Nei giorni scorsi si è tenuto un incontro a Montoro per discutere sulle strategie per il Recupero e la Valorizzazione dei “centri minori” – TERZA MISSIONE (non è dato sapere quali siano stati i temi della prima e della seconda) per parlare delle potenzialità del Borgo di Aterrana. Incontro organizzato dall’Università degli Studi di Salerno, dagli Ordini professionali e dal Comune di Montoro. Ebbene, raccontare quanto è successo in questi ultimi quarant’anni ad Aterrana sarebbe troppo semplice e per certi versi anche noioso, tanto più che il tutto può essere condensato in questo detto napoletano: “… fà comme a Santa Chiara: dopp’ arrubbata ce mettetero ‘e pporte ‘e fierro…” (far come per la Chiesa di Santa Chiara; dopo che fu depredata le si apposero porte di ferro)! Intanto l’intervento del Sindaco Carratù, certamente nuovo rispetto agli accadimenti pregressi come Amministratore ma non certo come cittadino del Comune contermine (ex Montoro Inferiore di cui è stato anche il Sindaco prima della “fusione” a freddo), ha fatto emergere un po’ di “spaesamento” soprattutto nel punto in cui ha “colpevolizzato” inconsapevolmente i Cittadini di Aterrana per essere proprietari dei Palazzi che di fatto costituiscono il Borgo. Senza strumentalizzare tale dichiarazione, è facile intuire cosa avesse in mente, dimostrando con ciò ancora una volta che, per l’Amministrazione Comunale in carica ma anche per quelle che si sono avvicendate, non risulta sufficientemente chiaro il proprio “ruolo” rispetto a tematiche di cui si discute tanto, soprattutto per il ruolo trasversale che costituisce il pilastro della Riqualificazione Urbana. Non hanno ancora ben compreso che il ruolo di un’Amministrazione Comunale è quello di partire dai bisogni per mettere a disposizione della Comunità gli “strumenti”, i servizi. Certamente al Sindaco Carratù non si può addebitare lo “sfascio Urbanistico” di Aterrana ma le sue parole sono la rappresentazione plastica di come certi temi, pur essendo continuamente dibattuti, vengono fatti ribalzare per decenni, trasformando tutto inconsapevolmente in una questione di “facciate”, tantopiù che sul tappeto vengono messi sempre gli stessi problemi. Purtroppo non è sufficientemente chiaro che bisogna sfuggire dalla tentazione di rappresentare come problema la proprietà privata del Patrimonio abitativo! Questo tipo di approccio dimostra davvero che siamo all’anno zero e oltretutto evidenzia anche una grave commistione di ruoli ulteriormente confusi da incomprensibili accordi di programma e convenzioni, senza dire che quanti siedono al tavolo della Presidenza degli incontri non hanno il coraggio di raccontare le cose con chiarezza, limitandosi ad affermazioni vuote, incapaci di centrare l’obbiettivo ma “navigando a vista”. Diciamo la verità: quello che emerge durante questi incontri è tanta ipocrisia che la gente che abita questi luoghi non merita. Resta il fatto che ad oggi, malgrado i decenni trascorsi, ai cittadini di Aterrana, ma soprattutto alla Pubblica Amministrazione e ai cultori della materia, non è ancora sufficientemente chiaro che, se davvero si vuole dare un contributo alla causa della valorizzazione del centro storico di Aterrana, il Governo del Territorio deve mettere a disposizione gli “strumenti” affinchè la Comunità possa davvero progettare il futuro: i soldi vengono dopo, le cose calate dall’alto non hanno futuro soprattutto quando ci si confronta con le pietre, con realtà urbane fortemente stratificate. Del resto, dove questi esperimenti “guidati” sono stati fatti, proprio per essere stati pensati e gestiti a tavolino, si sono dimostrati un fallimento. E’ necessario ed urgente rendersi conto che a far gli investimenti dovevano essere gli imprenditori, ma è chiaro però che costoro sono disponibili a mettere a disposizione il capitale se ci sono i presupposti per farlo! Se intravedono profitto! Per costruire il futuro di un Borgo, intanto bisogna essere capaci di invertire la fase dello spopolamento: un Borgo, sopravvive solo se c’è la Comunità e questa non è fatta in maniera semplicistica da “uomini” ma da un “apparato produttivo”. Una Comunità regge se è fatta da contadini, boscaioli, commercianti, artigiani, professionisti e tanto altro ancora: solo se tutto si basa su questa rete di relazioni può dare frutti, altrimenti qualsiasi scelta non può funzionare. Gli imprenditori non intervengono perché non possono limitarsi ad imbiancare le facciate o ripristinare le finestre: intervengono solo se possono “dare corpo” e “anima” alle cose, se manca questo, viene meno l’economia e sono solo parole al vento. Non voglio ripetermi ma deve essere chiaro che il compito di una Amministrazione non è quello di accertare la proprietà dei Palazzi ma, partendo dalla conoscenza del luogo, dalla sua vocazione ma soprattutto dal Territorio vasto, programmare i servizi necessari per supportare tutte le iniziative che si candidano per il nuovo Rinascimento non solo di Aterrana ma di tante altre realtà. E’ evidente che, se da una parte si discute di Recupero e Valorizzazione e dall’altra si fanno Ordinanze per la demolizione di Palazzi di valore storico e architettonico, non si va da nessuna parte perché emerge solo ipocrisia e soprattutto quel disorientamento da cui una Comunità, piccola o grande che sia, non può riprendersi. La delusione viene anche dal mondo Accademico atteso che, malgrado la buona volontà profusa, quanto viene proposto appare sconnesso dal Territorio, non contribuisce a suggerire le “linee guida” per lo sviluppo, a tratti sembra quasi un rapporto che definirei “utilitaristico” e tale presenza non sembra concretizzarsi in un impulso ai processi. Non vengono affrontati temi capaci di coinvolgere in maniera determinante le aree interne o, come riportato nella locandina, i cosiddetti “centri minori”, ma fatte proposte frammentarie e localistiche che non possono mai rappresentare una guida, dare un indirizzo alle cose: sono idee che spesso si concretizzano nella copia di idee e progetti proposti dagli stessi proprietari quarant’anni fa. Sinceramente trovo tutto questo deludente, soprattutto nella misura in cui l’Università si propone come “interlocutore” nella gestione dei processi, senza chiarire neppure quali ed in che modo: come Progettista? Come ricercatrice di strategie? Per individuare linee guida per lo sviluppo? Non si intravede nulla di ciò! In tutto questo, parlando di Montoro si continua ad ignorare che siamo di fronte ad una realtà urbana invidiabile grazie ad un perfetto equilibrio territoriale: una città policentrica da fare invidia a tante altre realtà urbane e territoriali, ma dove il Governo del Territorio si dimostra incapace di individuare strategie di sviluppo che, partendo dalla vocazione del luogo, arrivino alla valorizzazione della città nel suo insieme. E’ inutile puntare su una forzata “industrializzazione” unicamente per dimostrare dinamismo e capacità di spesa, negando un passato artigianale e contadino e compromettendo così il futuro dei borghi con l’abbandono e la desertificazione. Conservare l’identità dei Borghi è fondamentale per la loro sopravvivenza, rappresentano da sempre il Patrimonio più importante del Territorio: sembra banale ma questi sono i temi che vanno messi sempre sul tappeto se vogliamo che i centri urbani non si spopolino. E’ necessario ed urgente rendersi conto che la soluzione non la si trova mostrando piantine datate di fabbricati storici e individuando pseudo funzioni: bisogna prima progettare il futuro dell’interno urbano se vogliamo che tutto riviva: altrimenti sono solo segni sulla carta e parole al vento.
Carmine Petraccaro (Architetto)
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