Commercio in Emilia-Romagna, spariti in 10 anni 8mila negozi. Speranza Natale: vale 2,2 miliardi

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di
Luciana Cavina

I dati regionali di Confesercenti: in 306 Comuni manca (almeno) un’attività di base. «Difficile aumentare i consumi se con lo stipendio si fa fatica ad arrivare a fine mese»

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Negli ultimi dieci anni, in regione, due negozi al giorno hanno abbassato le saracinesche. In percentuale il numero degli esercizi è calato del 16,2% (da 50.400 a 42.221, ovvero meno 8.179), ancora di più della media nazionale ferma al -13,2%. I dati, elaborati da Infocamere e dall’Istituto Tagliacarne, fotografano una desertificazione commerciale in atto — in particolare nei centri fino a 5.000 abitanti dove il calo è del 20% — che, secondo il presidente di Confesercenti Emilia-Romagna Dario Domenichini «rischia di diventare irreversibile». L’allarme è stato lanciato all’assemblea dell’associazione di commercianti a cui hanno assistito anche il neoeletto governatore, Michele de Pascale, gli assessori uscenti allo Sviluppo economico, Vincenzo Colla, al Bilancio, Paolo Calvano, al Turismo, Andrea Corsini, e la presidente di Confesercenti nazionale, Patrizia De Luise. Almeno, in questo periodo, arriverà un piccolo sostegno dagli acquisti natalizi, per i quali — stima il Centro studi di Confartigianato — gli emiliano-romagnoli spenderanno 2,2 miliardi di euro. Sempre che si risponda all’appello «Acquistiamo locale» lanciato dagli artigiani, limitando l’accesso ai colossi delle vendite online o ai megastore.

«Serviranno sostegni straordinari»

Una parentesi che non cambierà la situazione del commercio di vicinato: «È molto grave — ribadisce Domenichini —. Serviranno aiuti da parte dell’Unione europea, anche sostegni straordinari». «Alla Regione — affonda sfidando la platea — chiediamo un tavolo di confronto permanente sul commercio di vicinato. Dopo decenni in cui è stato maltrattato, rilanciarlo non sarà certo semplice. La concorrenza non ha mai spaventato, ma non è mai stata così forte come in questi anni. La politica non perde occasione di dire che siamo indispensabili, vediamo cosa sapranno fare». «Il nostro Paese è quello in Europa in cui si è perso più competitività sui salari — ragiona poi il numero uno di Confesercenti — È difficile aumentare i consumi se con lo stipendio si fa fatica ad arrivare a fine mese. Per questo abbiamo chiesto che gli aumenti dei contratti nazionali siano detassati:  ci sono famiglie che rischiano di perdere il loro lavoro».




















































La crisi degli ambulanti

Stando ancora ai numeri, quasi 2,3 milioni di emiliano-romagnoli vivono in uno dei 306 comuni privi di almeno una delle attività commerciale di base. Circa 318.000 persone non hanno più nel loro comune di residenza un rivenditore di elettronica ed elettrodomestici. Oltre 235.000 sono privi di un emporio, oltre 200.000 di una pescheria, circa 156.000 di macellerie, mentre altri 116.000 devono andare in un altro comune per trovare un negozio di ortofrutta. Più di 100.000 devono fare lo stesso per trovare una stazione di rifornimento carburante. Ma ci sono anche 236.000 residenti senza un negozio di abbigliamento per bambini, oltre 196.000 senza una libreria, quasi 200.000 senza ferramenta, mentre le edicole si sono praticamente dimezzate. Non è da meno la crisi degli ambulanti. Una vera emorragia, insomma, che, secondo Confesercenti «si correla all’aumento del fenomeno dello spopolamento e dell’invecchiamento demografico» soprattutto nei piccoli centri, dove gli esercizi commerciali di prossimità rappresentano riferimenti importanti.

I tavoli di crisi

Se i principali indiziati sono il dilagare dell’e-commerce, l’inflazione e — accusano i commercianti — le tenaglie del fisco, di sicuro il contesto di incertezza economica che grava sulle famiglie favorisce i peggiori scenari. Su un futuro imprevedibile avverte anche l’assessore Colla che allarga lo sguardo: «Nei primi mesi del 2025 — ha detto —, dovremo allacciare le cinture sicurezza, abbiamo una situazione difficile, un tratto geopolitico che inizia a pesare e arriva anche a casa nostra. Chi vuole investire in questa fase va aiutato. Stanno arrivando molti tavoli di crisi. Attrezziamoci». Nell’ambito locale, per ridare quantomeno valore al piccolo commercio, Confesercenti detta qualche soluzione, dato che «nemmeno il turismo aiuta». Bisognerebbe dunque «riportare la vita quotidiana nei centri delle città e incentivare l’insediamento di micro, piccole e medie imprese coinvolgendo le istituzioni ad ogni livello. In particolare a Viale Aldo Moro si chiede di «dare compimento alla legge regionale sull’economia urbana, garantendo adeguati finanziamenti per il sostegno all’attività degli hub, su cui già 36 comuni stanno lavorando». Fino a sostenere «la candidatura di città dell’Emilia-Romagna a Capitale europea del commercio locale».

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