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Nei mesi invernali, le cittadine del nord Europa si tingono di una sfumatura grigio-verde, anticipatrice della stagione delle feste, dei cortili innevati, delle luci e dei sempre-verdi. Ed è tutta una questione di moda e antiche tradizioni. Il grigio-verde in questione è infatti quello del loden, un tessuto lanoso ricavato dal manto delle pecore di montagna del Tirolo – la regione alpina dove secoli fa è stato introdotto per la prima volta – attraverso un processo di “finitura umida” o “infeltrimento”, laddove la lana vergine viene bagnata e impastata, fino a raggiungere un ispessimento del 66%. È così che si ottiene una materia termoisolante e idrorepellente: in definitiva, il primo tessuto performante mai realizzato.
La caratteristica più riconoscibile del loden è, come anticipato, il colore, ma è poi il tessuto funzionale a contare davvero: su di esso le gocce di pioggia scivolano via, mentre le fibre naturali mantengono i capi traspiranti. Dall’Undicesimo secolo ad oggi il loden è stato utilizzato per creare di tutto, dalle calze agli abiti, dai mantelli ai guanti, ma la sua espressione più iconica rimane il cappotto. Il modello Hubertus prodotto dall’azienda austriaca Schneiders ci offre l’esempio perfetto: un capospalla di media lunghezza, dalla vestibilità generosa – “oversize”, diremmo oggi – caratterizzato da una profonda piega invertita sul retro, tasche laterali, bottoni in pelle e maniche aperte sotto le braccia. Un modello altamente funzionale, che garantisce massima libertà di movimento per le attività all’aria aperta, e punto di partenza delle successive variazioni sul tema che nel tempo si sono susseguite – non da ultimo, quelle osservate sulle ultime passerelle dell’Autunno Inverno 2024 2025.
Il Loden nella storia
Riavvolgendo il nastro e soffermandoci sul tema del vestiario tirolese in età medievale, già dall’Undicesimo secolo i pastori della regione usavano far bollire il vello delle pecore con aghi di pino, da cui il caratteristico colore verde. Fino al Diciannovesimo secolo il loden era prerogativa dei soli contadini, accanto al lino e alla pelle. Fautore dell’ingresso del loden nell’alveo delle mode borghesi fu allora l’arciduca Giovanni d’Asburgo, fratello dell’imperatore Francesco II e trendsetter ante litteram. Una pesante sconfitta subita contro le forze rivoluzionarie francesi a Hohenlinden, nell’Alta Baviera, il 3 dicembre del 1800, lo portò in Tirolo, dove fu chiamato a rappresentare il fratello. Fu un dolce ritiro, complice anche il fiorire dell’età del Romanticismo: l’arciduca rimase folgorato dalle montagne, dalla cultura locale e dall’abbigliamento del Tirolo, tanto da abbracciarne lo stile sartoriale.
Quando anni più tardi tornò alla corte asburgica di Vienna lo fece avvolto in un cappotto di loden. Fu così che un tessuto rustico, conosciuto nel solo ambiente contadino, prese piede tra i gentiluomini austriaci e, successivamente, anche di Francia, Germania e nord Italia. Dal secolo scorso i cappotti in loden fanno parte del paesaggio invernale europeo – e non solo – tanto che secondo quanto riportato da un articolo del New York Times del 1976 dal titolo Moda: a Parigi, Loden su Loden, nel solo mese di novembre i grandi magazzini di Le Galeries Lafayette ne avevano venduti oltre millecinquecento.
Il Loden sulle passerelle dell’Autunno Inverno 2024 2025
Da allora il loden e la sua cromia verdastra non hanno mai smesso di tingere i nostri inverni nella forma di un indumento dalla doppia funzione di impermeabile e caldo cappotto invernale. Da un anno a questa parte la tendenza pare tuttavia incrementata, complice la diffusione del cosiddetto gorpcore. Acronimo di Good Ol’ Raisins and Peanuts – “la buona vecchia uva passa con noccioline”, il termine gorp fa riferimento a un mix nutriente, particolarmente adatto a lunghe e faticose attività all’aria aperta. Per estensione e per aggiunta del suffisso -core il dizionario della moda ne ha fatto una tendenza, uno stile proprio di chi veste abitualmente abiti da attività outdoor. Ne fanno parte scarpe da running o da arrampicata, gilet in pile, borse in nylon, zaini e pantaloni cargo dotati di ampie e numerose tasche, calzettoni di lana, cappelli di maglia e, naturalmente, gli indumenti in loden – specie il cappotto impermeabile.
Massimo interprete della tendenza sulle ultime passerelle invernali è stato Simone Bellotti, direttore creativo di Bally, con una collezione che ha attinto a piene mani dal folklore alpino. Nella sua traduzione poetica della cultura sartoriale svizzera, funzionale ma pur sempre aggraziata, Bellotti ha proposto un cappotto in loden doppio petto con orlo a campana, un vestito dello stesso materiale volutamente infeltrito dal quale sbucava un inserto in pelliccia e lunghe silhouette a sirena come quelle che il mito relega sui fondali dei laghi svizzeri. Ferragamo, dal canto suo, ha aperto la sua sfilata con una serie di total look verde oliva tra i quali, immancabile, la tonalità loden in un lungo cappotto alle caviglie. Ann Demeulemeester ha invece optato per un modello midi con inserto in pelliccia, offerto a compendio di un paio di stivali in pelle lucida con calzettoni di lana, in pieno stile gorpcore. Lo stesso verde è stato avvistato da Gucci e Loro Piana, con collezioni minimali nelle forme e massimaliste nella scelta di tessuti volumetrici, Elie Saab, che ne ha impreziosito i suoi cappotti di rose tridimensionali, e da Etro, dove si è scelto di rivitalizzare il grigio-verde con effigi dorate.
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