Gli Italiani vogliono la pace: il No alle spese militari nel Rapporto Censis 2024. Ma il Governo Meloni tira diritto e continua a fare lo zerbino della NATO (I. Smirnova)

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Secondo il 58° Rapporto Censis, gli italiani stanno manifestando un sempre più netto rifiuto verso politiche di militarizzazione e l’aumento delle spese belliche. In particolare, il sondaggio rivela che “il 66,3% della popolazione attribuisce all’Occidente, con gli Stati Uniti in prima linea, la responsabilità principale dei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente”. Questo dato testimonia una profonda crisi di fiducia verso le strategie geopolitiche occidentali e una crescente consapevolezza critica del ruolo delle potenze internazionali.

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Parallelamente, “solo il 31,6% degli italiani appoggia l’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, come richiesto dalla Nato”, un dato che riflette una decisa opposizione all’espansione degli investimenti in armamenti. La maggioranza della popolazione italiana sembra dunque invocare un cambio di paradigma: meno fondi destinati alla guerra, più risorse per la pace, il benessere sociale e il sostegno alle popolazioni colpite dai conflitti.

L’opposizione all’aumento delle spese militari non è solo un fatto economico, ma anche culturale e morale. Molti italiani, influenzati dalla lunga tradizione di pace e dialogo che contraddistingue il paese, percepiscono le spese belliche come un ostacolo alla risoluzione pacifica delle controversie. In particolare, il conflitto in Ucraina e le crisi nel Medio Oriente vengono letti come conseguenze di strategie aggressive e interventiste che peggiorano le tensioni internazionali anziché risolverle.

Questo sentimento è rafforzato da una crescente richiesta di una politica estera basata su diplomazia, cooperazione e disarmo. Campagne come quelle promosse da ICAN (la Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari), insignita del Nobel per la Pace, e movimenti per la riduzione delle spese militari stanno trovando sempre maggiore sostegno nel panorama italiano.

Il dato del Censis è un messaggio chiaro alla politica italiana, che negli ultimi anni ha spesso seguito le richieste della Nato e degli Stati Uniti sull’aumento degli investimenti in armamenti. Tuttavia, il distacco tra queste politiche e l’opinione pubblica appare sempre più evidente. Molti cittadini chiedono un’inversione di rotta che privilegi il dialogo e le soluzioni pacifiche, riducendo le spese belliche a favore di investimenti in settori cruciali come sanità, istruzione e ambiente.

La fotografia scattata dal Rapporto Censis 2024 evidenzia un’Italia che, nonostante le pressioni internazionali, continua a preferire la pace alle armi. Questo sentimento popolare potrebbe rappresentare un punto di svolta nella definizione delle politiche future del paese, sia a livello nazionale che internazionale. Di fronte a un mondo sempre più diviso, gli italiani si schierano dalla parte del dialogo e della cooperazione, riaffermando il valore della pace come pilastro fondamentale della società.

Gli italiani e il rifiuto delle armi: una costante nei sondaggi

L’opposizione degli italiani all’invio di armi nei conflitti internazionali non è una novità emersa solo con il 58° Rapporto Censis 2024. Già in passato, numerosi sondaggi e rilevazioni hanno confermato una posizione chiara e diffusa nella società italiana: la preferenza per la diplomazia e il dialogo, anziché per il supporto armato.

Nel contesto dello scoppio della guerra in Ucraina, vari istituti di ricerca hanno evidenziato una forte contrarietà dell’opinione pubblica italiana all’invio di armi a Kiev. Un sondaggio Ipsos, condotto nella primavera del 2022, mostrava che oltre il 60% degli italiani si opponeva al sostegno militare diretto all’Ucraina, temendo che ciò potesse esacerbare il conflitto e allontanare le possibilità di una soluzione negoziale.

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Le ragioni dietro questa opposizione andavano dalla paura di un’escalation nucleare al desiderio di mantenere un ruolo neutrale, in linea con l’immagine tradizionale dell’Italia come ponte diplomatico nei conflitti internazionali.

Un altro sondaggio, pubblicato nel 2023 dal Centro Studi Internazionali, confermava che oltre il 55% degli italiani non vedeva di buon occhio l’aumento delle spese militari richiesto dalla Nato e preferiva che il governo investisse in settori civili, come sanità e istruzione. Questo rifiuto non si limitava all’aspetto economico: molti italiani percepivano le politiche militari dell’Alleanza Atlantica come aggressive e distanti dagli interessi di pace e stabilità.

Lo stesso anno, un’indagine Demopolis indicava che il 68% degli intervistati riteneva che l’Italia dovesse concentrare i propri sforzi sul dialogo diplomatico e sull’assistenza umanitaria, evitando di alimentare la corsa agli armamenti.

Questi sondaggi riflettono una tendenza di lunga data radicata nella società italiana. Fin dagli anni Ottanta, quando il movimento pacifista si mobilitava contro l’installazione degli euromissili, e durante le manifestazioni contro la guerra in Iraq nel 2003, gli italiani hanno dimostrato una propensione a sostenere politiche di disarmo e soluzioni pacifiche ai conflitti.

L’Italia, come paese segnato dalla devastazione delle due guerre mondiali, ha sviluppato una cultura pacifista che trova espressione nelle sue istituzioni e nella sua Costituzione. L’articolo 11, che “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli”, rappresenta uno dei fondamenti giuridici e morali di questa posizione.

Il Rapporto Censis 2024, che rivela un ulteriore calo del sostegno all’invio di armi e all’aumento delle spese militari, conferma dunque una costante nella percezione pubblica italiana. Anche in un contesto internazionale complesso e caratterizzato da tensioni crescenti, gli italiani ribadiscono la loro volontà di privilegiare la pace e la cooperazione internazionale.

Questi dati dovrebbero rappresentare un chiaro segnale per la classe politica, spesso accusata di ignorare le opinioni dell’elettorato su questioni cruciali come la politica estera e la difesa. La richiesta di investire in settori vitali come sanità, educazione e ambiente, piuttosto che in armamenti, non è solo una posizione economica, ma una visione etica e strategica che riflette il desiderio di un futuro più pacifico e sostenibile.

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In un mondo dove i conflitti armati sembrano moltiplicarsi, gli italiani continuano a rappresentare una voce controcorrente, purtroppo inascoltata dal Governo presieduto da Giorgia Meloni, ricordando che un’altra strada è sempre possibile.

Irina Smirnova



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