Impianto a biometano a ridosso dell’abbazia di Cerrate. Insorgono sindaci e il Fai: “Intollerabile”

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Un impianto per produzione di biometano nel cuore del Salento, a poche centinaia di metri dall’abbazia di Santa Maria a Cerrate, un sito di inestimabile valore culturale e turistico tutelato dal Fai (il Fondo per l’Ambiente Italiano).

Nel territorio di Lecce, ma a due passi da alcuni paesi limitrofi. Che ora insorgono e alzano le barricate. Se l’amministrazione di Palazzo Carafa non si sbilancia senza dare conferme o smentite sull’effettivo slancio del progetto, i comuni di Surbo e Trepuzzi convergono sulla stessa linea, sintetizzato in un no netto e deciso alla realizzazione dell’impianto.

Per ribadire tale presa di posizione, sabato 7 dicembre, a partire dalle 10.30, è previsto un sit-in di protesta proprio a Cerrate. “Abbiamo il dovere di difendere il nostro territorio, le sue bellezze artistiche e naturali – commenta il sindaco di Trepuzzi, Giuseppe Taurino – l’impianto che vogliono far sorgere a ridosso di Cerrate e della Marina di Casalabate va in contrasto con l’opera di riqualificazione che abbiamo messo in atto e programmato (con investimenti pubblici e privati) in tutti questi anni. In una parola sola: è incompatibile”. Il messaggio si chiude con l’invito “a restare uniti in questa difficile battaglia a difesa del territorio”.

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Anche il Fondo per l’Ambiente Italiano ha deciso di intervenire con le proprie osservazioni nella Conferenza dei servizi che si dovrà esprimere sul progetto, in un’area già compromessa dal punto di vista ambientale e che ha sopportato pressioni significative per la presenza di numerosi altri impianti industriali. “Secondo noi il progetto compromette lo sforzo generoso del Fai per dare un altro destino a questo territorio – è il pensiero di Saverio Russo, presidente regionale del Fai – e non è soltanto un problema di impatto paesaggistico, ma anche di messa in discussione di un’altra prospettiva di sviluppo, quella che il Fai ha messo in pratica qui generando buona economia. È una battaglia importante che noi faremo in autonomia, non ci legheremo ai comitati politici. Non si tratta della solita logica nimby (non in my backyard, non nel mio giardino), ma di salvare un processo lungo 12 anni per costruire un altro tipo di narrazione del nostro territorio”.

L’abbazia, di grande interesse artistico e architettonico, è gestita dal 2012 proprio dallo stesso Fai e dopo un significativo lavoro di restauro, ha riaperto le porte. Sono circa 30mila i visitatori che ogni fanno ammirano le bellezze del complesso, testimonianza dell’architettura romanica pugliese. E un nuovo impianto industriale in zona rischierebbe di mandare al macero il processo di crescita avviato ormai da anni da tutto il territorio e di aggravare una situazione già critica, soprattutto in assenza di studi approfonditi e trasparenti sugli effetti ambientali, come le emissioni.

C’è un ulteriore campanello d’allarme rappresentato dai dati epidemiologici relativi alla salute pubblica della zona che risultano allarmanti, per via di un’elevata incidenza di malattie oncologiche. “L’impatto dell’impianto – segnala in una nota il Movimento Regione Salento – non si limiterebbe all’ambiente, ma colpirebbe duramente il settore turistico ed eno-gastronomico, pilastri dell’economia locale. L’area interessata è infatti circondata da masserie storiche come Tenuta Monacelli, Masseria Melcarne e Masseria Provenzani, che rappresentano eccellenze del turismo rurale e ambasciatrici della cultura salentina a livello internazionale. Non possiamo permettere che il nostro territorio, già ferito, sia ulteriormente esposto a rischi per la salute dei cittadini”.

Sulla vicenda aleggia la posizione dell’amministrazione di centrodestra del capoluogo salentino che si è attestata su una linea di attesa delle verifiche tecniche da parte degli uffici comunali.

E questo “immobilismo” dai comuni limitrofi interessati viene interpretato come una sostanziale condivisione del progetto. Dubbi alimentati, nei giorni scorsi, quando la maggioranza non ha condiviso un ordine del giorno presentato dalla minoranza nella seduta di consiglio comunale che impegnava l’amministrazione ad avviare un’istruttoria pubblica sull’istanza dei proponenti (Agrienergia Circolare 6 srl, partecipata da un fondo comune di investimento).



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