico e commerciale del Festival di Sanremo (compreso il Red Carpet) e del relativo Marchio al fine di curare l’organizzazione e lo svolgimento del Festival». Manifestazione di interesse presentata in vista della scadenza (nel 2023, appunto) «della convenzione stipulata dal Comune di Sanremo con Rai – Radiotelevisione Italiana S.p.A», ma che non venne prese in considerazione dal comune sanremese. Di qui il ricorso e la decisione dei giudi di considerare illegittimo l’automatismo dell’affidamento dei diritti alla Rai. Quasi incredulo, il sindaco di Sanremo Alessandro Mager si prende qualche giorno per districarsi tra le righe della sentenza e fare charezza.

Ma intanto in Parlamento il Pd chiede che l’Ad Paolo Rossi venga in commissione di Vigilanza sulla Rai per chiarire. «La sentenza del Tar Liguria – scrivono in una nota i rappresentanti dem della bicamerale – , che annulla l’affidamento diretto alla Rai dell’organizzazione del Festival di Sanremo a partire dal 2026, getta una forte ombra di incertezza su quello che rappresenta il più grande evento mediatico del servizio pubblico e la principale fonte di incasso pubblicitario della Rai». Perciò, anche se l’edizione del 2025 «è salva», scrivono, considerano «fondamentale» che Rossi chiarisca «come intende affrontare questa situazione e garantire che il Festival di Sanremo rimanga un pilastro del servizio pubblico. Perdere il Festival sarebbe un colpo durissimo non solo per l’equilibrio economico della Rai, ma anche per la promozione della musica italiana e la tradizione culturale che questo evento rappresenta», secondo il Pd.

A caldo, però, da viale Mazzini arrivano rassicurazioni. In una nota, la Rai spiega che «i giudici amministrativi hanno confermato l’efficacia della convenzione stipulata tra Rai e il Comune di Sanremo per l’edizione 2025, nonché la titolarità in capo a Rai del format televisivo da anni adottato per l’organizzazione del Festival» e, ancora, che non ci sarebbe «nessun rischio che la manifestazione canora, nella sua veste attuale, possa essere organizzata da terzi». Di fatto, conferma la sentenza, non ci sarebbero da parte del ricorrente progetti concreti, motivo per cui a febbraio viene confermato lo svolgimento previsto dalla tv pubblica.
Mostra sorpresa da FdI anche Gianni Berrino, della commissione di Vigilanza: «Leggeremo con attenzione le motivazioni della sentenza», dice. «Fratelli d’Italia continua ad avere come primario obiettivo la tutela del Festival in quanto espressione della cultura italiana, simbolo dell’italianità all’estero e patrimonio sia della storia nazionale e sia della televisione pubblica. Per questo riteniamo che il connubio Rai-Festival di Sanremo debba continuare».





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