Le associazioni ambientaliste della domenica mattina coinvolgendo anche alcune sigle nazionali SMONTANO FACILI ED ECCESSIVI ENTUSIASMI DELLE ULTIME ORE
#ègiustoinformare
Cosa sono i fondamenti epistemologici?
Termine che indica quella branca della filosofia della scienza, che studia i fondamenti, il valore, i presupposti di validità ed i limiti delle scienze, sia «esatte» (matematica e logica) sia empiriche (biologia, fisica, chimica, sociologia, storiografia, psicologia)
Le associazioni ambientaliste della domenica mattina coinvolgendo anche alcune sigle nazionali SMONTANO FACILI ED ECCESSIVI ENTUSIASMI DELLE ULTIME ORE
#puglia #campania #basilicata
#ègiustoinformare con
Acquedotto Lucano
Acquedotto Pugliese
Acque Potabili – Servizi Idrici Integrati
ASP Basilicata
ARPA Basilicata
Ispra – Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca
Ministero della Salute
BUONA LETTURA DI RIFLESSIONE CONDIVISA: BASENTO DA BERE
🔺Associazione Ambiente e Legalità
Roma, 01/12/2024
– Presidente Regione Basilicata nonché Commissario all’Emergenza Idrica
– Prefettura di Potenza
– Prefettura di Matera
– Anci Basilicata
– NOE – Comando regionale Basilicata
– NAS – Comando regionale Basilicata
– Carabinieri Forestali Comando regionale Basilicata
– ASP Basilicata – Servizio Igiene Alimenti
– Regione Basilicata – Direzione per la Salute
– ARPAB
– Acquedotto Lucano
– Acque del Sud Spa
– Autorità di Bacino dell’Appennino Meridionale
– Ministero dell’Ambiente – Direzione uso sostenibile del suolo e delle acque
– Ministero della Salute – Direttore Ufficio IV – ex Direzione generale Prevenzione sanitaria
– Istituto Superiore di Sanità
– ISPRA
– Dipartimento della Protezione Civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri
– Comuni di Potenza, Acerenza, Albano di Lucania, Anzi, Avigliano, Banzi, Baragiano, Brindisi
Montagna, Campomaggiore, Cancellara, Castelmezzano, Forenza, Genzano di Lucania, Lauren-
zana, Maschito, Oppido Lucano, Picerno, Pietragalla, Pietrapertosa, Pignola, Ruoti, San Chirico
Nuovo, Satriano di Lucania, Tito, Tolve, Trivigno, Vaglio Basilicata, Irsina, Tricarico
– Procura della Repubblica di Potenza
– Procura della Repubblica di Matera
🔹OGGETTO: emungimento del Fiume Basento a scopi idropotabili tramite potabilizzazione – Ocdpc n. 1107 del 29 ottobre 2024 – poteri del Commissario- fonti alterna-
tive – applicazione dell’artt.80 e 81 del D.lgs.152/2006 (potabilizzazione) – applicazione del D.lgs.18/2023 e altro
In merito alla situazione relativa all’emungimento di acque superficiali del Fiume Basento per avviarle alla distribuzione alla popolazione tramite potabilizzazione si osserva quanto segue
1️⃣) POTERI DEL COMMISSARIO
L’Ocdpc n. 1107 del 29 ottobre 2024 che ha individuato e perimetrato i poteri da essa conferiti al Presidente della Regione e gli obiettivi di primo intervento, tra quelli “strutturali” di cui all’art.1 comma 3 lettera b), non prevede genericamente la possibilità di integrare la risorsa disponibile attraverso qualsiasi modalità di approvvigionamento ma esplicita in maniera esatta la potenziale tipologia di intervento, individuando specificatamente la possibilità di realizzare “serbatoi e accumuli di carattere temporaneo, di punti di ricarica delle falde acquifere anche di carattere temporaneo, di impianti di pompaggio supplementari, di rigenerazione di pozzi o di realizzazione di nuovi pozzi o attingimento a sorgenti, di interconnessioni tra le reti idriche esistenti, di rifacimento e/o approfondimento di captazioni”
Si evidenzia quindi con forza che tra le possibili forme di intervento l’ordinanza non contempla la possibilità di attuare attività di emungimento di acque superficiali di fiume.
Al contempo all’art.1 comma 3 lettera a) prevede anche di “garantire l’approvvigionamento idropotabile della popolazione, anche mediante la realizzazione di punti di distribuzione della risorsa idrica alimentati mediante autobotti” attuando un piano specifico in tal senso con risorse straordinarie.
L’ordinanza è disponibile sul sito della Protezione civile nazionale:
2️⃣) NESSUNA DEROGA AGLI ARTT.80 E 81 DEL D.LGS.152/2006 – CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE DEI CORPI IDRICI SUPERFICIALI
L’Ocdpc n. 1107 del 29 ottobre 2024 non ha previsto alcuna deroga agli artt.80 e 81 del D.lgs.152/2006 che regolano la materia e che impongono una preliminare classificazione
del corpo idrico attraverso un monitoraggio di almeno un anno secondo le modalità descritte dall’Allegato II alla parte prima del Decreto.
Al contrario, su altre questioni ambientali e procedurali, sono decine gli articoli del medesimo Decreto per i quali con l’ordinanza è stata disposta la deroga.
Con ogni evidenza, quindi, il decisore ha vagliato con attenzione quali articoli derogare e tra questi appunto non vi sono quelli relativi alla classificazione funzionale preventiva dei corpi idrici ai fini della potabilizzazione.
Pertanto, non si comprende come l’intera operazione possa essere stata realizzata nell’arco di pochissimi giorni in quella che appare come un’evidente violazione di tali articoli del D.lgs.152/2006.
Poi, rispetto al dibattito, invero surreale, che è in corso in questi giorni, in parte alimentato
dalle stesse autorità preposte e incentrato proprio sulla classificazione – a testimonianza
del fatto che l’ordinanza non deroga su questo aspetto – e su analisi svolte nell’arco di pochi giorni (!) invece dell’intero anno come prevede la legge in vigore, per mero scrupolo
informativo si fa anche presente che il monitoraggio annuale potrebbe anche comportare una classificazione del corpo idrico “fuori categoria” (cioè in teoria non potabilizzabile in quanto appunto non rientrante nelle tre categorie previste dalla legge, come è accaduto, ad esempio, per il fiume Pescara in Abruzzo dove un potabilizzatore giace inutilizzato da anni)
in quanto anche la classe A3 ha dei limiti da rispettare indicati nella tabella 1/A dell’Allegato II al D.lgs.152/2006 richiamata nell’art.80 (e dalle prime analisi ARPAB – di cui si dirà a breve – alcuni parametri li superano di molto)
Non a caso, a nostro avviso, il rappresentante dell’Istituto Superiore di Sanità si è preoccupato, in un secondo intervento riportato pochi giorni fa dalla stampa, di precisare che il potabilizzatore coinvolto potrebbe trattare anche acque di qualità inferiore all’A3 (“L’impianto di potabilizzazione di Masseria Romaniello è idoneo a trattare anche acque di tipologia A3 o inferiore”).
Lo stesso ha fatto Alfonso Andretta, amministratore unico di Acquedotto Lucano, in una intervista concessa lo scorso 26 novembre al Tgr Basilicata, parlando di potabilizzazione qualora le acque fossero in categoria “A3 plus” (testuale, sic!), cioè introducendo addirittura una categoria non prevista dal Testo Unico dell’Ambiente.
In realtà un’acqua fuori dalle categorie A1, A2 o A3 non è potabilizzabile in quanto il Testo Unico dell’Ambiente in radice non prevede la specifica tecnica da associare a un tale caso.
Cosa dire, poi, del maldestro tentativo fatto nei primi giorni di novembre pure da autorevoli
esponenti di organismi tecnici di equiparare le acque del Camastra con quelle del punto di captazione sul Basento molto più a valle, che riceve acque di contesti assai più urbanizzati e industrializzati, quando è lo stesso allegato II del D.lgs. 152/2006 a disporre esplicitamente che la classificazione debba riferirsi al punto di nuovo emungimento?
A parte le criticità già evidenti di un’operazione che appare svolta al di fuori del campo normativo esistente, qualora i parametri dovessero continuare a permanere oltre i limiti di cui alla classe A3, questa potabilizzazione come dovrebbe essere svolta, secondo quali prescrizioni tecniche e, soprattutto, secondo quale deroga normativa?
Incidentalmente facciamo notare che la deroga di cui all’Art. 13 comma 8 del D.lgs. 18/2023 non può certo riferirsi alle acque da potabilizzare in quanto:
1) gli artt.80-81 del D.lgs.152/2006 si riferiscono alle analisi dell’acqua del fiume da emungere prima dei vari trattamenti tecnologici finalizzati alla potabilizzazione (trattamenti più o meno spinti da selezionare proprio attraverso queste analisi!) mentre l’art.13 del D.lgs. 18/2023 si riferisce alle deroghe sulla frequenza delle analisi dell’acqua da inviare alla distribuzione;
2) il legislatore avrebbe coordinato tale norma con gli artt.80-81 richiamandoli esplicitamente per derogarne gli effetti ma non lo ha fatto;
3) la classificazione serve appunto per individuare la tecnologia da utilizzare per arrivare alla potabilizzazione di un’acqua fluviale e, ovviamente, una norma volta ad assicurare comunque la sicurezza dell’acqua non può certo allo stesso tempo illogicamente eliminare quel passaggio che consente di individuare il trattamento da attuare.
Quindi, qualora qualcuno volesse pretendere la sussistenza di una qualche deroga, anche indiretta, agli art.80-81 del D.lgs.152/2006, non potrebbe certo riferirsi all’art.13 comma 8 che non può essere interpretato come una norma utile a derogare a una procedura preventiva che serve appunto per individuare le tecnologie indispensabili per giungere a un’acqua potabile sicura!
3️⃣) ACCREDITAMENTO LABORATORI ARPAB
Si aggiunge, altresì, che dall’esame dei referti Arpab pubblicati in questi giorni sul sito WEB istituzionale dell’Agenzia, gli stessi non riportano alcun riferimento all’accreditamento
sulle singole prove per ogni parametro obbligatorio per legge fin dal 2017 (prima con il Decreto 14 giugno 2017 “Recepimento della direttiva (UE) 2015/1787 che modifica gli allegati II e III della direttiva 98/83/CE sulla qualità delle acque destinate al consumo umano.
Modifica degli allegati II e III del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31″ e ora con il D.lgs. 18/2023).
Il comma 1 dell’Allegato tecnico II del Decreto 14 giugno 2017 così testualmente recitava:
“1. I laboratori, o i terzi che ottengono appalti dai laboratori, applicano pratiche di gestione della qualità conformi a quanto previsto dalla norma UNI EN ISO/IEC 17025 o da altre norme equivalenti internazionalmente riconosciute devono essere accreditati in
conformità alla norma UNI EN ISO/IEC 17025:2005 recante «Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura da un ente di accreditamento designato da uno Stato membro dell’Unione europea, ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008. L’accreditamento e la valutazione dei laboratori di prova riguardano singole prove o gruppi di prove e deve essere conseguito entro il 31 dicembre 2019.” (neretto e sottolineatura nostri, ndr)
Invece, dalla consultazione delle banche dati ACCREDIA (unico ente certificatore italiano) avvenuta il 27/11/2024, risulta che i laboratori di Acquedotto Lucano siano accreditati per diverse prove (ma non per fitofarmaci, PFAS e altre sostanze che sarebbero state segnalate nelle acque del fiume Basento).
4️⃣) ANALISI DI RISCHIO – D.LGS.18/2023
Infine, desta sconcerto quanto affermato nel parere dell’ASP Prot. 241124-emerg1 del 24/11/2024 in cui si esprime parere favorevole all’immissione in rete dell’acqua emunta e potabilizzata, non solo per le criticità sopra descritte ma anche per lo scarno passaggio in cui si richiama “l’analisi di rischio resa disponibile dal gestore idropotabile” nonché “quant’altro specificato nel comma 8 articolo 13 del D.lgs.18 del 23 febbraio 2023”.
Si evidenzia fin da ora, per meglio inquadrare quello che si dirà, che il già citato comma 8 dell’art.13 sulle deroghe viene applicato, come recita appunto il comma, “tenendo in particolare conto delle risultanze dell’analisi di rischio rese disponibili dal gestore idro-potabile ai sensi dell’articolo 8” (del Decreto stesso, ndr).
Vediamo come si deve arrivare all’elaborazione di questa “analisi di rischio” secondo appunto l’articolo 8 del Decreto 18/2023.
Intanto la cosiddetta analisi di rischio “è definita e implementata” attraverso il “Piano di Sicurezza dell’Acqua PSA” ed è effettuata “in conformità con l’art.6” del decreto stesso (lettera aa) dell’art.2 “Definizioni” del D.lgs.18/2023).
L’approccio basato sul rischio è basato sul “controllo olistico di eventi pericolosi e pericoli di diversa origine e natura” (Art. 6 comma 1 del decreto) e comprende al successivo comma 2):
-lettera a) “una valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo delle acque da destinare al consumo umano, in conformità all’articolo 7”
Tale valutazione è effettuata dalle regioni;
-lettera b) una “valutazione e gestione del rischio di ciascun sistema idro-potabile che includa il prelievo, il trattamento, lo stoccaggio e la distribuzione delle acque destinate al consumo umano,”
Tale valutazione è “effettuata dai gestori idro-potabili in conformità all’articolo 8”;
Al successivo comma 4, per l’attuazione della lettera a) sopra richiamata si dispone che
“Le regioni e province autonome effettuano e approvano una valutazione e gestione del
rischio di aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano di cui al comma 2…omissis….e attraverso l’interoperabilità dei sistemi informativi SINTAI e AnTeA ai sensi dell’articolo 7, comma 16, la mettono a disposizione delle Autorità ambientali regionali, delle Autorità sanitarie regionali e locali…omissis…nonché dei gestori
idro-potabili operanti nei territori di propria competenza”
Al successivo comma 7, invece, si precisa, per l’attuazione della lettera b) sopra richiamata, che:
“i gestori idro-potabili: a) dimostrano l’adeguatezza della valutazione e gestione del rischio della filiera idro-potabile ai criteri di cui all’articolo 8, mediante elaborazione di Piani di Sicurezza dell’Acqua (PSA) per ogni sistema di fornitura idro-potabile, che sottopongono all’approvazione da parte del Centro Nazionale per la Sicurezza delle Acque (CeNSiA) di cui all’articolo 19; …omissis”
L’Articolo 7 precisa le modalità con cui le Autorità ambientali delle regioni “provvedono ad effettuare la valutazione e gestione del rischio delle aree di alimentazione dei punti di prelievo delle acque da destinare al consumo umano”.
In particolare, in sintesi, le regioni devono utilizzare tutti i dati dei monitoraggi obbligatori sulle acque derivanti dalle norme ambientali (in particolare il D.lgs.152/2006).
Infatti, il comma 3 prevede che:
“3. La valutazione del rischio include almeno i seguenti elementi:
…omissis…
b) l’individuazione dei pericoli e degli eventi pericolosi nelle aree di alimentazione per i punti di prelievo e la valutazione del rischio che essi potrebbero rappresentare per la qualità delle acque da destinare al consumo umano; tale valutazione prende in esame i possibili rischi che potrebbero causare il deterioramento della qualità dell’acqua, nella misura in cui ciò possa rappresentare un rischio per la salute umana;
c) un adeguato monitoraggio nelle acque superficiali o nelle acque sotterranee o in entrambe per i punti di prelievo e nelle acque da destinare a consumo umano, di pertinenti
parametri, sostanze o inquinanti selezionati tra i seguenti:
…omissis…
3) sostanze prioritarie e alcuni altri inquinanti, selezionati sulla base dei criteri di cui al punto A.3.2.5, di cui alla Tabella 1/A dell’allegato I alla parte terza del decreto legislativo n.
152 del 2006;
4) inquinanti specifici dei bacini idrografici riportati nei Piani di gestione delle acque, selezionati sulla base dei criteri di cui al punto A.3.2.5 e di cui alla Tabella 1/B dell’al-
legato I alla parte terza del decreto legislativo n. 152 del 2006;
…omissis…
6) sostanze presenti naturalmente che potrebbero rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana attraverso l’uso di acque destinate al consumo umano.” (a
mero titolo di esempio, idrocarburi, ndr).
Non basta.
Sulla base della valutazione il successivo comma 10 impone alle Autorità ambientali delle Regioni di adottare “le opportune misure di gestione del rischio intese a prevenire o controllare i rischi individuati” adottando misure di prevenzione.
Veniamo ora alle incombenze dei gestori definite dall’art.8.
Esso recita:
“1. I gestori idro-potabili effettuano una valutazione e gestione del rischio dei propri sistemi di fornitura, attraverso l’elaborazione del PSA del sistema di fornitura idro-potabile e la successiva richiesta di approvazione dello stesso da parte del CeNSiA, secondo quanto previsto all’articolo 6, commi 6 e 7.
2. Il PSA di cui al comma 1 è conforme ai seguenti criteri: a) tiene conto dei risultati della valutazione e gestione del rischio effettuata conformemente all’articolo 7;
…omissis…
Riepilogando, tenendo conto della sequenza temporale e logica dettata dal D.lgs.18/2023, l’analisi di rischio di cui parla l’ASP nel parere favorevole dovrebbe essere contenuta dal Piano di Sicurezza delle Acque di Acquedotto Lucano che a sua volta può essere elaborato e approvato dal CeNSia esclusivamente solo dopo la definizione da parte della regione Basilicata della valutazione e gestione del rischio nelle aree di alimentazione dei punti di prelievo, valutazione svolta avendo a disposizione tutti i monitoraggi ambientali prescritti dalle leggi vigenti.
Il parere dell’ASP e la lettura degli obblighi derivanti dal Decreto fa quindi insorgere molte domande sulla regolarità del processo:
1) La Regione Basilicata ha approvato la valutazione del rischio nelle aree di alimentazione di cui all’art.7 propedeutica alla redazione, da parte del gestore, del Piano di Sicurezza delle Acque di cui all’art.8?
2) Su quali dati può averlo fatto, se lo ha fatto, visto che nella relazione aggiornata al 13 novembre, disponibile qui:
https://www.arpab.it/arpab/wp-content/uploads/2024/11/rel_basento.pdf)
ARPAB ammette come non sia possibile definire lo Stato chimico del corso d’acqua in quanto “la norma prevede campionamenti non inferiore a 12 in un anno di monitoraggio”?
Non vengono altresì riportati nei report pubblicati negli ultimi giorni da Arpab i dati di bio-accumulo nel biota, nonostante anche questo monitoraggio sia obbligatorio ai fini della classificazione chimica prevista dalle norme sui corpi idrici superficiali (cfr.allegati al D.lgs. 152/2006 così come modificati e aggiornati dal D.lgs.172/2015).
Abbiamo provato a rintracciare la documentazione disponibile sulla classificazione.
Sul sito WEB istituzionale della Regione Basilicata
http://h#ps://www.regione.basilicata.it/giunta/site/ giunta/detail.jsp?otype=1056&id=238656
compaiono dati relativi alla classificazione ambientale dei fiumi della regione solo fino al 2019 nonostante gli obblighi di legge circa i monitoraggi ambientali, anche per la sola trasparenza dei dati ambientali.
Peraltro, nei dati pregressi, ormai risalenti nel tempo, emergevano criticità proprio per il Basento.
Non a caso, perché questo corso d’acqua attraversa aree antropizzate, con scarichi sia civili che industriali (basti pensare all’area industriale di Potenza), e riceve acque di affluenti anch’essi sottoposti a gravissimi stress ambientali (basti pensare al torrente Tora).
Queste acque sono state oggetto nel passato anche di inchieste della Magistratura per gli inquinanti riscontrati.
Invece sul WEB Gis dell’ISPRA
https://sinacloud.isprambiente.it/portal/ apps/dashboards/3474e8845159409394fa22231b862add
è disponibile la mappa relativa allo stato chimico dei corpi idrici da cui emergerebbe un “buco” di dati per l’intera Basilicata (la stessa mappa è riportata nell’Annuario dei Dati Ambientali ISPRA più recente, quello 2024 relativa al II Piano di Gestione sestennio 2010-1015.
Pur non avendo, per ora, accesso a tale analisi di rischio depositata dal gestore e ai dati ivi contenuti (che ci riserviamo di commentare non appena verremo in possesso del do-
cumento) non si comprende, quindi, in assenza di dati fondamentali e dunque dirimenti derivanti dai monitoraggi obbligatori su base come minimo annuale svolti della rete delle agenzie ambientali, come possa essere stata svolta un’analisi di rischio secondo i parametri fissati dall’art.7 del D.lgs.18/2023.
Ciò anche per una ragione tecnica banale: i fiumi possono essere interessati da fonti di pressione con scarichi di inquinanti con andamenti stagionali (a mero titolo di esempio, i trattamenti fitosanitari).
3) Il Piano di Sicurezza delle Acque del gestore è stato approvato dal CeNSia come previsto dalla legge?
4) Quali azioni di mitigazione sono state attivate nelle aree di alimentazione?
5️⃣)PROCEDURA DI VERIFICA DI ASSOGGETTABILITÀ A V.I.A., V.INC.A. E FASE PUBBLICA
L’Ocdpc n. 1107 del 29 ottobre 2024 all’art.4 comma 4 dispone che che “Per i progetti di interventi e di opere per cui sono previste dalla normativa vigente le procedure in materia di valutazione di impatto ambientale, la valutazione d’incidenza ambientale,
ovvero per progetti relativi ad opere incidenti su beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, le relative procedure devono essere concluse, in deroga alle vigenti disposizioni, entro il termine massimo di trenta giorni dalla attivazione, comprensivo della fase di consultazione del pubblico, ove prevista, non inferiore a
sette giorni. …omissis…”
La stessa Ordinanza, per quanto riguarda le deroghe alle norme ordinarie, specifica che per l’Art.19 del D.lgs.152/2006, quello relativo alla procedura di Verifica di Assoggettabilità a V.I.A., si deroga esclusivamente “limitatamente ai termini ivi previsti;”
D’altro lato è noto che non è possibile derogare da normative di derivazione comunitaria, come in questo caso le procedure di V.A.V.I.A.
Ebbene, l’opera di derivazione in questione sul Basento, della portata di 400 litri/secondo, rientra inequivocabilmente tra quelle da assoggettare a Verifica di Assoggettabilità a V.I.A. appartenendo, precisamente, alla categoria “d) derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo” del punto 7) dell’Allegato ALLEGATO IV
“Progetti sottoposti alla Verifica di assoggettabilità di competenza delle
regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.” del D.lgs.152/2006.
Dalla consultazione del sito istituzionale della Regione Basilicata non risulta attivata alcuna procedura in tal senso, che, ricordiamo, prevede la divulgazione di un avviso al pubblico, il deposito di uno Studio Preliminare Ambientale e la possibilità per i cittadini, le associazioni, le istituzioni ecc. di presentare osservazioni entro un termine minimo di 7 giorni, come previsto dall’Ordinanza.
L’omissione di questa procedura sarebbe un fatto estremamente grave sia sotto l’aspetto della trasparenza che dal punto di vista della partecipazione del pubblico, avendo sottratto alla prevista dialettica pubblica un intervento così rilevante per la vita dei cittadini, costituendo altresì violazione di una normativa comunitaria che espone il paese al rischio procura di infrazione.
Tra l’altro, tra i criteri per la Verifica di Assoggettabilità a V.I.A., l’allegato V del D.lgs. 152/2006 individua, a mero titolo di esempio, anche “c) dell’utilizzazione di risorse naturali,
in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità;”, “e) dell’inquinamento e disturbi ambientali;” “g) dei rischi per la salute umana quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo,
quelli dovuti alla contaminazione dell’acqua o all’inquinamento atmosferico.”
Gli impatti devono essere valutati sulla base: “a) dell’entità ed estensione dell’impatto quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, area geografica e densità della popolazione potenzialmente interessata; b) della natura dell’impatto; ….omissis… d) dell’intensità e della complessità dell’impatto; e) della probabilità dell’impatto; f) della prevista insorgenza, durata, frequenza e reversibilità dell’impatto; g) del cumulo tra l’impatto del progetto in questione e l’impatto di altri progetti esistenti e/o approvati; h) della possibilità di ridurre l’impatto in modo efficace.”
Ricordiamo che la procedura di V.I.A. è la sede appropriata per discutere delle alternative progettuali.
Inoltre, pur essendo la captazione situata probabilmente al di fuori di siti Natura2000, la riduzione della portata del fiume potrebbe avere effetti a valle, dove sono presenti siti protetti a livello comunitario. Come è noto, il DPR 357/1997 nonché la giurisprudenza a ogni livello evidenziano l’obbligo di sottoporre a procedura di Valutazione di Incidenza Ambientale tutte le opere, anche esterne ai siti Natura2000, che possono avere conseguenze nel sito.
CONCLUSIONI
Chi scrive è ben conscio che l’indisponibilità di acqua può creare impatti igienico-sanitari
estremamente rilevanti che è necessario scongiurare anche con provvedimenti eccezionali.
Ciò anche al di là delle responsabilità, che pure dovrebbero essere accertate, per essere arrivati a tale condizione così critica.
Esclusivamente in quest’ottica e limitatamente alla questione dei rischi connessi a una crisi idrica di grande portata, comprendiamo la posizione espressa dal Dr. Luca Lucentini dell’Istituto Superiore di Sanità nella nota Prot.49480 del 23/11/2023, parere dove però si ammette testualmente che le conclusioni sono state tratte “sulla base dei pur limitati
elementi disponibili in merito alla richiesta”
(di Acquedotto lucano, unico documento che risulta essere stato esaminato dall’ISS come risulta dalla nota 1 in calce al parere, ndr).
In realtà, molti dei richiami teorici contenuti in quel parere, ad esempio quelli sull’applicazione dell’art.7 del D.lgs.18/2023, visto quanto sopra illustrato e considerati gli elementi che mettiamo a disposizione e non discussi in quel parere, alla prova dei fatti appaiono privi di un solido collegamento con la realtà e, in alcuni punti, anche scollegati dalle indicazioni e dai limiti fissati dall’Ordinanza di Protezione Civile (che non ha inteso derogare agli artt.80-81 del D.lgs152/2006) che non possono essere certo superati da un parere per quanto autorevole.
Alla luce delle molteplici e oggettive criticità sopra poste, anche suggerimenti sulla carta
molto utili come quelli relativi all’introduzione di precauzioni d’uso per la prevenzione dei rischi, appaiono di difficile concreta applicabilità se utilizzati esclusivamente “a valle”, anche in considerazione dei tempi di risposta che intercorrono tra prelievi e restituzione dei referti con i risultati analitici, durante i quali l’acqua comunque scorrerebbe nei rubinetti delle case.
Gli stessi dubbi li nutriamo, in considerazione di quanto appena sopra ricordato, alla storia recente della Basilicata (dal caso Cova a quello dell’Itrec), delle plurime inadempienze in campo ambientale che nella nostra nota sono solo in parte state ricordate, nonché della
stessa situazione che ci stiamo trovando ad affrontare, rispetto ai pur lodevoli richiami relativi alla concreta applicazione delle misure di prevenzione e controllo di cui all’art.7
comma 10 sulla gestione attiva del rischio. Il parere, peraltro, contiene anche alcuni passaggi che appaiono travalicare alcune competenze, visto che, ad esempio, la caratterizzazione del corpo idrico non spetta né dell’ISS né del soggetto gestore, ma alla Regione (Art. 7 comma 3 lettera a) del D.lgs.18/2023).
Allo stesso tempo si deve ricordare che operare nel pieno rispetto del quadro normativo esistente – compreso appunto quello definito dalle ordinanze di Protezione civile – è fondamentale ancor di più in un momento emergenziale in cui le norme stesse sono poste sotto stress dall’emotività e dal bisogno del momento, onde evitare di scadere nell’arbitrarietà o peggio.
Inoltre, l’azione dovrebbe essere comunque connotata da quella cautela che qui non sembra essere stata praticata, ad esempio, ricorrendo a specifiche precauzioni e/o limitazioni d’uso che pure la norma ordinaria prevede.
Se si vuole derogare dall’art.80 oppure al sistema di accreditamento dei laboratori oppure ad altri passaggi della normativa sull’analisi di rischio, l’ordinamento individua i decisori che devono assumerne la relativa piena responsabilità davanti ai cittadini.
Idem per quanto riguarda il perimetro di azione di un commissario.
Ciò anche perché deve essere chiaro cosa accade quando la finestra emergenziale si chiude, tornando alle norme ordinarie.
In considerazione di quanto sopra evidenziato si chiede:
– agli organi inquirenti, di valutare la legittimità dell’operato dei vari soggetti a vario titolo coinvolti e l’eventuale sussistenza di reati;
– alle autorità a vario titolo coinvolte, di pubblicare, anche secondo quanto previsto dal D.lgs.195/2005, tutta la documentazione inerente il caso sui propri siti WEB istituzionali (a mero titolo di esempio: valutazioni di rischio se esistenti; analisi di rischio; PSA ecc.)
– alle altre autorità, di rivalutare, anche in auto-tutela, le proprie decisioni nonché di provvedere a tutti i monitoraggi secondo le prescrizioni delle norme attualmente vigenti, adeguando altresì i laboratori ai requisiti di legge o ricorrendo a quelli che li soddisfano.
– di dare pubblicità alle valutazioni circa le alternative progettuali esaminate e alla loro fattibilità attuale e/o futura rispetto all’emungimento a scopo idropotabile del Basento previa potabilizzazione.
Cordiali saluti,
Per l’Associazione Acqua Bene Comune
Augusto De Sanctis
Per l’associazione Coordinamento Nazionale No Triv
Francesco Masi
Per l’associazione WWF Potenza e aree interne
Nicola Magnella
Per l’associazione Ambiente e Legalità
Pio Abiusi
Per l’associazione ARCI Basilicata
Paolo Pesacane
Per il Coordinamento Regionale Acqua Pubblica di Basilicata
Lidia Ronzano
Per l’associazione Ce.St.Ri.M.
Marcello Travaglini
PER QUESTA NOTA, SEGRETERIA ASSOCIAZIONI E COMITATI E CONTATTI:
Acqua Bene Comune APS – via Romanello da Forlì .n.18 – 00176 Roma
PEC: associazioneacquabenecomune@pec.it
Rosario Gigliotti, 3316498975
Augusto De Sanctis, 3683188739
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